sabato 31 marzo 2012

MA DA DOVE SI ENTRA NEL MONDO DEL LAVORO? di Sara e Marco Bartesaghi

Incoraggiante il "Benvenuto" nel mondo del lavoro .....



... ma l'entrata è sempre da un'altra parte


 

LA NUOVA STRADA PER LA STAZIONE FERROVIARIA DI PADERNO di Beniamino Colnaghi

 Beniamino Colnaghi, già sindaco di Verderio Superiore, ha creato un suo blog che si occupa anche, ma non solo, di storia di Verderio. Il blog si chiama "Storia e storie di donne e uomini" e lo puoi raggiungere al seguente indirizzo:
http://colnaghistoriaestorie.blogspot.com/



La nuova strada per la stazione ferroviaria di Paderno


Fino all’anno 1938, coloro i quali intendevano dirigersi verso la stazione ferroviaria di Paderno-Robbiate, giunti alla “salida de Padernu” dovevano necessariamente percorrerla fino in cima per poi svoltare a sinistra verso il centro abitato. Oltrepassato il ponticello sopra la ferrovia e giunti in prossimità della chiesina di santa Marta, ....


Per la lettura dell'intero testo vai a:  http://colnaghistoriaestorie.blogspot.com/

IL MESTIERE DI SINDACO: ARMANDO VILLA SINDACO DI VERDERIO SUPERIORE DAL 1955 AL 1995 - seconda parte - di Marco Bartesaghi

La prima parte di questa lunga chiacchierata con il signor Armando Villa, per tanti anni sindaco di Verderio Superiore, è stata pubblicata su questo blog il 14 marzo scorso.
Parlare con lui è stato un vero piacere, per la simpatia, la disponibilità a mettere in gioco gli innumerevoli  ricordi di cui è depositario e per la vivacità del suo raccontare.
Lo ringrazio vivamente per avermi concesso questa opportunità e spero di avere altre occasioni di poterlo ascoltare. M.B.





LA FONDAZIONE DEL CIRCOLO ACLI E LA VITTORIA ELETTORALE DEL 1951

Marco - Quando ha iniziato la sua esperienza come amministratore comunale?
Armando - Nel 1951, quando "noi" abbiamo vinto le elezioni ...

M - Per "noi" intende la Democrazia Cristiana?
A - No, era una lista indipendente. Anche perché a Verderio Superiore non si parlava neanche della Democrazia Cristiana. C'erano le ACLI. L'11 aprile del 1948 abbiamo inaugurato il circolo ACLI; il parroco, Don Carlo Greppi ci ha regalato la bandiera; il presidente era Clelia Ponzoni. Quando poi ho cominciato a partecipare e ad interessarmi, hanno voluto che il presidente lo facessi io. Avevo 18 anni. L'11 aprile, per l'inaugurazione, abbiamo fatto una manifestazione. Verderio era il paese comunista per eccellenza: che si facesse qui una manifestazione delle ACLI e della Democrazia Cristiana era un fatto eccezionale. Saranno venuti almeno 20 camion carichi di democristiani e aclisti dei paesi della zona. Si è riempito il paese e allora abbiamo fatto una sfilata per la strada centrale con tanto di bandiere.

1968, ventesimo anniversario della fondazione del circolo ACLI di Verderio Sup.In centro Monsignor Ferraroni. Alla sua destra Clelia Ponzoni; a sinistra Armando Villa


M - Ci sono fotografie di questa giornata?
A - No.

M - Peccato ...
A - Di Verderio ci saranno state 10 o 15 persone, tre o quattro uomini e il resto donne. A guardarci erano in tanti ma a partecipare eh, eh ... perché i comunisti qui erano una forza, e anche piuttosto aggressivi. Noi eravamo in pochi. Ricordo ancora i nomi, ma sono passati tutti a miglior vita: Paolino de la Salette, Severino di Peregai, Mario Mapel, Edoardo Colombo ... C'era anche mio fratello Luigi, che era già sposato e abitava a Carvico, dove poi è diventato sindaco: si era aggregato anche lui per far numero. In tutto saranno state duecento persone. Però come manifestazione era riuscitissima.

M - Mancavano pochi giorni alle elezioni del 18 aprile 1948: chi vinse qui?
A - Qui, nel '48, ha vinto la sinistra. Ma nel '51, alle amministrative, abbiamo vinto noi ...

Giuseppe Cassago, Sindaco di Verderio Sup. dal 1951 al 1955, in una fotografia del 1942


La sera, dopo i risultati, quando ci siamo trovati all'oratorio a festeggiare, avevamo un problema grosso: "e adesso chi fa il sindaco?" Io avevo 21 anni e non potevo, anche se ero l'anima del gruppo. Rodolfo Gavazzi? "No, no, io assolutamente no". Allora abbiamo scelto Giuseppe Cassago, Pineto di Martit, che allora non era ancora sposato ed era un ragazzo abbastanza elegante e anche con un po' di esperienza. Però lui il sindaco non l'ha mai fatto: era autista alla Marelli, sempre in giro per l'Italia a fare consegne. L'ho sempre fatto io, che ero il suo vice: dopo il diploma sono rimasto a casa più di un anno prima di trovare lavoro e tutto il mio tempo lo dedicavo al comune.
Quando sono andato a lavorare alla Lanerossi a Vicenza, il posto da vicesindaco l'ha preso il Luigi Brivio

Rodolfo Gavazzi


M - Quindi Gavazzi non ha mai fatto il sindaco?
A - No, no. E stato consigliere, ma sarà venuto in consiglio 4 o 5 volte in 5 anni ...

M - Com'era la situazione del comune quando siete diventati maggioranza?
A - Era molto difficile. Su proposta di Gavazzi chiedemmo un'ispezione della prefettura, che constatò un debito di 4 milioni. La tesoreria, che era presso la banca Briantea, minacciava di non pagare gli stipendi perché il comune non incassava soldi. Per pagare le pendenze economiche dovemmo accendere un mutuo.

M - Ha un'idea del perché si fosse giunti a quella situazione?
A - L'amministrazione che ci aveva preceduto, una giunta di sinistra formata da comunisti e socialisti, aveva impostato la politica economico -  finanziaria del comune sul contributo che avrebbe dovuto versare la famiglia Gnecchi. Allora pagavano la tassa di famiglia i commercianti, gli esercenti, i quattro o cinque del paese, e la famiglia Gnecchi. Sennonché quest'ultima si era opposta davanti alla Commissione Provinciale e al Consiglio di Stato.

M - Perché?
A - Perché sosteneva di abitare a Milano, ed in effetti era così. Ma, a parte che l'amministrazione di sinistra non era certo di suo gradimento, c'era anche il fatto che il sindaco Paolo Rota era un tecnico dello Scatolificio Ambrosiano, fabbrica che si era trasferita qui durante la guerra, e fra i consiglieri comunali c'era un Passaquindici, uno dei proprietari dello scatolificio stesso. Essi erano in aperto contrasto con la famiglia Gnecchi che, anche per questo motivo, aveva deciso di opporsi alle richieste economiche del comune.
Quando siamo diventati maggioranza noi, il ricorso era ancora pendente in Consiglio di Stato. Allora io sono andato a parlare a Vittorio Gnecchi ...

M - Come mai lei e non il sindaco?
A - Negli anni precedenti i Gnecchi avevano fatto affidamento su di me, attraverso il Beretta, che era il loro agente di campagna, perché li tenessi informati su quanto succedeva in paese..

M -?!?
A - Perché nel 1945 - '46 - '47, i comunisti locali erano, almeno a parole, abbastanza agitatini, in particolare nei confronti dei Gnecchi. Alcuni motivi di malcontento, poiché erano tutti loro inquilini, erano giustificati. Prima della guerra, un certo Decio di Robbiate e un'altra persona qui di Verderio, erano operai fissi della famiglia Gnecchi e facevano manutenzione negli edifici di loro proprietà. Via loro - andati in pensione o mandati via, non lo so - non è più stato fatto niente, per cui le stalle cadevano, le porte non chiudevano e così via. Per questo i contadini ce l'avevano un po' con la famiglia: hanno lanciato qualche minaccia, hanno buttato le vanghe oltre il cancello della villa e c'è stata qualche litigata con l'amministratore. Poi le sparavano anche grosse: dicevano che in viale Rimembranze, dove ad ogni caduto nella guerra del 15 - 18 era dedicato un albero, alcune piante erano già assegnate a quelli che avrebbero impiccato ...

M - Chi lo diceva?
A - Era una minaccia che correva così, nell'aria: "lì tachem su 'l Vittori, la tachem su l'Alesander". Vox populi, però molto terra a terra diciamo ... perché, in sostanza, era tutta brava gente. Comunque i Gnecchi temevano ...

- Quindi lei è stato mandato a parlare con Vittorio Gnecchi, per invitarlo a cambiare atteggiamento nei riguardi dell'amministrazione, data l'esistenza della nuova maggioranza. Cosa ha ottenuto?
A - Niente. È stata una delusione: lui mi ha detto che la pratica ormai era in mano all'avvocato, il dottor Lanfranconi e che loro non si occupavano più di niente. Ho telefonato a Lanfranconi che è stato irremovibile: "abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato e non se ne parla più".

M - Che tipo era Vittorio Gnecchi?
A - Era un generoso ... Dicevano che se lo trovavano per strada e gli chiedevano un aiuto, lui era un generoso. Però in quegli anni lì ormai, lui e sua moglie erano anziani. Vivevano in questa benedetta villa, accendevano il camino e basta ... forse non avevano liquidità o forse, lo ripeto, erano ormai troppo vecchi, non so.
Comunque il ricorso è andato avanti al Consiglio di Stato e naturalmente abbiamo perso. Quindi abbiamo dovuto riorganizzare l'imposta di famiglia tassando tutti, operai e contadini. Il primo anno sono arrivati 60 o 70 ricorsi perché nessuno voleva pagare.

VERDERIO SUPERIORE NEI PRIMI ANNI CINQUANTA

M - Su quali altre entrate poteva contare il comune?
A - Oltre all'imposta di famiglia c'era quella di consumo. Quando sono diventato sindaco, l'INGIC, la ditta che aveva l'incarico di riscuotere il dazio, aveva un contratto a canone fisso e si impegnava a versare un milione all'anno al comune. Quello che incassava in più, poco o tanto, era suo. Una delle prime cose che ho fatto è stato cambiare il contratto, introducendo la percentuale -  loro trattenevano il 12% , il resto andava al comune - e fissando dei minimi di riscossione. Il milione di entrata è diventato subito due milioni Per avere altri soldi dovevamo ricorrere alla prefettura o ai mutui.
Nel '51, per ripianare il debito che avevamo trovato, abbiamo acceso un mutuo. Contemporaneamente ne abbiamo aperto anche un altro, di cinque milioni, per asfaltare la strada per Cornate.

Via Principale, quando c'erano ancora i ciotoli

M - C'erano ancora i ciotoli?
A - I ciotoli in centro e "fuori" la strada sterrata. C'era gente di Cornate che si fermava all'osteria e brontolava: "L'è ura de finila cun chela strada chi!" Gente che viaggiava in bicicletta.
La situazione del municipio poi era incredibile ....In un appartamento, grande, abitava il segretario con moglie e due figli: si chiamava Marchetti, era stato mandato via dal Veneto perché epurato alla caduta del regime fascista. Il suo ufficio si confondeva con l'abitazione: ogni tanto entrava la moglie a prendere aria; il telefono era unico. Del resto il segretario aveva ben poco da fare: dané ghe n'eren mia e quindi ... I segretari dopo di lui hanno sempre avuto casa fuori.
In un'altra parte dell'edificio abitava il dottor Zampaelli. Quando gli abbiamo chiesto di lasciare libero l'alloggio si è offeso e, dopo qualche anno, ha lasciato anche la condotta.
Poi c'erano ancora due famiglie sfollate dalla curt di Beneditte, crollata anni prima, e le aule scolastiche ...

M - Insomma, un condominio ...
A - Sì, un condominio. Per il Comune c'era l'ufficio del segretario, quello dell'impiegato e la sala del Consiglio Comunale. Il sindaco non aveva un suo spazio: io mi mettevo nella sala del Consiglio, per rimarcare che il sindaco doveva avere qualcosa, ma era tutto lì.
La nostra prima amministrazione ha cominciato a rioccupare gli spazi e, negli anni seguenti, abbiamo migliorato anche l'esterno.

Il palazzo municipale di Verderio Superiore


M - Oltre al segretario chi lavorava in comune?
A - C'era un impiegato; bidello non c'era ... no anzi, con l'amministrazione precedente c'era la bidella, Melania, con il marito che faceva il messo. Poi lei è andata in pensione, lui è morto e noi abbiamo preso il figlio, Cassago Antonio, che ha fatto il messo per noi per tanti anni. L'abbiamo fatto diventare anche vigile, ma per quel ruolo non aveva nessuna preparazione. Ecco quello era il comune di Verderio in quegli anni là..

M - Ma Verderio Superiore era il più povero dei paesi della zona?
A - Poverissimo ...

M - Anche rispetto a Verderio Inferiore?
A - Tutti e due non si muovevano. A Verderio Inferiore il sindaco era Gianfranco Gnecchi. Ecco un episodio: quando sono diventato sindaco, nel '55, mi sono dato da fare per la costruzione di una casa in edilizia popolare. Il decreto di concessione dell'Istituto Case Popolari di Como, invece che a Verderio Superiore è arrivato a Inferiore. Quando ho avuto la notizia sono andato un sabato pomeriggio a Como in casa del senatore Martinelli - una casa popolare, povera, con un corridoio buio - che allora era ministro del commercio estero, per dirgli cosa era successo "Ma come invece di averla noi che l'abbiamo chiesta, la casa è andata a Verderio Inferiore?" Poi, in prefettura, ho incontrato Gianfranco Gnecchi che invece protestava per l' assegnazione della casa: lui non voleva spender soldi per comperare il terreno, che doveva essere messo a disposizione dal comune. "Ben venga"-  ho detto - "ce la prendiamo noi, senza far tanta fatica". Invece, Franco Airoldi, che era l'applicato del comune di Verderio Inferiore, morto recentemente, anche lui democristiano, quando ha sentito il suo sindaco che non voleva la casa ha protestato: "che Verdé de Sura, la ca la se costrues a Verdé de Sott". Così a noi l'hanno data solo l'anno dopo ed è quella che c'è sulla via per Cornate, subito dopo il ponticello della roggia Annoni: sei appartamenti, piccoli perché poco era il terreno: comunque era la prima casa che si costruiva a Verderio.

La casa popolare di via per Cornate


M - Ne parla come di un grande avvenimento ...
A - Il problema della casa era urgente. Negli anni precedenti la gente si accatastava: in poco spazio vivevano più nuclei famigliari. Poi le esigenze sono cambiate. La gente ha cominciato a lavorare fuori ed emigravano tutti: Verderio era in fase di decremento della popolazione. Per me era una sofferenza fisica vedere che la popolazione diminuiva: da 1100 che eravamo siamo arrivati a 900. Non se ne poteva più.

1955: INIZIA LA LUNGA AVVENTURA DI SINDACO

M - In quali circostanze lei diventò sindaco?
A - Ero stato via per lavoro per tre anni. Quando sono tornato ero ancora consigliere. Cassago era stanco di fare il sindaco e si è dimesso. Siamo andati in consiglio e sono stato eletto io. Era il 1955, le elezioni successive sono state fatte nel 1956

M - Nel '56 sapeva già che in caso di vittoria avrebbe fatto il sindaco?
A - Sì.

M - Vi siete presentati come DC?
A - Sì, era la prima volta. Ma c'erano anche degli indipendenti, perché non se la sentivano di dirsi democristiani ...

1957 -Armando Villa con Don Antonio Molteni al rinfresco in occasione del trasferimento di quest'ultimo alla parrocchia di Barlassina


M - Lei a quali personaggi della DC faceva riferimento?
A - Io non avevo la tessera. Ho partecipato una volta a un congresso della Dc e a sentire gli insulti che si davano, le offese che si facevano, m'era passata la voglia di fare sia il democristiano che il politico.
Quando sono diventato sindaco, attraverso il parroco, Don Antonio Molteni, ho conosciuto l'onorevole Martinelli. Poi ero in contatto con Repossi, anche lui deputato, e con il segretario provinciale Borghi. Martinelli l'era de destra, Borghi de sinistra. Ricorrevo a Borghi per i rapporti con la prefettura, a Martinelli per i mutui e per i finanziamenti dal ministero.
Per le opere da realizzare non si poteva prescindere dal contributo del prefetto, era lui che gestiva i fondi ricavati dal Casinò di Campione e li elargiva ai comuni che ne avevano bisogno.

On. Martinelli


M- I famosi fondi di Campione che quando ero consigliere non capivo cosa fossero ...
A - Sì, ne abbiamo presi parecchi, noi: fin dalla prima opera fatta a Verderio. Una volta all'anno, mediamente, andavo in prefettura, con un progettino steso dal geometra Penati. Ghe disevi: "Penati met le un prugetin". Un esempio. Noi potevamo impegnare, supponiamo, 5 milioni. Penati preparava un progetto di 10, ad esempio per mettere a posto la strada della Sernovella. Io lo presentavo al prefetto, che generalmente, dava un contributo del 50%. Quando si faceva il progetto esecutivo si riduceva la spesa, mettiamo, da 10 a 7milioni. Cinque li dava il prefetto, due li mettevamo noi e si realizzava l'opera. Questo era il sistema che utilizzavamo.

ACQUA E LUCE, I PROBLEMI PIÙ URGENTI

M - Quali i problemi più urgenti che dovette affrontare?
A - L'acqua e la luce. Fino alla fine della guerra tutti andavano a prendere l'acqua alla fontana sull'angolo del comune.

La fontana sull'angolo del municipio.


M - Tutto il paese?
A - Tutti, tranne le tre osterie. Dopo la guerra sono stati fatti alcuni allacciamenti, ma l'acqua che arrivava in paese era troppo poca

M -Proveniva tutta dalla Fonte Regina?
A - Sì che era di proprietà Gnecchi, data in gestione a un privato.
Per avere una quantità maggiore abbiamo cercato accordi, prima con Paderno d'Adda e poi con Verderio Inferiore
A Paderno ci eravamo allacciati sopra il cavalcavia della ferrovia, prima di entrare in centro. Verderio Inferiore, aveva un pozzo e avevamo chiesto di pescare da quello. Il sistema però non funzionava perché l'acqua che arrivava dalla Fonte Regina vinceva la pressione di quella di Verderio Inf e stava in equilibrio..
Ci siamo collegati anche con il pozzo della centrale ENEL. Prima siamo stati noi a rifornirli, poi, quando hanno scavato il pozzo, abbiamo chiesto di poterne avere noi da loro. Ma anche in quel caso c'era il problema della pressione e per ricevere quel po' d'acqua bisognava chiudere la Fonte Regina.

M - Il pozzo vicino a cascina San Carlo, a Verderio Sup, non c'era ancora?
A - Dopo, è stato fatto dopo ed è servito a poco. Siamo andati a 130 metri di profondità ma di acqua ce n'era poca. Per avere qualcosa in più abbiamo fatto il collegamento anche con Merate.
Poi siamo riusciti ad avere la gestione della fonte Regina: pagavamo un canone alla famiglia Gnecchi - non mi chieda quanto perché non mi ricordo -  e in cambio avevamo la gestione. Eravamo subentrati a un privato, l'agente dell'INGIC, che abitava a Robbiate e riscuoteva l'imposta di consumo di Robbiate, Paderno e Verderio Superiore.

Il pozzo San Carlo ripreso da via Manzoni. Alle sue spalle la cascina San Carlo


M - La gestione diretta vi rendeva le cose più semplici?
A - Sì, ma con i Gnecchi non era sempre facile. Quando abbiamo fatto il collegamento con l'acquedotto di Merate ho ricevuto una letteraccia dall'architetto Aldo Gnecchi, perché ci eravamo presi la libertà di collegare la Fonte Regina all' acquedotto di Merate, senza la loro autorizzazione. Io sinceramente non ci avevo pensato.

M - Ci furono conseguenze?
A - No, l'avevano fatto per dire: "siamo noi i padroni".
La Fonte Regina è un' opera bellissima: un'area di una decina di pertiche, su una collina che sale dietro l'ospedale di Merate. E' un bosco rado, dove ogni tanto si trovano dei pozzi non molto profondi , due o tre metri, collegati uno all'altro: le sorgenti. L'acqua veniva intubata e condotta in un serbatoio più in basso, molto ampio, sotto una collinetta. Verso l'uscita  passava in un altro serbatoio, dentro il quale si poteva fare la potabilizzazione, e dal quale usciva la conduttura che poi raggiungeva Novate, Robbiate, Paderno d'Adda e, infine, Verderio Superiore e Inferiore. Essendo falde superficiali, se pioveva tanto c'era abbondanza d'acqua; se non pioveva,scarsità. In cima alla collina viveva un contadino con abbastanza bestiame: un fattore d'inquinamento della fonte.

M - L'altro problema urgente era la luce ...
A - Nel 1951 quasi tutte le cascine erano senza luce. E poi c'era il problema dell'illuminazione stradale.
In tutto, nel centro abitato, c'erano tre o quattro centri luminosi: sull'angolo della villa, vicino al platano; in piazza Sant Ambrogio; all'incrocio con Verderio Inferiore e uno subito dopo il falegname, il Giuvanela, prima di uscire dal paese. Prima di arrivare al cimitero, il Belusch, un consigliere comunale socialista della vecchia amministrazione, aveva attaccato una luce al muro della sua casa, che c'è ancora adesso e appartiene alla stessa famiglia, per dare un tantino di luce a chi arrivava da Cornate.
Quando ero andato a parlare a Vittorio Gnecchi del ricorso per l'imposta di famiglia, gli avevo chiesto un contributo per l'illuminazione stradale, ma capii che per lui il problema era inesistente: "A cosa serve la luce in strada? I carretti hanno le lampade pendenti; chi va in bicicletta in stazione ha la lampadina davanti; chi va a piedi non ha bisogno della luce: a cosa serve la luce per strada?"
Quando poi abbiamo deciso di intervenire sull'illuminazione stradale mi sono rivolto al senatore Falck che ci ha dato un contributo di 100 mila lire.

M - Lavoro, attività amministrativa e famiglia: un bel impegno per lei ....
A - Quando tornavo dal lavoro andavo in comune, e alla sera, quando andavo a letto pensavo ai problemi del comune. Li c'era il segretario Ponzoni, che di giorno si perdeva in chiacchiere e quando arrivavo io c'era tutto da fare. Con lui non si riusciva a combinare niente . Era una brava persona, ma si perdeva in chiacchiere. Quando si ammalava facevo venire il segretario di Osnago, Caglio, e dopo di lui quello di Casate: con loro, in quindici giorni, riuscivo a fare quello che l'altro non faceva in un anno. Queste cose qui non le sa nessuno, è la prima volta che ne parlo. Una volta avevo detto al segretario di preparare una lettera per i comuni di Paderno e Cornate perché mi aiutassero ad asfaltare la strada del Bachetin, quella che da Porto arriva Paderno. Cornate e Paderno avevano asfaltato i loro tratti di strada fino al confine con noi. Mancava solo il nostro pezzo. La gente che viaggiava su quella strada mi rompeva le tasche, voleva la strada asfaltata, però i soldi il comune non li aveva. Allora ho chiesto di mandare questa lettera perché ci aiutassero ad asfaltare, in quanto l'esigenza non era degli abitanti di Verderio, ma era soprattutto di quelli di Paderno, che andavano a lavorare all'ENEL, e di quelli di Porto diretti alla stazione di Paderno.. Il segretario però non scriveva, perché era in contrasto con il comune di Paderno: l'ho dovuta scrivere io. Cornate ci ha detto sì. Paderno no.

PRIORITÀ ASSOLUTA: FAR CRESCERE IL PAESE

A - Ma la priorità assoluta, per me, era che il paese si sviluppasse. Desideravo che il comune crescesse e che crescesse la popolazione. Solo così si giustificavano i servizi. Un impianto sportivo? Se g'ò mia i bagaj de fa giuga?  E lo stesso vale per la scuola ... Se invece c'è una popolazione anche il servizio si giustifica.
Bisognava incrementare la popolazione e quel sentimento lì mi mi angosciava ... Quando ero fuori paese  e mi chiedevano: "di dove sei? sei sindaco di Verderio? Che popolazione ha?" Rispondevo: "Fra i due Verderio siamo in 2000". Ghe disevi mia che serem mila; ghe disevi che in du Verderi serem in domila, qualcosa più di duemila. Che sindaco sono io - mi dicevo - di un paese di 900 abitanti che vanno via tutti? Giuro, mi sto confessando

M - Ma cosa impediva lo sviluppo? Ho degli appunti di una conferenza, organizzata dal suo successore, Fernando Bosisio, in cui lei parlò della sua quarantennale esperienza di sindaco, si ricorda? Disse, fra l'altro, che il problema, alla fine degli anni cinquanta, era che la famiglia Gnecchi non vendeva i terreni in suo possesso e quindi il paese non poteva crescere ...
A - Sì, lo confermo. Era tutto bloccato perché gli eredi non si mettevano d'accordo. A un certo punto, cosa sia avvenuto all'interno della famiglia non lo so, il principe Gironda, un componente della famiglia, ebbe la delega a trattare e allora ...vendeva anche le mutande. Addirittura è arrivato a vendere nello stesso giorno lo stesso terreno a due persone diverse. Vendeva tutto a tutti.

M- Ma chi comprava?
A - Prima i coltivatori che avevano lavorato i terreni. Poi sono venuti quelli da fuori: uno di Monza che ha costruito in via San Rocco, dietro la vecchia farmacia,e poi ha venduto parte dei terreni a un'impresa di Bergamo che ha costruito in via Sala. Poi un certo Bonelli ha comprato i terreni dietro il parco. Dopo Gironda, la famiglia Gnecchi diede l'incarico di vendere ad un altro suo membro, il dott. Carlo Gnecchi, commercialista con studio a Milano.
Però, perché si costruisse, erano necessari strumenti urbanistici adeguati, e il "Piano di Azzonamento" in vigore non lo era, perché prevedeva di costruire in un "cerchietto" intorno al centro storico, lasciando tutto il resto agricolo. Allora ho dato al' ingegner Corti l'incarico di predisporre un "Piano di Fabbricazione"

M - In che anni siamo?
A - Immediatamente, prima del 60, sicuramente. Corti però ha preparato un Piano di Fabbricazione che ricalcava il Piano di Azzonamento: uno sviluppo molto intensivo intorno al centro storico e tutto il resto agricolo. Non mi piaceva.

M - Tutto da rifare?
A - Sì. Quando abbiamo conosciuto l'architetto De Giacomi, che era in rapporto con la famiglia Gnecchi, o forse più con il Gironda, l'erede che vendeva tutto, abbiamo affidato a lui l'incarico e lui si è offerto di farlo gratis.

M - Gratis?
A - Sì. Siccome però non lo portava avanti, per stringere i tempi, Giulio Oggioni, il geometra Motta, Franco Colombo ed Elio Sala, assessori i primi due e consiglieri comunali gli altri, abitanti di Verderio, andavano nel suo studio di Monza ad aiutarlo: chi tirava le righe, chi colorava, chi disegnava, eccetera ... Qualche volta avevano l'appuntamento, andavano giù e non trovavano nessuno, c'era la porta chiusa.
Tutto per cercare di portare a casa questo Piano Regolatore. Finalment l'è riusi a fal. Era stato pensato per 3000 abitanti, ma in regione l'hanno tagliato, ridotto. Però intanto avevamo portato a casa un documento.

M - Questo strumento, se non sbaglio, era ancora un Piano di Fabbricazione. Il primo piano regolatore, invece, è quello del 1985 che è in vigore ancora adesso?
A - Sì il primo è quello e l'ha fatto l'architetto Redaelli, che era già tecnico di Verderio Inferiore e aveva elaborato il loro PRG. Redaelli aveva concepito il nostro piano per tremila abitanti, la regione lo ridusse a più o meno 2000. Però, andando personalmente in regione, avevo ottenuto, per le case in zona agricola e lontane dal centro abitato, la possibilità di aumentare la volumetria ... tre o  quattro edifici che avevano bisogno di ampliarsi, delle eccezioni indicate nel piano.

M - L'opposizione giudicò il piano regolatore eccessivamente espansivo. Naturalmente lei non era d'accordo ...
A -  No, il piano non era troppo espansivo. Adesso capisco la ragione per cui non si debba andare più in là di tanto, mi rendo conto ... Però allora bisognava dare la possibilità di costruire. Io la vedevo così, solo quello avrebbe permesso al paese di vivere ...

LA FOGNATURA

M - Nel lunghissimo tempo in cui è stato sindaco, quali sono le più importanti opere realizzate e i più significativi obiettivi raggiunti?
 A - Partiamo dalla fognatura. Con il sindaco Zoia di Verderio Inf siamo stati in ballo 10 anni per fare la fognatura. Noi avevamo ottenuto dallo stato un mutuo di 15 milioni a tasso zero, partendo dal presupposto che il segretario Ponzoni avrebbe convinto Zoia a farla insieme e arrivare fino alla loro cava.

M - Che è dove adesso c'e il depuratore?
A - Sì, dove c'è il consorzio dei quattro comuni. Zoia diceva di sì ma poi non se ne faceva niente. Allora abbiamo comprato una "cavetta" di 500 metri quadrati in territorio di Verderio Inferiore, subito dopo il nostro confine. Pensavamo di utilizzarla ma sotto c'è tutta roccia e non disperde e quindi l'abbiamo abbandonata (tra l'altro adesso sembra che andrà persa per usucapione, perché il proprietario che ce l'aveva venduta, essendo inutilizzata, ha continuato a coltivarla). Quando ci siamo accorti che questa cava non disperdeva, abbiamo tenuto fermo il mutuo, sperando che Verderio Inf. ci permettesse di collegarci al loro collettore. Invece non dicevano di no, non dicevano di sì, così non abbiamo speso il mutuo, che quindi è stato annullato, e non abbiamo risolto il problema.

Enrico Zoia, sindaco di Verderio Inferiore dal 1961 al 1973


M - Qualche mese fa ho intervistato Zoia e gli ho chiesto se andavate d'accordo. Lo chiedo anche a lei.
A -Mica tanto, mica tanto ...

M -Lui mi aveva detto di sì..
A - Sì. Però sulla fognatura mi ha tenuto fermo fino a che ho perso il mutuo. Sono andato anche a casa sua una volta con il segretario ... il segretario spingeva... dopo l'è 'nda in cunsili ma gh'è sta nient de fa: siamo rimasti senza soldi e senza fogna ...

M - Perché secondo lei c'era questa resistenza?
A - Verderio Inf. non si muoveva perché non voleva che gli arrivasse la nostra acqua. D'altro canto anche Robbiate e Paderno se ne strasbattevano perché tanto la loro acqua andava in giù per conto suo. Quelli messi male eravamo noi perché tutto il terreno di fianco alla casa di Martit, dove c'è la farmacia, era sempre allagato: quando pioveva si riempiva d'acqua ...

M - Se non sbaglio, Verderio Sup. si può dividere in due parti: una che assorbe l'acqua e l'altra no. È giusto?
A - Sì. Da la cà di Martit fino a Cornate - ma anche tutto il terreno a venire dalla cascina Airolda - è argilloso e non assorbe niente. Infatti quella zona è tutto piena di fossati. Qui invece, dove abito io, la parte ovest del paese, il terreno è ghiaioso - c'era anche una cava -  e assorbe bene.
Però quel depuratore che c'è adesso lo dobbiamo ancora al sottoscritto.

Depuratore in territorio di Verderio Inf., costruito in consorzio dai due comuni di Verderio, da Robbiate e da Paderno d'Adda


M - Mi racconti...
A - Era tutto fermo e non si riusciva a sbloccare la situazione. A un certo punto ho deciso di impegnarmi in prima persona sull'argomento baipassando il presidente del consorzio. Prima ho parlato con i comuni di Sulbiate e Bernareggio chiedendo di far partire il loro collettore da Verderio invece che da Bernareggio, e portare così anche la nostra acqua a Vimercate. Sembrava si potesse fare ma poi il genio civile di Milano ha dato parere negativo, per via dell'insufficiente portata dei tubi. Allora cosa ho escogitato per avere il depuratore? Ho fatto personalmente la domanda al ministero per avere il contributo, l'ho inoltrata e solo a questo punto ho avvisato della mia iniziativa gli altri tre comuni, Verderio Inf, Robbiate e Paderno..

M - Quando l'aveva già mandata?
A - Sì, prima l'ho inviata al ministero, poi li ho avvisati. E' arrivato il contributo e abbiamo realizzato l'opera.

LA SCUOLA ELEMENTARE

A - Anche quella della scuola elementare è una storia da raccontare. Abbiamo fatto il progetto, e trovato il finanziamento del ministero, 15 milioni. Avevamo previsto la costruzione lì dove poi è stata realizzata, un terreno di  proprietà Gnecchi.  Pensavamo che non ci fossero problemi, per cui siamo andati tranquilli a chiedere che ci cedessero l'area. Sennonché Luisin del Bura, uomo di fiducia della famiglia, giardiniere e custode della villa, su quel terreno produceva verdure, per la famiglia Gnecchi, nei periodi che risiedeva qui, e anche per sé. Pertanto la risposta fu negativa.

In corrispondenza della porta d'entrata, il nucleo originario della scuola elementare; a sinistra, con quattro finestre, un primo ampliamento; sulla destrala "palestrina" aggiunta negli anni novanta del secolo scorso.

M - Ma dopo ci hanno ripensato?
A - No, abbiamo dovuto fare l'esproprio. Tra l'altro, noi gli avevamo offerto 500 mila lire; la perizia per la pratica di esproprio ha stabilito invece un valore di 450 mila lire e, ovviamente, gli abbiamo dato 450 mila lire.

M - Per il comune è stato un risparmio
A - No, perché abbiamo ritardato la costruzione di qualche anno e i 15 milioni che sarebbero bastati non erano più sufficienti. Abbiamo trovato una ditta di Torre de' Busi disposta a realizzare la scuola ma voleva tre milioni e mezzo in più. Per trovarli abbiamo fatto "salti mortali", che è meglio che non gli descriva.

M - Di che anni stiamo parlando?
A - Prima metà degli anni sessanta.

LA SCUOLA MEDIA

A - Per alcuni anni abbiamo avuto anche la scuola media a Verderio. Per pochi anni ma l'abbiamo avuta.

M - Dov'era?
A - In comune. Avevamo ristrutturato il palazzo e sistemato lì le aule. Quella che era la casa di Zamparelli è diventata la segreteria e la presidenza; due aule erano a pianterreno, altre tre all'ultimo piano. Il resto era occupato dagli uffici comunali.
Attraverso  mio fratello Luigi, che era sindaco a Carvico, ho avuto un contatto con il ministro della pubblica istruzione, Giovanni Battista Scaglia, di Bergamo, e abbiamo avuto la scuola media.

M - In che anni?
A - Settanta /settantacinque. Fino a quando è partita quella di Robbiate.

M - Era coinvolto anche Verderio Inferiore?
A - Loro erano scettici. Prima hanno aderito, convinti che non saremmo riusciti ad ottenerla. Quando è arrivata la notizia che era stata concessa, sono diventati contrari.
Avevamo ricevuto l'autorizzazione a luglio con la condizione che  attrezzassimo la scuola entro ottobre. Lavagne, banchi cattedre ...  tutto. A ottobre siamo partiti.

M - Perché una scelta di questo tipo? Non fu solo una questione di orgoglio di paese?
A - No, ha avuto successo perché sia a Verderio Superiore che a Verderio Inferiore tanti ragazzi, anche se c'era già l'obbligo, non frequentavano le scuole medie. Solo alcuni andavano a Cornate e altri a Merate. Con la scuola qui in paese la situazione si è risanata.

LA FARMACIA, LA BANCA, IL TRASPORTO ALUNNI, L'INFORMATIZZAZIONE DEGLI UFFICI E IL GRUPPO ANZIANI

A - Negli anni in cui sono stato sindaco abbiamo ottenuto anche di avere una farmacia, la cui prima sede è stata il negozio dove adesso c'è il giornalaio, e la Banca Briantea, che in un primo tempo era solo tesoreria, a piano terra del comune.

Nel 1981 - 82, abbiamo dato inizio all'informatizzazione degli uffici comunali, acquistando un computer che il comune di Bellusco aveva sostituito con i PC. Era un cassone pesantissimo che abbiamo dovuto issare fino al primo piano con un camion con il braccio. Siccome il segretario non era d'accordo, per andare a prenderlo a Bellusco abbiamo aspettato che andasse in ferie. Nella nostra zona solo Robbiate aveva già il computer.

Negli anni sessanta abbiamo attivato il servizio di trasporto per gli alunni delle elementari. Serviva soprattutto per gli abitanti delle varie cascine: la Fuggitiva, l'Alba, La Salette, l'Airolda. L'incarico di autista era stato affidato al signor Remo Cavalmoretti, titolare del ristorante "da Remo". Per un po' di anni l'ha fatto lui, dopo è subentrato Nunzio. Il mezzo usato era un pulmino 600, acquistato di seconda mano.
Il gruppo anziani, attivo in questi anni nelle attività di volontariato, si è costituito negli anni in cui ero sindaco. Avevo copiato l'dea dal comune di Ronco, il cui sindaco, Cantù, era un mio amico molto bravo e pieno di iniziative.

M - Qualcosa che le rincresce di non aver realizzato?
A - ?!?

M -Non le viene in mente niente? Qualcosa che si è pentito di aver realizzato?
A - No, non mi pare ... Di errori ne avrò fatti sicuramente, però ...

M - Riformulo la domanda: qualcosa che preferirebbe che non ci fosse a Verderio. Ricordo che una volta mi aveva confessato che una certa cosa avrebbe preferito che non fosse stata costruita. Dopo glielo dico ..
A - No, me lo dica...

M - La casa dell'ufficio postale, di fronte al municipio ...
A - A sì, il palazzone lì...

M -Sbaglio?
A - No è vero, e vero, perché è stato fatto proprio su un fazzoletto di terra. È stata una delle poche volte che ho convocato la commissione edilizia -  non c'era mai niente da vedere. Zamparelli, che era membro di diritto in quanto ufficiale sanitario, e gli altri componenti della commissione hanno dato parere favorevole e allora io, mio malgrado, ho concesso il permesso. Tra l'altro rispetto al progetto originario sono andati su di un piano in più.
Mi ricordo che la considerazione che facevo è che era un fazzoletto di terra, e l'hanno occupato fino all'ultimo millimetro. Lei ha ragione: "così" avrei preferito che non venisse costruito. Però se fosse stata un edificio meno impegnativo .... Il progettista era il Corti, che era il nostro tecnico. Insomma non è che mi trovi pentito, ma non l'avevo visto molto bene. Però la commissione aveva dato parere favorevole, non ero andato contro.


1964 - Il dottor Zamparelli con il Cardinale Giovanni Colombo e il sindaco Villa


I RAPPORTI CON LE OPPOSIZIONI

M - Quando lei era sindaco c' erano ancora il Partito Comunista e  il partito Socialista. Andavate d'accordo?
A - Mica tanto, mica tanto. Con i vecchi (c'era il suocero di Bruno Mapelli, diventato poi sindaco di Verderio Inferiore), dell'età dei miei fratelli, con loro si poteva ancora dialogare: qualche sparatina ma nessuna azione. Con altri, ad esempio l'Aldeghi, Pippo, con lui era impossibile ... E' quello che mi ha fatto la prima denuncia, per la casa costruita in via Principale: per calcolare la volumetria, avevano inglobato l'area dove adesso c'è il parcheggio dietro la scuola materna: allora mi hanno denunciato. Poi mi hanno denunciato Bartesaghi, Dozio e Oggioni, ma la cosa è finita nel cestino. Poi è stata la volta Giulio, Rino e Guastamacchia: questi hanno provocato un ispezione perché avevano detto che ero coinvolto personalmente in costruzioni, insomma non facevo solo il sindaco  

M - Intende quella volta che avevano mandato una lettera anonima ai carabinieri? Ricordo questa storia perché lei mi aveva chiamato, insieme a Dozio e a Maurizio Oggioni, perché sospettava che fossimo stati noi della minoranza a mandare la lettera. Ma noi le rispondemmo che le lettere anonime non erano nel nostro stile.
A -Insinuavano che io avessi avuto questa casa per aver favorito la costruzione della zona industriale. Siccome la zona industriale era stata gestita da un commercialista di Paderno, che aveva messo in piedi l'immobiliare Vella, quel Vella è diventato Villa. Per l'ispezione era arrivato un ingegnere nominato dal tribunale di Lecco insieme al maresciallo dei carabinieri. Con questo avevo sempre avuto un buon rapporto; invece quella mattina lì era arrivato tutto impettito: "qui c'è qualcuno d'arrestare", sembrava volesse dire.
È stata un'indagine abbastanza approfondita. Sono arrivati alla mattina, si sono chiusi nell'ufficio tecnico e hanno voluto vedere tutte le licenze edilizie. Per tutti i lavori, piccoli o grandi, che ho fatto c'erano le pratiche edilizie approvate, per cui sono passato indenne, ma se avessi fatto qualcosa mi avrebbero incastrato. Invece, dopo che è saltato fuori quel nome, Vella - "ah Vella, Vella Vella, non Villa!" -  è andata a finire in niente.
In qualche occasione avevo detto che, per sviluppare il paese, sarei stato disposto a fare anche carte false: lo dicevo perché vedevo Verderio Superiore morire e provavo invidia per i paesi intorno che invece "sparavano fuori", si ingrandivano. E allora se veniva uno a dire: "costruisco", porco boia gli mettevo giù il tappetino: "Vediamo cosa si può fare, cosa dobbiamo fare" eccetera. Questo era il mio sentimento. Ero animato solo dal desiderio di far crescere il paese. Invece qualcuno può aver pensato che avessi degli interessi personali.

IL REFERENDUM PER LA FUSIONE DEI DUE COMUNI

M - Una domanda un po' lunga, mi scusi. Durante il suo ultimo mandato si svolse il primo referendum per la fusione fra i comuni di Verderio Superiore e Inferiore. Il suo partito, la DC, era ufficialmente favorevole alla fusione, però alcuni esponenti locali si schierarono per il NO e furono fra gli artefici del fallimento dell'ipotesi unificazione. Lei si schierò per il SÌ, ma molti dei favorevoli alla fusione, io fra questi, giudicarono il suo impegno perlomeno tiepido: sembrava fosse favorevole con la testa, la ragione, ma non con il cuore, il sentimento. Cosa pensa di questo giudizio?
A - Sì, lei tocca un tasto vero. La ragione per cui ero freddo è che temevo che il Municipio, le scuole, la posta ... andasse tutto a Verderio Inferiore. Qui noi diventavamo una frazione. La persona che doveva andare in posta per riscuotere la pensione, doveva andare a Verderio Inferiore e domani questa gente mi avrebbe maledetto, avrebbe detto: "Cosa t'è venuto in mente a te di mandarmi fino là?" Era questo che mi disturbava.


M - Però poteva anche non andare così. Non è detto....
A -Il palazzo comunale era logico che andasse a Verderio Inferiore; la posta anche, la nostra è lì in quel posto dove bisogna fare 5 o 6 gradini ...
Poi la scuola, che sarebbe andata di fianco alla palestra, perché Verderio Inf. ha fatto 3000 progetti per costruirla là. Un altro disagio per la gente.
Io la vivevo così, personalmente avevo questi dubbi. Vedevo l'opportunità, la necessità di andare all'unificazione però...

M - Mi ricordo, prima ancora che si decidesse la data del referendum, un' assemblea in cui lei aveva parlato dell'unificazione come di una cosa utile, necessaria ...
A - E' vero, è vero. Però sentivo angoscia, che tenevo per me, per il fatto che non avremmo portato una miglioria spicciola al cittadino di Verderio Sup., anzi lo avremmo costretto a dei disagi.

M - Ma la soluzione trovata in seguito per la scuola le piace?
A - Sì. Sinceramente mi pare vada bene. Poi, averla mantenuta a Verderio Sup.  per me è una felicità.
Io ero contrario anche ad andare a Robbiate con la media. Piuttosto, pensavo, facciamo d'edificio nuovo a Verderio Inferiore ma facciamo la scuola per noi. Perché vedevo Ronco Briantino, che ha la scuola media per conto suo e tira via diritto e la scuola va bene per i ragazzi

L'edificio scolastico di Verderio Superiore e Inferiore: la parte nuova, a sinistra, saldata ad angolo retto a quella vecchia


M - Scuola materna, elementare, media sempre a Verderio. Non sarebbe diventato un mondo troppo ristretto? Troppo domestico? Per le mie figlie andare alle medie a Robbiate ha significato una certa apertura
A - Sì, può essere. Può essere, non posso negarlo, però io vedevo bene anche la scuola media qui, tanto dopo i ragazzi si agitano, si muovono per conto loro. Io la pensavo così, però non mi sono mai azzardato a tirar fuori questa idea.

SINDACO PER QUARANT' ANNI, CONSIGLIERE COMUNALE PER CINQUANTA
 

M - Quanto è durata la sua carriera di Sindaco?
A - Quarant'anni, dal 1955 al 1995. Quella di Consigliere Comunale cinquanta. Si ricorda quando gli ho chiesto di guardare in archivio comunale la data del mio primo consiglio? Volevo fermarmi a 50 anni giusti: lei mi ha detto che il mio primo consiglio era stato in aprile del 1951, in aprile del 2001 mi sono dimesso.

M - Non ha mai pensato di andare oltre, di avere incarichi in provincia, regione o in parlamento? Non ha mai ricevuto offerte in questo senso?
A - No, io andavo volentieri a lavorare e facevo volentieri il sindaco perché ambivo, desideravo immensamente migliorare l'immagine del paese. Di riflesso poi sarei stato approvato anch'io.

M -Quarant'anni. Un periodo lunghissimo. Cosa voleva dire essere sindaco in un paese come Verderio negli anni cinquanta e cosa ha voluto dire dopo?
A - Guardi, negli anni cinquanta e sessanta la gente si rivolgeva al sindaco per tutto: mi sono dovuto interessare per le esenzioni dal servizio militare, per i ricoveri. Chi aveva bisogno di qualcosa andava dal sindaco. 

1966 - Consegna delle onoreficenze di Vittorio Veneto ai combattenti dele prima guerra mondiale


Ricordo che per venire incontro alle esigenze di famiglie particolarmente disagiate, avevamo rilasciato dei libretti di lavoro per bambine che non avevano ancora compiuto i 14 anni. La legge lo permetteva solo in casi eccezionali.

Abbiamo anche rimesso in piedi una mutua, gia esistente negli anni precedenti e poi abbandonata. Era aperta ai contadini , che erano tanti, e agli esercenti: dietro il versamento di una quota annuale, garantiva il rimborso della retta ospedaliera e delle spese per le visite specialistiche, in anni in cui l'assistenza sanitaria gratuita non era ancora stata estesa a tutti. La regia di questa operazione era del comune, ma la gestione era affidata ad un apposito consiglio.

Certo, per i problemi economici, non potevo intervenire, perché non c'erano i mezzi. A un certo punto il segretario mi ha convinto a prendere l'indennità di carica (così come mi ha convinto a iscrivermi alla DC per appoggiarmi ai ministeri e compagnia bella). Mi ha detto: "Per aiutare chi ha bisogno è necessario disporre di una certa somma: se lei prende l'indennità di carica, con quei soldi possiamo aiutare le persone"  Abbiamo fatto così: io firmavo il mandato e poi i soldi li gestiva Salvatore Montana, il ragioniere. Quando c'era qualcuno da aiutare, negli ultimi anni soprattutto gli stranieri immigrati, si attingeva da quel fondo.
Abbiamo usato quei soldi anche per altre cose. Un esempio. Per guidare il pulmino della scuola Nunzio Villari aveva bisogno di una patente speciale. L'ha fatta con l'indennità del sindaco perché non si poteva fare una delibera per pagare la patente a un dipendente.

M - In seguito fare il sindaco è stato diverso?
A - In seguito le responsabilità si sono mantenute, ma il suo ruolo si è sgravato da tutte quelle cose lì.

M - I momenti più belli?
A - Non lo so. Io godevo di quello che realizzavo, perché erano cose che desideravo, non tanto per  me quanto per la popolazione. Godevo per l'incremento della popolazione, quando firmavo nuovi certificati di residenza o di  trasferimento di residenza. Dottori, ingegneri eccetera: godevo perché Verderio si riempiva di gente di cultura, con capacità professionali di un certo livello, che avrebbe arricchito culturalmente il paese. Tutto questo mi faceva un immenso piacere. Così come il sentire che si diplomavano i ragazzi che sono venuti dopo di me.

M - I momenti più brutti?
A -  Le denunce che avevo ricevuto, e di cui abbiamo già parlato, che mi lasciavano abbastanza turbato.

A sinistra l'ampliamento del cimitero di Verderio Superiore realizzato fra il 1995 e il 2000


M - Nei suoi successori dove ha visto o vede continuità rispetto alle sue amministrazioni e dove invece c'è più discontinuità?
A - Guardi, non vedo male, non vedo niente di negativo.
Bene Bosisio: sua la realizzazione dell'ampliamento del cimitero, sua l'idea di affidare la progettazione a un tecnico "nuovo" e abbiamo visto il risultato.
A lui si devono anche i primi passi verso la scuola elementare unificata: l'accordo di programma con Verderio Inferiore e una prima bozza di progetto.
Nella sua prima amministrazione avevo visto che il Colnaghi aveva capito come ci si deve muovere per rincorrere i contributi e gli aiuti. Vedo che le cose si fanno bene, con una certa accuratezza Sono stato recentemente in comune e ho visto come sono stati organizzati gli uffici: lavorano con la testa, mi piace...

mercoledì 14 marzo 2012

LA SCIENZA NEL 3° MILLENIO
L'Uomo e l'Ambiente




Venerdì 23 marzo 2012
ore 21,00
Sala Civica di Verderio Inferiore



PRESENTAZIONE DELLA FLORA LOCALE
Relatore dott. Daniele SALA
BOTANICO


AMMINISTRAZIONI COMUNALI DI VERDERIO INFERIORE E SUPERIORE



CLICCA SUL VOLANTINO PER INGRANDIRE

NZALATA D'ARANCI di Giovanni Terranova

Ho presentato Giovanni Terranova nello scorso aggiornamento del blog. Riassumo brevemente: Giovanni è un coltivatore di agrumi di Ribera, provincia di Agrigento, Sicilia. Da novembre ad aprile, circa, vende i suoi ed altri prodotti siciliani in piazza Marconi a Vimercate ( da non più di dieci giorni vende anche delle ottime spremute d'arancia.
Per il blog ha scritto questa ricetta di insalata d'arance. L'ha scritta in siciliano "camillerico" o commestibile, come dice lui, intendendo quello che può essere compreso anche da chi non è siciliano.
Tra gli ingredienti sono indicate le arance Washington Navel di ribera: dove le potete trovare? Da lui, naturalmente. M:B:


NZALATA D'ARANCI
 
Ingredienti:
Arance Washington Navel di Ribera  
Sali
Oglio extravergine d'oliva
Spezzi nivuri (pepe nero)
 

Ingredienti a piacere:
Aulivi virdi scacciati
Cipudde  o cipuddette
Acciughe possibilmente intere
 




Preparazione:
Puliziare l'arance della scorcia.
Tagliari a pezzi trasversali pi faricci nisciri lu sucu. Po metticci lu sali, li spezzi (pepe nero) e l'oglio d'oliva.
Aggiungere gli ingredienti a piacere, mescolare bene e fare macerare per circa 10 minuti. Ed ecco ch'è pronta la nzalata!!!
 

Avvertenza: la nzalata senza l'ingredienti a piacere è comu un temporali senza lampi.

IL MESTIERE DI SINDACO: ARMANDO VILLA, SINDACO DI VERDERIO SUPERIORE DAL 1955 AL 1995 - prima parte - di Marco Bartesaghi

I "Muleta" e i "Geta". I primi, di cognome Villa, a Cascina Provvidenza (detta anche "di Muleta"); gli altri, Motta, a cascina San Carlo ( o "del cürà", o "di Geta"). Nei primi decenni del '900, due fratelli e una sorella dei "Muleta" sposano due sorelle e un fratello dei "Geta". Da uno di questi matrimoni, quello fra Angelo Villa e Francesca Motta, il 3 febbraio 1930 nasce Armando, che sarà ininterrottamente sindaco di Verderio Superiore dal 1955 al 1995: un pezzo di storia, senza dubbio alcuno.

Cascina Provvidenza o "del muleta", situata subito dopo il cimitero


Cascina San Carlo, in via San Carlo, trasversale di via Sernovella
 
Sono a casa sua per chiedergli della lunga esperienza di amministratore locale, ma la chiacchierata inizia, e si protrae per più di un ora, sulla famiglia, gli studi e il lavoro
Marco - Suo papà era dei "Muleta": questo soprannome fa riferimento al lavoro dell'arrotino?
Armando - No. Alla Cascina Provvidenza abitava uno zio di mio padre che di mestiere faceva il "mediatore"nella vendita del bestiame. Una volta il mediatore aveva l'abitudine di "brancare", cioè prendere, la mano del venditore e non mollarla, gridando intanto "mola! mola!", finché questi non acconsentiva a "transare" il prezzo. Da questo "mola! mola!" è venuto fuori "muleta" e quindi "casina del Muleta". Mio padre era rimasto privo dei genitori in giovane età ed era andato a vivere con questo zio: una volta c'erano le famiglie ampie e si usava così.

Angelo Villa e Francesca Motta, genitori di Armando Villa. Dietro la foto di Angelo una data: 24 maggio 1936
 
M - I suoi genitori avevano l'osteria dove adesso c'è il Bar Sport?
A - Anche questa è una storia da raccontare. Dallo zio mio papà aveva imparato l'arte del "mediatore", senza però mai farlo. Lui aveva iniziato a fare il commerciante di bestiame e, pur tornando in famiglia per dormire, era a pensione all' "Osteria della Brianza con Salsamentario" (cioè un'osteria con alimentari). Il proprietario aveva moglie e due figlie, ma solo lui praticamente seguiva il negozio: la moglie partecipava molto poco, per niente le due figlie, che preferivano andare a Milano a frequentare teatri eccetera, insomma si divertivano 'ste ragazze, non facendo comunque niente di male. A un certo punto il proprietario s'è stufato ed è subentrato mio padre, che intanto si era sposato e aveva avuto il primo figlio, mio fratello maggiore che adesso ha 96 anni. Dalla cascina sono venuti ad abitare sopra l'osteria.

M - Un fratello di 96 anni? Abita a Verderio?
A - No. Nel 1945 si è trasferito a Casate, dopo il matrimonio. Lui, Francesco, era il primo di cinque fratelli, fra cui una bambina morta in tenera età. Io sono l'ultimo. Ora siamo rimasti solo io e Francesco: Luigi, il secondo è morto di leucemia nel '62; Ambrogio è "rimasto" in Russia.

Tutti e tre nell'ultima parte della guerra erano soldati. Francesco, che alla visita di leva venne ritenuto inabile, fu richiamato più tardi e assegnato alle batterie contraeree nella caserma di Como. Tornerà a casa dopo l'armistizio.

Luigi, arruolato mi pare nel '41, era a Trieste come istruttore nel battaglione reclute. Era sergente perché quando l'hanno chiamato era già diplomato. Anche lui è tornato a casa nel '43, dopo l'armistizio.

Luigi Villa
Ambrogio è stato chiamato un anno dopo, nel '42, perché era ancora liceale. Ha fatto il periodo di addestramento a Varese e poi, in aprile, è partito per la Russia. L'ultima sua lettera è arrivata la vigilia di Natale: aveva ricevuto il pacco da casa ed era contento per le maglie di lana e per le immaginette della Madonna che la mamma gli aveva messo dentro su sua richiesta: le distribuiva alla popolazione russa, desiderosa di averle. Sperava di arretrare dalle prime linee per festeggiare il Natale.
Ambrogio Villa


M - L'ultima lettera?
A - Sì, l'ultima. Poi più niente. Qualche anno fa abbiamo saputo che è stato seppellito in una fossa comune, dopo essere stato fatto prigioniero ed aver soggiornato in un ospedale da campo russo. Queste sono le notizie che ci ha dato il ministero della difesa, l'ufficio che si occupa del recupero dei soldati morti e dispersi.
Cortile del collegio Alessandro Manzoni


M - Lei e i suoi due fratelli, Luigi e Ambrogio, avete frequentato le scuole superiori? Una cosa anomala per quel tempo a Verderio, no?
A - Sì, per Verderio Superiore sì. Loro hanno studiato a Merate, al collegio Manzoni. Lì hanno frequentato l' "Istituto", perché ancora non c'erano le scuole medie. Poi si sono trasferiti a Bergamo in un altro collegio privato, l'Istituto Mascheroni. Luigi, che faceva le magistrali è riuscito a finire; Ambrogio frequentava la terza liceo quando l'hanno arruolato e poi è finita lì.
Mi ricordo che a Merate erano "interni", non venivano a casa. Qualche domenica, io, il papà e la mamma, andavamo a trovarli con il cavallo e poi andavamo a fare una passeggiata a piedi sulle alture di Merate, dove c'erano le ville. Loro erano un bel po' più anziani di me: Luigi del '20, Ambrogio del'21.

Due fotografie di Armando Villa bambino. La seconda è stata scattata il giorno della prima Comunione


M - Come era vista in paese questa "anomalia"?
A - Questo distinguersi nettamente dagli altri è stato il motivo per cui la popolazione di Verderio ce l'aveva un po' con la mia famiglia. Allora, ad esempio, c'erano tre osterie: ul prestiné, ul furanèl e 'l muleta. I figli del prestinee e del furanel hanno continuato nella loro attività e non si sono staccati dal loro modo di vivere.  Invece mio fratello maggiore, Francesco, ha preso l'attività del padre e l'ha ampliata , nel senso che è diventato un commerciante abbastanza robusto di vitelli, di vacche; ha aperto stalle a Bernareggio e a Casate; trattava con i contadini, comprava e vendeva. Il mestiere che prima faceva anche mio padre che, una volta alla settimana o ogni quindici giorni, andava in Veneto a comprare il bestiame sui mercati, e poi lo rivendeva. Andava in treno, partiva il mercoledì o il giovedì e tornava il giorno dopo.
Negli anni trenta poi,  il papà aveva una macchina, una 501, che non sapeva guidare e perciò aveva un autista di Robbiate che lo accompagnava sui mercati. Poi ha imparato a guidare mio fratello e allora lo portava lui. Mi ricordo che qualche volta la domenica andavamo a Barzio, a Introbio, a Pasturo. Il papà doveva riscuotere da quelli a cui vendeva i vitelli. Per noi era un giornata di vacanza.
In seguito abbiamo avuto un furgone, un 1100 rosso, che durante la guerra, per non farlo requisire, era stato nascosto sotto il fieno in un cascinotto vicino al cimitero, dove adesso hanno costruito
Insomma tutte queste cose, - la macchina; il fatto che il papà fosse, come tutti, un contadino ma che avesse voluto cambiare, emergere; i figli a scuola - tutto questo ha fatto sì che la gente di allora ce l'avesse su un pochino. Però niente di grave, non è mai successo niente: era una comprensibile invidia.

M - Ma chi mandava avanti l'osteria? Sua mamma?
A - Mia mamma e una zia, sorella del papà, che non si è mai sposata ed è sempre vissuta con noi.
M - Lei non aiutava?
A - Sì, un pochino.
M - Fino a quando l'avete tenuta?
A - Fino al 1960.
M - Mi parli della sua esperienza scolastica
A - Ho iniziato ad andare a scuola un anno prima dell'età giusta, perché sono di febbraio e i miei non volevano che perdessi un anno. Alle elementari in classe con me c'era anche qualcuno del '26 e del '27.
M - La scuola era all'ultimo piano del comune?
A - No era a piano terra, in due grandi saloni e una classe era all'asilo. In alto c'era una famiglia della "curt di Benedit", messa lì dall'amministrazioni che ci ha preceduto dopo il crollo della corte; un'altra famiglia, i Pedrini, erano nella "maternità", la villetta davanti all'ex ambulatorio, ora sala Zamparelli. e un'altra ancora a piano terra del comune, nel locale che dietro il bancomat.

M - Dopo le elementari?
A - Ho fatto le scuole medie a Merate. Ci andavo con una piccola bicicletta dipinta di bianco, perché in tempo di guerra- per non farsi vedere durante il giorno dagli aerei che bombardavano, e di notte invece, al contrario, per far vedere che si era in giro - c'era l'obbligo di dipingere tutto di quel colore. Alle medie ero l'unico di Verderio.

M - E dopo?
A - Quando ho finito le medie, nel '44,  eravamo in guerra e il treno che andava a Bergamo veniva quando veniva. Ho perso un anno, fino all'ottobre/novembre del '45. Dopo le medie mi sembrava di non voler più studiare. Però a casa mi hanno messo "sotto la stanga", diciamo così, e allora ho capito che era meglio andare a scuola. Ho chiesto a mio fratello Luigi di iscrivermi dove era comodo studiare e lui ha detto : "ti iscrivo ai periti". C'era meccanico, elettricista, chimico e chimico tintore. Ho scelto chimico, ma la sezione era completa: se volevo c'era posto nel "chimico tintore". Mi sono iscritto lì: non sapevo neanche cosa volesse dire.

M - Un caso insomma
A - Sì, un caso. Il primo giorno sono andato fino a Bergamo in bicicletta, insieme all'Alberto Comi. Mio fratello mi ha accompagnato. Per fare meno strada, da Calusco a Ponte San Pietro abbiamo percorso un sentiero che costeggiava la ferrovia. Invece, nei giorni successivi, andavo in bicicletta fino a Ponte san Pietro; da qui partiva il tram che portava in centro a Bergamo e da lì, a piedi per un paio di chilometri arrivavo all'Esperia. Alla sera, le lezioni  finivano alle 18, ritorno: piedi, tram e bicicletta.
Una mattina è venuta mia mamma a chiamarmi e le ho detto: "mama, a vo pü a scöla" e lei "sta lé". Poi però è andata da mio padre e gli ha detto: "Chel bagaj là dis chel vör anda pu a scöla" e lui: "se l'à di chel là? Digh che l'à cumincià, el g'à de finì". Sono saltato fuori dal letto e sono andato fino alla fine: cinque anni.

Armando Villa, a sinistra , con due amici. Aprile 1945
 
M - E come se la cavava?
A - Abbastanza bene però in terza io e i miei compagni l'abbiamo combinata grossa. Per il laboratorio di chimica ci davano in dotazione gli strumenti di analisi: bicchieri, beute, pinzette, pipette. Se durante l'anno li rompevamo ci venivano addebitati. Alla fine del terzo anno, un giorno il bidello ha lasciato aperto l'armadio e io e i miei compagni ne abbiamo approfittato per recuperrare tutte le cose che ci mancavano. Siamo stati rimandati tutti a ottobre in tutte le materie. Ho dovuto studiare tutta estate. Mi ricordo che avevo ancora in casa i manifesti elettorali del 1948 e li tagliavo e li usavo come fogli di brutta copia. Ala fine, di 11 o 12 che aravamo, siamo rimasti in 5: gli altri tutti bocciati. In quarta ho avuto uno sbandamento a fine anno e sono andato a ottobre in quattro materie. Però, anche lì, pancia a terra e l'ho superato. Invece in quinta mi sono diplomato abbastanza bene: io e un mio compagno siamo stati promossi subito, a luglio, gli altri dopo gli esami di riparazione a settembre.

M - Finita la scuola il lavoro ...
A - finito l'esame un assistente di chimica mi ha chiesto se volevo rimanere a scuola a fare anch'io l'assistente. Ma a me con il diploma mi sembrava di avere il mondo in mano: "Sono un perito. No, non sto qui a Bergamo" mi sono detto "troverò da lavorare". Ho visitato varie aziende, ma per un anno e mezzo non ho trovato posto. Poi, attraverso Rodolfo Gavazzi, che aveva casa a Verderio, era imparentato con i Gnecchi ed era anche consigliere comunale, sono andato alla Lanerossi di Vicenza, dove lui era presidente del consiglio di amministrazione.

M - Quindi è emigrato da Verderio.
A - Sì, sono praticamente emigrato per tre anni, dal '52 al '55. Quando Gavazzi mi ha assunto mi ha detto: "Guarda che da te esigerò di più di quello che esigerò dagli altri: non voglio che qualcuno dica che mando qui gente che non sa fare il suo mestiere". I primi mesi ho fatto l'operaio; dopo mi hanno messo intermedio e sono diventato tintore. La tintoria era un reparto abbastanza grosso, con operai che lavoravano su tre turni, 4 o 5 tintori, tre diplomati e il vecchio capo. Un duro, sempre alla scrivania con le gambe incrociate: "cià bragheto, vien qua", diceva in Veneto. Sputava sempre sentenze, ma era un buono: un burbero, ma capace. Alla Lanerossi ho conosciuto mia moglie, che era impiegata dove facevano i filati.

M - Siamo arrivati al 1955...
A - Nel '55 la Lanerossi ha aperto una fabbrica a Vimodrone, dove volevano mettere in atto nuove strategie, ideare nuovi progetti e, seguendo il mercato, nuovi prodotti. Una struttura snella, dove mandavano gente abbastanza preparata, scegliendola nei vari reparti: filatura, tessitura, tintoria, finissaggio. Per la tintoria avevano scelto uno più anziano di me, che aveva più esperienza. Però lui non si trovava bene - ... la moglie ... eccetera - e voleva tornare. Allora io mi sono fatto avanti. Sono stato lì sei mesi circa, poi è morto l'ingegner Invernizzi, che era stato assunto per avviare lo stabilimento. Via lui non ci hanno più creduto e hanno chiuso. Mi hanno proposto di tornare a Vicenza, ma io ho preferito licenziarmi.

Dopo poco ho trovato lavoro a Milano, in via Solferino, in un laboratorio che preparava colori e prodotti ausiliari per le tintorie e anche altri per colorare il mangime per i polli. Sono stato lì solo sei o sette mesi, perché non mi piaceva. "Me pareva de vess un barbé sü la porta del negozi", dovevo indossare un grembiule bianco e per vedere il colore dei campioni mi toccava andare sul marciapiede alla luce del sole.

M - Faceva il pendolare?
A - Sì, andavo avanti e indietro in macchina: avevo una Topolino. A Verderio ero tra i pochi  ad avere una macchina, c'erano solo delle motorette, anche queste poche,  e per il resto biciclette.

M - Un altro primato...?
A - Sì, ma avevamo avuto anche quello del telefono, che serviva a mio padre per il suo lavoro, per comprare e vendere. La centrale telefonica era a Merate e avevano dovuto fare una linea apposta da Merate a Verderio. Avevamo il numero 6: penso volesse dire che, nel meratese, avevamo il sesto telefono. Dopo l'hanno messo i Gnecchi, il comune e il "prestiné"

M - Il vostro era anche telefono pubblico?
A - No, mio papà non aveva voluto avere il telefono pubblico, che in seguito era stato messo all'osteria del prestiné. Però la gente, se c'era una disgrazia o un bisogno, veniva lì a telefonare. Insomma era a disposizione.


Armando Villa a Barzio nel 1947


M - Torniamo al lavoro: dopo sei o sette mesi lascia il laboratorio di Milano...
A - Dopo un sette mesi Alberto Comi mi telefona e mi dice che dove andava lui a comprare i filati da tessere, l'azienda Piazza di Villasanta, cercavano un tintore. Mi sono presentato e mi hanno assunto subito.

M -  Quindi Alberto Comi aveva già la tessitura?
A - Prima ancora che nascesse, suo papà aveva la tessitura in quel edificio di mattoni vicino alla chiesa vecchia. Metà capannone era suo e metà, la parte dietro, del Peci, che faceva ferro battuto. Quando Peci, nel '37 - '38, è andato via, Comi ha occupato tutto lo stabile.

L'edificio che ospitava la tessitura Comi
 
Da Piazza a Villasanta sono stato per cinque anni e ho fatto una discreta esperienza. Il padrone, il sciur Fontana, era uno che sapeva il suo mestiere e che aveva soldi. A un certo punto ha avuto un incidente stradale e l'azienda l'ha mandata avanti il cugino. Con lui non mi trovavo tanto bene: era un burbero. El me ciamava cul bastùn, el me ciamava in mes al curtìl: "te gh'e fà ul lavorà al chel là?"
Magari il giorno prima mi aveva detto "chel lì el paga mia, faghel mia ul laverà a chel lì!". Poi quello andava a pagare e allora: " te ghe fa ul lavorà a chel om chi? Se speciet a faghel?". E così la colpa era sempre mia e io non accettavo tanto questa cosa. Era proprio un padrone. Quando era nato mio figlio Danilo, gli avevo chiesto gli assegni famigliari: "Quali assegni famigliari? Num em fisà 'na suma e la suma le quela!!!" Prendevo 70.000 lire al mese e non voleva darmi gli assegni famigliari. Sono andato dall'impiegato, che era sindaco di Villasanta, che mi ha detto: "dai, dai, ci penso io, ci penso io"
E anche li ci sono stato 5 anni.

M - Poi ha lavorato alla Bassetti?
A - Sì, attraverso un fornitore di prodotti chimici, ero venuto a sapere che al reparto tintoria della Bassetti cercavano tintori e ho fatto domanda. Loro hanno chiesto informazioni al comandante dei vigili di Verderio. Eravamo già negli anni sessanta e io ero già sindaco. Allora ho risposto io. Mi hanno chiamato, ho fatto due colloqui e mi hanno assunto: avevo la responsabilità della tintoria, del magazzino del tessuto greggio in arrivo e dell'impermeabilizzazione, un reparto con due operai per turno che produceva i teloni per la copertura dei camion: c'era una produzione notevolissima.

M - Quanto tempo è stato alla Bassetti.
A - O fa vint e pasa ann, finché sono andato in pensione.

M - Era nello stabilimento di Vimercate?
A - Sì, nel reparto vecchio. Poi hanno rinnovato tutto. Ci sono a proposito alcune curiosità che riguardano Verderio Superiore...

M - Mi dica
A - La scrivania del sindaco? Era la mia scrivania di quando lavoravo alla Bassetti. Il cancello del cimitero, quello che adesso è stato messo sul lato destro in fondo? Arriva anche quello dalla Bassetti. Come del resto i fusti di cloro che utilizzavamo per potabilizzare l'acqua della Fonte Regina. Era un compito che svolgeva Nunzio con un serbatoietto: non è che fosse una cosa controllata al cento per cento però ... insomma ... tra zero e qualcosa ... Allora ci si arrangiava così ....

M - Non abbiamo detto niente della sua famiglia
A - Nel 1956 mi sono sposato con Artilla Garzaro ...

M - ...sua collega quando lavorava in Veneto. Ha un figlio, e quanti nipoti?
A - Tre.

M - Pronipoti?
A - Uno ... anzi una ... in arrivo fra qualche settimana

M - Emozionato?
A - Eh, un pochino sì. Non è che senta gli anni però ogni tanto quei pensieri lì vengono ...


FINE PRIMA PARTE - CONTINUA