mercoledì 31 maggio 2017

DAL FRIULI A VERDERIO: UNA STORIA D'IMMIGRAZIONE di Marco Bartesaghi

Canciani, d’Anzul, Scubla, Del Fabbro; poi Pelizzo, Virgilio, Miscoria, Molinaro. Sono cognomi presenti a Verderio da decenni, che hanno in comune il luogo di provenienza: la regione Friuli e la provincia di Udine.
Famiglie che si conoscono ancor prima di trasferirsi a Verderio e che innescano una catena d’immigrazione nella prima metà degli anni cinquanta, che si protrae fino ai primi anni settanta del novecento.
Alcuni degli arrivati non provengono direttamente dal Friuli, ma da paesi dell’Europa dove erano emigrati in precedenza.


I CANCIANI
 

Il primo a trasferirsi a Verderio, nel 1953, è Bruno Canciani, classe 1922, che lavora a Milano presso una fornace di mattoni. Nel capoluogo lombardo era giunto dopo aver vissuto per cinque anni in Francia. Prima di scegliere Verderio aveva tentato, con Pietro Scubla, di acquistare un albergo sul lago di Varese, ma la trattativa non era andata in porto.
 

Viene a Verderio perché un amico lo informa che la famiglia Nava, che si è trasferita a Osnago, vende alcuni locali del lato sud della cascina Brugarola.
 

 
Cascina Brugarola a Verderio


Nel 1954 raggiungono Bruno, dal Friuli, i suoi famigliari: il papà Giuseppe (1895 - 1963), la mamma Massimina Cotterli (1904 – 1994), il fratello Onorino, tredicenne. Li convince a lasciare il Friuli la difficoltà di trovare lavoro in quella regione.
 

A Natale del 1955 si unisce a loro anche il fratello Dante (1935). Anch’egli, come Bruno, proviene dalla Francia, dov'era emigrato all'età di 15 anni.
 

Della famiglia facevano parte anche due sorelle Edda e Ida  che, sposate, vivevano a Torino. 

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I Canciani sono originari di Campeglio, una frazione del comune di Faedis, in provincia di Udine.
 

 
Un'immagine di Campeglio di Faedis


In paese sono proprietari della casa dove abitano, costruita con la pietra cavata da loro stessi in una cava della zona. Il proprietario gliel’aveva concessa gratuitamente a patto che loro gli preparassero anche quella necessaria per costruire il suo mulino.
 

Giuseppe Canciani è sensale nella vendita di animali e, con carri trainati da cavalli, svolge anche attività di trasporto.
 

Per un certo periodo, prima della seconda guerra mondiale, la famiglia risiede a Plezzo, un paese dell'alta valle dell'Isonzo, ora in Slovenia, dove la signora Massimina ha aperto un negozio di frutta e verdura.
 

Un grave incidente subito da Giuseppe, che, alla guida del suo carro, viene travolto da un camion sulla strada per Cividale, li costringe a tornare a Campeglio.

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Il Friuli è stata per secoli terra di emigrazione [1]. Giuseppe in Germania ci va all'età di 12 anni. Torna in Italia, ventenne, allo scoppio della prima guerra mondiale, perché se fosse rimasto là avrebbe dovuto combatterla contro gli italiani.
 

Non si sottraggono all'emigrazione all'estero i suoi due figli maggiori, Bruno e Dante. Il primo parte, intorno al 1947, per la Francia. Dante lo raggiunge nel 1951. Restano insieme però per poco tempo, poiché nel '52, Bruno trova la fidanzata e torna in Italia, a Milano, per esserle più vicino.
 

Bruno Canciani con la moglie, Maria D'Anzul, in piedi, e la cognata Gesuina
 
Dante in Francia ci va ufficialmente come turista, perché ha solo 15 anni e cinque mesi, età non sufficiente per un contratto di lavoro regolare. Ricorda di aver trovato impiego prima in una cava e poi in un cantiere per la costruzione di una diga: “lavoravo con quei trapani che una volta erano collegati con grossi tubi per l’aria compressa e tremavano tutti. La sera, anche dopo aver finito il lavoro, andavi avanti a tremare. Si figuri poi io, che allora ero alto un metro e cinquanta ...”.
In Italia viene per un mese all'anno, nel periodo di Natale.


Dal Friuli, la famiglia di Bruno arriva a Verderio con un camion a rimorchio che, troppo pesante per la strada ancora sterrata, si adagia nel fossato e vi rimane per tutta la notte.
Hanno portato con sé i mobili e due vacche di razza Simmental, bianche e rosse, molto grandi (tra i 5 e i 7 quintali). Bestie insolite, per la loro mole, agli occhi dei verderiesi, che si stupiscono ancor più vedendole mungere da un ragazzino, Onorino. Lui ricorda una vicina, Irene Oliveira, che chiama a raccolta gli altri contadini: “Gènt, vegni chi a vedè ch’el bagaij chi ch’al munc ul vacun”.
 

Il primo impatto con la nuova casa a Verderio non è buono: è disabitata da tempo, il tetto fa acqua da tutte le parti, i serramenti sono cadenti, le porte basse, i camini completamente anneriti. Prima rifanno il tetto, poi, lavorando ogni giorno fino a mezzanotte, dopo le dieci ore passate in cantiere,  recuperano a una a una le stanze. Il risultato è più che dignitoso.
 

Anche alcune abitudini dei verderiesi li lasciano perplessi: per paura dei ladri chiudevano a chiave la porta di casa– cosa che in Friuli, a loro dire si fa solo da dopo il terremoto del 1976, quando sono cominciati ad arrivare parecchi forestieri -; portavano al piano di sopra, dove dormivano, la radio e la bicicletta; ritiravano e mettevano sotto il tavolo anche la gabbia con le galline.
 

Rimangono invece meravigliati dalle capacità e dalla precisione dei contadini locali nel loro lavoro, - “non un grano fuori posto, i covoni di frumento perfetti, il granoturco che cresceva con solo il melgasc, senza una foglia intorno” - livelli irraggiungibili, pensano, per loro che iniziano a fare lo stesso mestiere.
 

La convivenza con le famiglie che già abitavano in cascina non è mai stata difficile, le abitudini diverse non creavano problemi. Una certa diffidenza nei loro confronti, in quanto forestieri, si notava quando si recavano in paese, ma anche questo atteggiamento fu presto superato, grazie alla conoscenza reciproca.
 

Insieme alla casa Bruno aveva acquistato alcuni terreni. Questi erano ancora ingombrati dai gelsi, eredità della passata epoca dell’allevamento dei bachi da seta. Lasciato il lavoro alla fornace, si dedica a sradicarli e a venderne il legname. Quando un anno dopo la famiglia lo raggiunge, acquistano altri appezzamenti di terra  - dal signor Brivio, barbiere di Verderio Superiore, e da un certo Camillo – e iniziano a lavorarla.
 

Non ci mettono tanto però a capire che con l’agricoltura non sarebbero riusciti a tirare avanti e tutti e tre i figli maschi trovano lavoro come muratori nell’impresa edile Leoni di Sulbiate, una ditta che esiste ancora oggi e che allora aveva una settantina di dipendenti.
 

Il lavoro dei campi rimane ancora, nelle ore libere, il sabato e la domenica, come anche, al mattino appena alzati, la mungitura e il rifornimento dell’acqua, che ancora non arrivava fino a casa. Bell’impegno, se sommato alle dieci ore su e giù dai ponteggi e all’altra oretta in bicicletta per andare e tornare dal cantiere.

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 Bruno Canciani, nel 1955, sposa Maria D’Anzul (1926 – 1992). Avranno due figlie, Daniela nel 1956 e Bruna nel 1957.
 

 
Maria D'Anzul e Bruno Canciani


Il 22 maggio 1959, una giornata piovosa, mentre si reca al lavoro in motorino, in centro ad Arcore Bruno viene investito da un camion della ditta Cademartori. Nella caduta batte la nuca e muore sul colpo.
 

Dante rimane celibe e ancora oggi abita i locali di cascina Brugarola dove si era insediata la famiglia arrivando a Verderio.
 

Dante Canciani
 
Onorino sposa Flora e ora è pensionato.

Onorino Canciani
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Da Torino si trasferisce a Verderio anche Lidia Cosatto, figlia di Ida Canciani, nata nel 1946, che nel 1970  sposa Rinaldo Corno. Lidia lavorerà nell'ufficio postale di Verderio Inferiore, fino a diventarne direttrice.

I D'ANZUL

Quando Maria d’Anzul si trasferisce a Verderio, dopo aver sposato Bruno Canciani, porta con sé la famiglia: il papà Giovanni (1887 - 1980), nato a Borgo Cancellier, frazione di Attimis (UD), la mamma Matilde Cerneaz (1901 - 1989), di Faedis, e la sorella Gesuina. La famiglia comprende anche il fratello Rinaldo (1922 – 1954), reduce dalla campagna di Russia, che muore in Belgio, dove era emigrato per lavorare nel bar di uno zio. Nel 1987 la sua salma è stata rimpatriata e ora è sepolta a Verderio.


 

Anche i D’Anzul si insediano in cascina Brugarola, in alcuni locali del lato ovest, a destra, entrando, del portone d’ingresso.
 

Come quando abitava in Friuli, Giovanni continuerà a fare il contadino anche a Verderio.

Giovanni D'Anzul in cima al covone a cui sta lavorando con le figlie Gesuina, in centro, e Maria, a sinistra

Maria, dopo la morte del marito avvenuta nel 1959, sarà assunta come bidella alle scuole medie del paese, che allora avevano sede nel municipio di Verderio Superiore.
 

 Giovanni D'Anzul con la moglie Matilde Cerneaz; a destra le nipoti Daniela, seduta e Bruna Canciani; a sinistra una sorella di Matilde con una figlia.
Gesuina, classe 1930, è fidanzata con un altro friulano, Pietro Scubla, che fin dall'inizio era coinvolto con Bruno Canciani nell'idea di acquistare casa a cascina Brugarola

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lunedì 29 maggio 2017

FIORITURA DEI GLICINI A VERDERIO di Marco Bartesaghi











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