lunedì 13 ottobre 2014

L'ARCO di Giancarlo Consonni, docente di urbanistica










All'architetto Giancarlo Consonni ho chiesto:




"Mi parli dell'arco"




E lui mi ha risposto:

 La lingua greca antica sta al sistema trilitico (due colonne e una trave orizzontale), come il latino sta all'arco.

Il greco antico usa un procedimento paratattico, procede per aggiunte ed è  aperto (a parole si affiancano  parole; le stesse parole sono composite: parole a cui si attaccano altre parole, come fossero trenini) ; il latino, soprattutto quello scritto, usa una costruzione conclusa, dove inizio e fine sono fortemente legati. Questi caratteri della lingua rinviano a visioni del mondo e a idee del cosmo. Nella Grecia antica il logos era più libero; nella Roma antica l'argomentare pretendeva di arrivare a definizioni conclusive, normative (da cui la rilevanza della legge). 





Nell'acquedotto romano l'arco è anche una metrica, come lo è la centuriatio: la volontà di dare una misura al mondo conosciuto, per dargli una forma, per regolarlo, normarlo. A partire da un centro che è la città, ma con Roma centro del mondo; cosa che, in altra accezione, il Cattolicesimo ha fatto suo.





Il mondo cristiano ha reinterpretato l'arco. Si pensi agli interni delle cattedrali gotiche, dove il soffitto diviene rappresentazione della volta celeste. Ma si pensi anche agli edifici a pianta centrale, con la grande cupola al centro e le cupole minori che le fanno da complemento: una struttura architettonica in cui l'opera umana aspira a imitare e rappresentare la perfezione dell'universo.










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