lunedì 13 ottobre 2014

IDENTITA' CROMATICA mostra personale di Carla Colombo


BANCHETTO PER GLI OCCHI. LA RAPPRESENTAZIONE DEL CIBO NELL'ARTE. Conferenza di Elisabetta Parente



IL MITO DELLA CAVERNA - Autori vari - Verderio



Video realizzato la sera del 6 settembre 2014, sul sagrato della chiesa dei santi Giuseppe e Floriano di Verderio































L'ARCO di Giancarlo Consonni, docente di urbanistica










All'architetto Giancarlo Consonni ho chiesto:




"Mi parli dell'arco"




E lui mi ha risposto:

 La lingua greca antica sta al sistema trilitico (due colonne e una trave orizzontale), come il latino sta all'arco.

Il greco antico usa un procedimento paratattico, procede per aggiunte ed è  aperto (a parole si affiancano  parole; le stesse parole sono composite: parole a cui si attaccano altre parole, come fossero trenini) ; il latino, soprattutto quello scritto, usa una costruzione conclusa, dove inizio e fine sono fortemente legati. Questi caratteri della lingua rinviano a visioni del mondo e a idee del cosmo. Nella Grecia antica il logos era più libero; nella Roma antica l'argomentare pretendeva di arrivare a definizioni conclusive, normative (da cui la rilevanza della legge). 





Nell'acquedotto romano l'arco è anche una metrica, come lo è la centuriatio: la volontà di dare una misura al mondo conosciuto, per dargli una forma, per regolarlo, normarlo. A partire da un centro che è la città, ma con Roma centro del mondo; cosa che, in altra accezione, il Cattolicesimo ha fatto suo.





Il mondo cristiano ha reinterpretato l'arco. Si pensi agli interni delle cattedrali gotiche, dove il soffitto diviene rappresentazione della volta celeste. Ma si pensi anche agli edifici a pianta centrale, con la grande cupola al centro e le cupole minori che le fanno da complemento: una struttura architettonica in cui l'opera umana aspira a imitare e rappresentare la perfezione dell'universo.










L'ARCO NELLA STORIA E GLI ARCHI DI VERDERIO di Laura Mandelli ed Enrico Seregni, architetti


“Arco non è altro che una fortezza causata da due debolezze … ciascuno debolissimo per sé desidera cadere oponendosi alla ruina uno dell’altro, le due debolezze si convertono in un’unica fortezza” (Leonardo Da Vinci).


L’arco nella storia

Già nella preistoria troviamo un abbozzo di arco, detto “falso arco” o “arco a mensola”, realizzato tramite la sovrapposizione di pietre piatte che andavano a formare una struttura “a scalini”, staticamente ben diversa dall'arco.
Il più antico che si trova presso la Ziqquarat di Ur, nell’antica Mesopotamia e risale al terzo millennio a.C. Nel corso dei secoli, la tecnica costruttiva dell’arco si perfeziona con gli egizi, i babilonesi e i greci, che lo impiegano nelle costruzioni civili (magazzini, fognature); con gli assiri, a cui si devono i primi palazzi con soffitti a volta; e con gli etruschi, che lo utilizzano soprattutto nei ponti e nelle porte.
Il vero e proprio splendore dell’arco fu raggiunto con i romani che ne capiscono le enormi potenzialità architettoniche. Essi lo utilizzano per le costruzioni civili (edifici privati e pubblici, anfiteatri), per le grandiose opere ingegneristiche (acquedotti), per ragioni simbolico/celebrative (archi di trionfo) e come punti di riferimento posti all'incrocio di più strade.
Nel periodo medievale, l'architettura romanica riprende l’arco romano a tutto sesto e l’architettura bizantina ne sviluppa nuove tipologie (a sesto acuto, inflesso, a ogiva). In seguito l'architettura gotica fa dell'arco il motivo fondamentale delle tecniche costruttive, spesso con ardite strutture fatte di rampanti e archi a sesto acuto.
Nel corso dei secoli, quindi l’arco subisce molteplici miglioramenti, sia dal punto di vista estetico che statico, fino alla fine dell'800, quando l'uso dell'arco come struttura portante, è progressivamente soppiantato dall'utilizzo delle strutture intelaiate (travi e pilastri) in calcestruzzo armato.


Gli elementi dell’arco

L’arco è un elemento costruttivo dal profilo curvilineo che sostiene i carichi sovrastanti trasmettendo un’azione di spinta lateralmente sui piedritti.
E’ costituito da una serie di elementi, ciascuno dei quali ha un termine tecnico e una precisa collocazione (fig. 1):

-    concio: ciascun blocco dell’arco avente forma trapezoidale;
-    intradosso: la superficie che limita inferiormente l’arco; 
-    estradosso: la superficie che limita superiormente l’arco;
-    archivolti: le superfici frontali, cioè le due facce esterne secondo una vista di prospetto dell'arco;
-    chiave: il punto più alto della curva dell'intradosso;
-    imposta: superficie di appoggio dell’arco sui piedritti;
-    corda: distanza netta all'imposta tra piedritti (luce);
-    freccia o monta, distanza tra punto chiave e la corda.

Figura 1


 Classificazione degli archi


La tipologia di arco è determinata non solo dal profilo o sesto che è il rapporto tra la freccia e la semicorda dell’arco, ma anche dai centri geometrici di costruzione; fra i numerosissimi tipi di archi, quelli di maggior importanza sono:

Arco a tutto sesto – E’ il modello più noto, quello in cui l’arco è perfettamente semicircolare; la freccia è pari alla metà della luce. Sono a tutto sesto gli archi di trionfo, le arcate degli anfiteatri, degli acquedotti e dei ponti romani.





Arco a sesto ribassato ad un centro -  In questo caso il centro dell’arco non si trova sul piano di imposta (cioè il punto in cui comincia l’arco) ma più in basso e la freccia è minore della metà della luce. È utilizzato per passaggi di dimensioni contenute e spesso era realizzato dai romani in mattoni.



Arco a sesto acuto – E’ determinato dall’intersezione di due archi di circonferenza con centri più o meno distanti e posti sul piano d’imposta e la freccia è maggiore della luce. Grazie alla “verticalizzazione” delle due metà dell’arco, questa tipologia si presta alla creazione di strutture più esili come quelle gotiche.



Arco rampante - Si ha quando la linea d’imposta non è orizzontale . Nell’architettura gotica, si ricorre anche all’uso dell’arco rampante, un caso particolare di arco asimmetrico, per scaricare lungo il perimetro della struttura le spinte orizzontali delle volte e degli archi ogivali. Gli archi rampanti, dunque, non si trovano quasi mai dentro una chiesa ma al suo esterno.



La statica dell’arco

Per comprendere meglio la straordinarietà dell’arco, lo si può confrontare con la struttura ad esso alternativa: l’architrave. Questo è composto da due elementi verticali ed una orizzontale; è la tipologia del dolmen preistorico (o trilite).
Pur essendo semplice da edificare, esso ha un limite: la lunghezza dell’elemento orizzontale, l’architrave, non può essere eccessiva pena la rottura. Infatti un architrave posto tra due pilastri è sottoposto al peso stesso del monolite e della struttura sovrastante che, al centro del blocco, esercita una forza verso il basso la quale, non esistendo alcun sostegno al di sotto, tende a spaccare il blocco.




L’arco, invece, è una struttura che si sostiene grazie alle forze di pressione fra i conci, quindi è in grado di sostenere pesi notevolmente superiori rispetto ad un architrave e può realizzare varchi molto più ampi.
Si consideri anche la maggiore difficoltà di realizzazione e trasporto data da un grosso monolite rispetto ai blocchi di pietra usati come conci.
Per la realizzazione di un arco, si utilizzano conci in pietra tagliata a forma trapezoidale (anche detti cunei), o semplici mattoni.
L’insieme dei conci forma un elemento architettonico curvo che va a poggiare sui piedritti realizzando così una struttura architettonica.
L’arco riesce a sorreggersi ed a sostenere un peso trasferendo lo sforzo via via dall’elemento centrale, il concio di chiave, ai conci laterali; alla fine il peso viene scaricato in parte verticalmente a terra attraverso il piedritto che lo sorregge ed in parte orizzontalmente contro la spalletta di sostegno.
Si dovrà quindi prevedere un’adeguata struttura laterale di sostegno per le spinte orizzontali.
L’esecuzione dell’arco richiede un’opera provvisoria detta centina. Con tale termine s’indica una struttura in travi di legno o ferro che da la forma alla curvatura dell'intradosso sulla quale sono quindi poggiati i conci dell’arco. Una volta che la messa in opera dei conci è completata, la centina è rimossa con l’operazione delicatissima e graduale del disarmo affinché l’arco entri progressivamente in carico.


Gli archi di Verderio

Nel nostro territorio la presenza di questo elemento architettonico è sovente ripetuta negli accessi a cascine e corti. Si tratta di archi prevalentemente a tutto sesto in pietra o in mattoni.

Via Fontanile
Piazza Roma
Casa parrocchiale Verderio Superiore



e a sesto ribassato.


Via Contadini Verderesi

Cascina ai Prati

Troviamo invece esempi di arco a sesto acuto all’interno della chiesa parrocchiale dei santi Giuseppe e Floriano




Chiesa dei santi Giuseppe e Floriano

nelle finestrature delle cascine Salette e Bergamina.


Cascina La Salette

Cascina Bergamina


Di tipologia più rara almeno sui nostri territori, è l’arco Tudor visibile in modo chiaro nell’edificio dell’Aia sia nelle finestrature, sia nelle arcate del corpo di fabbrica.






Aia

Capita poi che questo elemento architettonico utilizzato nelle finestrature, sia murato qualora la distribuzione interna degli edifici subisca delle variazioni.




Edificio ex arte del ferro, via Principale


Portineria di Villa Gnecchi

Laura Mandelli, Enrico Seregni





LA FUNZIONE DELL'ARCO NELLA COSTRUZIONE DEI PONTI, Ezio Colnaghi, ingegnere

L’”arco” rappresenta l’elemento architettonico e strutturale forse più importante dell'intera storia dell’architettura, per la versatilità delle sue forme e prestazioni  e per essere diffuso, in maniera più o meno costante, tra tutte le epoche storiche e le diverse zone  del pianeta Terra.

Da un punto di vista strutturale l’arco sostituisce la cosiddetta “architrave” (elemento con andamento “rettilineo") dove questa non permette di realizzare luci elevate  fra gli appoggi situati alle estremità di una struttura: sia quando – appunto-  si vuole realizzare tale struttura di collegamento con materiali costruttivi (quali mattoni e pietre naturali, ad esempio) che per loro natura non possono resistere a forze di “trazione” e di “flessione” se realizzati con forme rettilinee, sia  quando si deve sopperire  all’utilizzo dei  materiali da costruzione “primigeni” (quale il legno per esempio)  che possiedono sì una certa resistenza a trazione ma che  per come si trovano in natura  (con alberi di forma rettilinea e di limitata lunghezza )  non permettono  di  realizzare strutture di grandi luci, come  per  il tipico caso di un ponte che permetta di unire le sponde opposte di un fiume. E, infine, quando i carichi da sopportare diventano elevati,  e quindi tali da mettere in crisi, anche per luci piccole, le architravi rettilinee realizzate con materiali  comunque  poco resistenti .
Come tante altre scoperte e invenzioni dell’Uomo, anche l’arco è stato quindi scoperto, o meglio inventato spinti probabilmente da un specifica necessità.
Volendo approfondire un poco l’aspetto statico,  l’arco (anche nelle sue forme “ibride“ di contrafforte e arco rampante)  permette anche di trasferire i carichi sopportati ai punti di appoggio terminali sotto  forma di forze “verticali” (dette anche “assiali”) piuttosto che di “taglio” o a flessione.  Questo tipo di carico verticale è molto più facilmente sopportabile(rispetto agli altri tipi di carico indicati)  dai materiali “poveri” da costruzione quali le pietre naturali,  i mattoni e il legno che sono stati per lungo tempo  i materiali  che costituivano i pilastri sui quali l’arco appoggia.
Il corretto funzionamento statico dell’arco è legato quindi al contatto diretto tra i vari “conci” che lo compongono, che trasferiscono per “attrito” lo sforzo derivante dai carichi che devono sopportare  ai conci vicini, fino all’elemento strutturale verticale (il “pilastro”) che a sua volta lo trasferisce poi al terreno attraverso le opportune “fondazioni”.
Per essere certi  che il contatto fra i vari conci ci sia e non venga meno (con il conseguente drammatico  crollo dell’intero arco), la “chiave” dell’arco ha solitamente una forma conica ed è più grande dei singoli conci, in modo che può essere “forzata” alla chiusura dell’arco, la cui costruzione si realizza con due semiarchi (sostenuti provvisoriamente da ”centine” di supporto) partendo ognuno dai pilastri di estremità fin verso il centro, appunto verso  la “chiave di volta” dell’arco stesso .





     


Nomenclatura dell'arco: (1) chiave di volta; (2) cuneo;  (3) estradosso; (4) piedritto; (5) intradosso; (6) freccia; (7) corda o interasse; (8) rinfianco.


Solo di sfuggita, ricordiamo che l’evoluzione “tridimensionale” dell’arco è la base della costruzione delle “cupole” e delle “volte”, che in pratica non sono che tanti archi diretti in tutte e tre le dimensioni spaziali.
Con la scoperta (o l’invenzione) di materiali da costruzione ancora più resistenti e duraturi del legno e delle pietre naturali - -materiali come l’acciaio, il “calcestruzzo armato” (“c.a.”) il “c.a. precompresso” e anche il legno “lamellare”- ., nel tempo si sono potuti superare i limiti dimensioni delle architravi rettilinee  prima realizzate con i materiali da costruzione più “poveri”.  Ma l’arco è rimasto sempre  un elemento architettonico e strutturale comunque importante, e ha anzi sfruttato i nuovi materiali più resistenti per raggiungere luci ancora maggiori e forme architettoniche sempre  più ardite.
Guardandoci intorno troveremo  facilmente diversi e diffusi usi e tipi dell’arco strutturale, ma sicuramente quella che è più appariscente è quella dell’arco che realizza le campate dei vari ponti.




 
Ponte ferroviario tra Cisano Bergamasco e Pontida



E senza andare troppo lontano, diversi ponti ferroviari , stradali  e di servizio attraversano l’Adda tra Lecco e Trezzo sull’Adda , anche con caratteristiche costruttive e strutturali molto differenti  tra loro.


Robbiate

Il Azzone Visconti di Lecco (ponte Vecchio), il Ponte in ferro di Paderno e il Ponte stradale (non dell’Autostrada) di Trezzo sono 3 ponti  che rappresentano ciascuno  una diversa e classica tipologia costruttiva dell’arco strutturale.

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Il Ponte Vecchio di Lecco è realizzato in pietrame  (costruito nel 1300), ha dimensioni massicce e campate di luce piuttosto limitata, soprattutto per i carichi importanti, tra cui la corrente dell’Adda che esce dal lago, che deve sopportare.


 
Ponte Azzone Visconti, o ponte Vecchio, di Lecco. Foto tratta da "Il lago di Lecco", Aloisio Bonfanti (a cura di)



Questo ponte ha una particolare caratteristica architettonica/strutturale: le 11 arcate (campate) da cui oggi è composto sono tutte di ampiezza diversa…


Il ponte Azzone Visconti in un rilievo del 1962

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Nel  celebre Ponte di Ferro di Paderno d’Adda, progettato da un ingegnere collega di Eiffel (della famosa Torre parigina) e realizzato a fine del 1800, la struttura dell’arco è realizzata con elementi in ferro.  In questo caso  l’arco è caricato non da un carico “uniformemente distribuito” lungo la sua arcata ma da 8 carichi “concentrati” portati da dei pilastri secondari che, al loro volta, sorreggono la  sovrastante ferrovia e strada carrabile.



Ponte di Paderno d'Adda




Progetto originale del Ponte di Paderno d'Adda (tratto da: Il viadotto di Paderno sull'Adda 1889 - 1999)

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Il ponte stradale di Trezzo  è realizzato con struttura in “calcestruzzo armato precompresso”, che gli ha permesso di raggiungere una forma molto più sinuosa e quasi rettilinea, quindi con un arco molto  “ribassato” (cioè poco accentuato), anche su una luce di campata molto lunga.




Ponte "stradale" di Trezzo d'Adda  


La maggior parte degli archi (con la totalità di quelli in muratura e pietre) sono situati “al di sotto” dei carichi che devono sopportare. Esistono però anche archi che sono situati “al di sopra”  dei carichi da portare, e  che risultano quindi “appesi” all’arco. Anche per questa tipologia abbiamo un esempio vicino, il ponte stradale sull’Adda di Brivio, realizzato con struttura mista in calcestruzzo armato e ferro/acciaio.


Ponte di Brivio

Qui lo schema strutturale generale è piuttosto complesso, ma la funzione dell’arco è sempre quella di riportare i carichi della struttura sui piedritti (piloni immersi nel fiume) nella maniera più “verticale” possibile.

Ezio Colnaghi







domenica 12 ottobre 2014

LA FACCIATA DELLA CHIESA DEI SANTI GIUSEPPE E FLORIANO DI VERDERIO di Elisabetta Parente, storica dell'arte




Le forme e la decorazione dell’esterno della chiesa parrocchiale dei santi Giuseppe e Floriano di Verderio rimandano all’architettura lombarda del XV secolo: la realizzazione in laterizio, il cui colore rosso viene esaltato dagli inserti ad intonaco e dalla presenza di marmo bianco; l’impiego congiunto di arco a tutto sesto e arco a sesto acuto; il ricorso a molteplici aperture per alleggerire le pareti murarie.
La facciata ha un profilo a spioventi interrotti e risulta suddivisa in tre parti per mezzo di semipilastri lievemente sporgenti.



La parte centrale , la più alta poiché corrisponde alla navata maggiore, ospita il portale marmoreo fortemente strombato, 






il rosone ad intelaiatura radiale, anch’esso marmoreo 







e una piccola loggia con sottili colonne dal capitello corinzio stilizzato.









Nei due corpi laterali, più bassi e corrispondenti alle navate laterali interne, trovano posto le due finestre ogivali: si tratta di due bifore, con le aperture divise da una piccola colonna in sarizzo, inquadrate da una decorazione radiale di conci rossi e bianchi, contenuta in una cornice in terracotta.






A coronamento dell’intera facciata sono posti cinque pinnacoli, i tre centrali più piccoli rispetto ai due laterali, tutti sormontati da croci in ferro battuto.
Il prospetto così impaginato richiama proprio lo stile di molte chiese milanesi realizzate da Guininforte Solari, caratterizzate da facciate che, pur richiamandosi alla robusta lingua romanica, vengono svuotate e rese più leggere grazie alla presenza di elementi di chiara ispirazione gotica come il rosone, le finestre dalla forma allungata, lo slancio in verticale dell’edificio.
Che la chiesa dei santi Giuseppe e Floriano sia una moderna realizzazione in “stile” è reso evidente da alcuni particolari decorativi che sono stati liberamente interpretati.
Nelle architetture medioevali, il ricorso a semplici archetti pensili, posti alla sommità non solo della facciata, ma di tutte le pareti esterne e, a volte, anche interne, serviva a collegare i prospetti fra loro e a dare unitarietà all’insieme.

Questo avviene anche nella chiesa di Verderio, dove una cornice di archetti a sesto acuto in terracotta su fondo bianco è presente in tutto il corpo di fabbrica, dalla facciata alla zona absidale, dalla struttura esterna della cupola allo slanciato campanile.
Proprio in facciata però questa cornice diventa elaborato sistema decorativo: nella sommità del corpo centrale due fasce d’archetti racchiudono la loggetta, facendola diventare prezioso ricamo; posta sotto le due finestre, la cornice è originale e insolito “davanzale”, sorta di piccolo brano staccato dal contesto.





Solo la libera interpretazione di gusto novecentesco poteva concepire, a decorazione della sommità dei semipilastri laterali, tre archi a tutto sesto estremamente allungati, sormontati da tre circonferenze in terracotta.







Come spesso accade , elementi decorativi presenti all’esterno di una chiesa vengono impiegati anche per la decorazione all’interno di essa.
Nella lunetta che sovrasta il portale ligneo d’accesso alla parrocchiale dei santi Giuseppe e Floriano è dipinto ad affresco, in campo azzurro con stelle dorate, un sole radiante giallo spento e rosso, che riporta al suo interno il motto IHS.






Il sole, figura simbolica della vita che da Cristo si irradia a tutti gli uomini, è l’elemento dominante all’interno della chiesa, interamente decorata ad affresco dal pittore milanese Ernesto Rusca, seguendo le indicazioni e i disegni forniti da Fausto Bagatti Valsecchi.




Elisabetta Parente, 2002

* Testo tratto da: Elisabetta Parente, "La chiesa dei santi Giuseppe e Floriano: la genesi architettonica e le sue opere", terzo capitolo del libro: VERDERIO, La chiesa parrocchiale dei santi Giuseppe e Floriano 1902-2002: un secolo di storia, arte e vita religiosa.


sabato 11 ottobre 2014

ARCHI A VERDERIO di Marco Bartesaghi

Vi presento una rassegna di immagini di "archi" di Verderio. 
È  divisa in cinque capitoli;

- Accessi alle corti e alle cascine

Cascina Bergamina






- Portici e loggiati

Municipio




- Finestre

Cascina "La Salette"
 - Edifici sacri e cimiteri

Chiesa dei santi Nazaro e Celso

- Archi ritrovati

Curt di Spirit


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