lunedì 13 ottobre 2014

L'ARCO NELLA STORIA E GLI ARCHI DI VERDERIO di Laura Mandelli ed Enrico Seregni, architetti


“Arco non è altro che una fortezza causata da due debolezze … ciascuno debolissimo per sé desidera cadere oponendosi alla ruina uno dell’altro, le due debolezze si convertono in un’unica fortezza” (Leonardo Da Vinci).


L’arco nella storia

Già nella preistoria troviamo un abbozzo di arco, detto “falso arco” o “arco a mensola”, realizzato tramite la sovrapposizione di pietre piatte che andavano a formare una struttura “a scalini”, staticamente ben diversa dall'arco.
Il più antico che si trova presso la Ziqquarat di Ur, nell’antica Mesopotamia e risale al terzo millennio a.C. Nel corso dei secoli, la tecnica costruttiva dell’arco si perfeziona con gli egizi, i babilonesi e i greci, che lo impiegano nelle costruzioni civili (magazzini, fognature); con gli assiri, a cui si devono i primi palazzi con soffitti a volta; e con gli etruschi, che lo utilizzano soprattutto nei ponti e nelle porte.
Il vero e proprio splendore dell’arco fu raggiunto con i romani che ne capiscono le enormi potenzialità architettoniche. Essi lo utilizzano per le costruzioni civili (edifici privati e pubblici, anfiteatri), per le grandiose opere ingegneristiche (acquedotti), per ragioni simbolico/celebrative (archi di trionfo) e come punti di riferimento posti all'incrocio di più strade.
Nel periodo medievale, l'architettura romanica riprende l’arco romano a tutto sesto e l’architettura bizantina ne sviluppa nuove tipologie (a sesto acuto, inflesso, a ogiva). In seguito l'architettura gotica fa dell'arco il motivo fondamentale delle tecniche costruttive, spesso con ardite strutture fatte di rampanti e archi a sesto acuto.
Nel corso dei secoli, quindi l’arco subisce molteplici miglioramenti, sia dal punto di vista estetico che statico, fino alla fine dell'800, quando l'uso dell'arco come struttura portante, è progressivamente soppiantato dall'utilizzo delle strutture intelaiate (travi e pilastri) in calcestruzzo armato.


Gli elementi dell’arco

L’arco è un elemento costruttivo dal profilo curvilineo che sostiene i carichi sovrastanti trasmettendo un’azione di spinta lateralmente sui piedritti.
E’ costituito da una serie di elementi, ciascuno dei quali ha un termine tecnico e una precisa collocazione (fig. 1):

-    concio: ciascun blocco dell’arco avente forma trapezoidale;
-    intradosso: la superficie che limita inferiormente l’arco; 
-    estradosso: la superficie che limita superiormente l’arco;
-    archivolti: le superfici frontali, cioè le due facce esterne secondo una vista di prospetto dell'arco;
-    chiave: il punto più alto della curva dell'intradosso;
-    imposta: superficie di appoggio dell’arco sui piedritti;
-    corda: distanza netta all'imposta tra piedritti (luce);
-    freccia o monta, distanza tra punto chiave e la corda.

Figura 1


 Classificazione degli archi


La tipologia di arco è determinata non solo dal profilo o sesto che è il rapporto tra la freccia e la semicorda dell’arco, ma anche dai centri geometrici di costruzione; fra i numerosissimi tipi di archi, quelli di maggior importanza sono:

Arco a tutto sesto – E’ il modello più noto, quello in cui l’arco è perfettamente semicircolare; la freccia è pari alla metà della luce. Sono a tutto sesto gli archi di trionfo, le arcate degli anfiteatri, degli acquedotti e dei ponti romani.





Arco a sesto ribassato ad un centro -  In questo caso il centro dell’arco non si trova sul piano di imposta (cioè il punto in cui comincia l’arco) ma più in basso e la freccia è minore della metà della luce. È utilizzato per passaggi di dimensioni contenute e spesso era realizzato dai romani in mattoni.



Arco a sesto acuto – E’ determinato dall’intersezione di due archi di circonferenza con centri più o meno distanti e posti sul piano d’imposta e la freccia è maggiore della luce. Grazie alla “verticalizzazione” delle due metà dell’arco, questa tipologia si presta alla creazione di strutture più esili come quelle gotiche.



Arco rampante - Si ha quando la linea d’imposta non è orizzontale . Nell’architettura gotica, si ricorre anche all’uso dell’arco rampante, un caso particolare di arco asimmetrico, per scaricare lungo il perimetro della struttura le spinte orizzontali delle volte e degli archi ogivali. Gli archi rampanti, dunque, non si trovano quasi mai dentro una chiesa ma al suo esterno.



La statica dell’arco

Per comprendere meglio la straordinarietà dell’arco, lo si può confrontare con la struttura ad esso alternativa: l’architrave. Questo è composto da due elementi verticali ed una orizzontale; è la tipologia del dolmen preistorico (o trilite).
Pur essendo semplice da edificare, esso ha un limite: la lunghezza dell’elemento orizzontale, l’architrave, non può essere eccessiva pena la rottura. Infatti un architrave posto tra due pilastri è sottoposto al peso stesso del monolite e della struttura sovrastante che, al centro del blocco, esercita una forza verso il basso la quale, non esistendo alcun sostegno al di sotto, tende a spaccare il blocco.




L’arco, invece, è una struttura che si sostiene grazie alle forze di pressione fra i conci, quindi è in grado di sostenere pesi notevolmente superiori rispetto ad un architrave e può realizzare varchi molto più ampi.
Si consideri anche la maggiore difficoltà di realizzazione e trasporto data da un grosso monolite rispetto ai blocchi di pietra usati come conci.
Per la realizzazione di un arco, si utilizzano conci in pietra tagliata a forma trapezoidale (anche detti cunei), o semplici mattoni.
L’insieme dei conci forma un elemento architettonico curvo che va a poggiare sui piedritti realizzando così una struttura architettonica.
L’arco riesce a sorreggersi ed a sostenere un peso trasferendo lo sforzo via via dall’elemento centrale, il concio di chiave, ai conci laterali; alla fine il peso viene scaricato in parte verticalmente a terra attraverso il piedritto che lo sorregge ed in parte orizzontalmente contro la spalletta di sostegno.
Si dovrà quindi prevedere un’adeguata struttura laterale di sostegno per le spinte orizzontali.
L’esecuzione dell’arco richiede un’opera provvisoria detta centina. Con tale termine s’indica una struttura in travi di legno o ferro che da la forma alla curvatura dell'intradosso sulla quale sono quindi poggiati i conci dell’arco. Una volta che la messa in opera dei conci è completata, la centina è rimossa con l’operazione delicatissima e graduale del disarmo affinché l’arco entri progressivamente in carico.


Gli archi di Verderio

Nel nostro territorio la presenza di questo elemento architettonico è sovente ripetuta negli accessi a cascine e corti. Si tratta di archi prevalentemente a tutto sesto in pietra o in mattoni.

Via Fontanile
Piazza Roma
Casa parrocchiale Verderio Superiore



e a sesto ribassato.


Via Contadini Verderesi

Cascina ai Prati

Troviamo invece esempi di arco a sesto acuto all’interno della chiesa parrocchiale dei santi Giuseppe e Floriano




Chiesa dei santi Giuseppe e Floriano

nelle finestrature delle cascine Salette e Bergamina.


Cascina La Salette

Cascina Bergamina


Di tipologia più rara almeno sui nostri territori, è l’arco Tudor visibile in modo chiaro nell’edificio dell’Aia sia nelle finestrature, sia nelle arcate del corpo di fabbrica.






Aia

Capita poi che questo elemento architettonico utilizzato nelle finestrature, sia murato qualora la distribuzione interna degli edifici subisca delle variazioni.




Edificio ex arte del ferro, via Principale


Portineria di Villa Gnecchi

Laura Mandelli, Enrico Seregni





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