mercoledì 25 gennaio 2017

“GUARDÉ, GUARDÉ! I BRUSA I EBREI!” Lettera testimonianza di Anerio Villani ai nipoti.

Anerio Villani è un signore di Merate, classe 1938, originario di Trieste. È nonno di sette nipoti, non più bambini. Anerio,quando raggiungono “l'età per capire”, scrive loro delle lettere,in cui racconta episodi di storia di cui ha avuto conoscenza diretta. Non si aspetta riscontri, ma pensa che la sua testimonianza possa essere utile e sia da loro apprezzata.
Le lettere che mi ha messo a disposizione, per le quali lo ringrazio, riguardano un ricordo della sua infanzia a Trieste, quando, giocando per strada con altri bambini, vedeva il fumo uscire dal camino della Risiera di San Sabba, il campo di stermino nazista della sua città. M.B.


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23 gennaio 2014
Caro Marco, caro Lorenzo,
In occasione del Giorno della Memoria, vi spedisco la mail qui allegata, che ho scritto nove anni fa, per la stessa ricorrenza, a vostro padre e allo zio Alberto, oltre che ai vostri fratelli maggiori che avevano già l’età per capire.
Allora avevo scritto questo anche perché volevo contribuire a fare chiarezza su due punti che ogni tanto, negli anni riemergevano.
Il primo punto era la pretesa, serpeggiante in Germania, che, della Shoah, loro, i cittadini, non ne sapevano nulla : nessuno s’era accorto dei treni e treni che arrivavano in prossimità dei campi di concentramento carichi di umanità e ne ritornavano vuoti.
A Trieste, invece, quello che succedeva a San Sabba (alla fine cinquemila morti almeno) lo sapevano anche i bambini in età di scuola elementare.
Il secondo punto era il vezzo, di quelli che “io la verità la guardo in faccia”, di dire che anche l’Italia aveva avuto il suo campo di sterminio: poi non fa niente se i rastrellamenti erano eseguiti da soldati tedeschi, il campo era condotto dai tedeschi e gli ordini arrivavano da Berlino.
Vi spedisco questa mail perché tengo molto a che sappiate tutto questo e poi perché, se mai un insegnante vi chiedesse di portare a scuola una testimonianza su quel periodo, voi siate in grado di farlo.
Vi mando il saluto ebraico: Shalom (che vuol dire Pace)
nonno Anerio



“Trieste, nel 1944, era occupata dai tedeschi. Anzi, era più che occupata: dopo l’Armistizio era stata ufficialmente annessa la Terzo Reich. Facevamo parte della Grande Germania, così come l’Austria e la Cecoslovacchia. Formalmente la nostra capitale non era più Roma, ma Berlino.
Nel rione di San Sabba esisteva ancora, anche se in disuso, un vecchio stabilimento per la pilatura del riso, la cosiddetta Risiera, costruita e funzionante ai tempi dell’Austria, quando i miei nonni materni, Pepi e Maria, possedevano un trattoria in quei paraggi, frequentata specialmente dalle maestranze dello stabilimento.
Nel ’44 la trattoria, con annessa abitazione, era stata venduta già da tempo, e noi abitavamo in quel gruppo di case che danno inizio alla via Flavia, cioè un poco più distante ma pur sempre in vista della Risiera.
In particolare se ne vedeva l’alta ciminiera.
Credo che durante la guerra la Risiera sia stata utilizzata come caserma dai nostri soldati; sicuramente, dopo l’8 settembre, fu caserma per i soldati tedeschi, ma per poco, perché questi la trasformarono subito in carcere. Dapprima per i partigiani di Tito, cioè l’esercito jugoslavo; successivamente anche per i civili, avversari politici e semplici ebrei, soprattutto triestini.



Immagine della Risiera di San Sabba, oggi monumento nazionale, tratta da un opuscolo edito dal comune di Trieste

Ricordo che nel parlare che ne sentivo fare , a voce molto bassa, fra le pareti domestiche, gli ebrei erano i più nominati, perché erano concittadini, gente come noi; si parlava lo stesso dialetto; qualcuno era conosciuto in famiglia.
Un giorno di quella estate, avevo sei anni, ero in cortile e giocare con un gruppo di bambini che potevano avere dai sei ai dodici anni. Ad un tratto ricordo perfettamente uno dei più grandicelli dire, con voce concitata ma trattenuta dal timore: “Guardé, guardé! I brusa i ebrei!”. E indicava il camino della Risiera. Tutti noi restammo impietriti guardando nella stessa direzione, a quel fumo denso che saliva in cielo.
Ricordo quel gruppo di bambini imbambolati per un lungo istante, probabilmente intenti a dare una collocazione logica nella loro mente a un fatto così irreale. Io ero atterrito, l’esclamazione del ragazzino più grande mi aveva acceso l’immagine di persone vive gettate nel fuoco, come in certe raffigurazioni sacre fatte per spiegare l’inferno. Ero schiacciato dalla crudeltà della tortura e, insieme, dall’enormità del fatto che una rappresentazione fiabesca fosse diventata reale.
Ce ne furono molto altre, di fumate, in quel tempo. noi bambini continuammo a giocare in cortile guardando ogni tanto da quella parte, ma ognuno per conto proprio. Io ero sempre tristi per quei fatti, ma senza patire il contraccolpo drammatico della prima volta. Qualcuno mi aveva spiegato che gli ebrei non li buttavano nel fuoco vivi, ma dopo averli uccisi col gas, che dà una morte indolore.”


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27 gennaio 2014
Cari ragazzi,
a proposito di Shoah, proprio in questi giorni sono avvenuti a Roma fatti che mostrano come la mala pianta dell’antisemitismo sia ancora lungi dall’essere appassita (1).
Anzi era già rinata da tempo, in varie nazioni, con le false (o forse vere, ma immeritate) vesti accademiche di sedicenti studiosi di storia che tentano di dimostrare che la Shoah è tutta un’invenzione, che non è vero che sei milioni di ebrei sono stati sterminati dai nazisti in Europa durante la seconda guerra mondiale.
Sono i cosiddetti negazionisti, per i quali si può solo sperare che non abbiano séguito perché “il sonno della ragione genera mostri”, come ha scritto il grande pittore spagnolo Francisco Goya in un suo famoso quadro.
Una precisazione sulla mia nail dell’altro giorno. Quando sostengo che non è lecito affermare che l’Italia ha avuto il suo campo di sterminio nella Risiera di San Sabba, perché in realtà si trattava di un campo tedesco, non voglio tacere le colpe dell’Italia nella persecuzione degli ebrei. Perché ne ha avute eccome. Basta pensare alle leggi razziali promulgate nel 1938, in forza delle quali gli alunni ebrei furono espulsi da tutte le scuole del Regno, dall’oggi al domani.
Non ne ho accennato perché ritengo che questo capitolo meriti una trattazione a sé, e infatti ne riparleremo in seguito.
Vi abbraccio
Nonno Anerio


NOTA
(1) A Roma, il 25 gennaio 2014,  furono provocatoriamente inviate teste di maiale alla Sinagoga, a una mostra sulla cultura ebraica e all'ambasciata di Israele. Molto probabilmente Anerio fa riferimento a questo episodio.
   

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