giovedì 26 gennaio 2012

DIARIO DELLA MIA VITA MILITARE di Aldo Colombo - prima parte

La legge che il 20 luglio 2000 ha istituito il "Giorno della Memoria", invita a ricordare, fra gli altri, anche "gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia e la morte". Molti dei nostri concittadini deportati in Germania erano militari che si dovettero arrendere ai tedeschi immediatamente dopo l'8 settembre 1943. Aldo Colombo,  autore di questo resoconto di vita militare e di prigionia, era uno di loro. Nato il 14 febbraio 1922 a Monza, nel 1942 venne chiamato in Marina e, dopo i corsi di specializzazione a La Spezia, imbarcato sul cacciatorpediniere Castelfidardo. Dopo l'armistizio dell'8 settembre la nave fu catturata dai tedeschi e Aldo, insieme al resto dell'equipaggio, fu fatto prigioniero e deportato in Germania in un campo di lavoro.
Liberato alla fine del conflitto, tornò a casa e trovò   lavoro come operaio alla CGS di Monza, ditta dedita alla produzione di oggetti in plastica.
Si sposa nel 1956 e dal suo matrimonio nascono quatro figli. Aldo Colombo è morto il 7 agosto 1997.
Questo resoconto della sua vita militare e del periodo di prigionia è scritto a mano, con una penna biro, su un quaderno a quadretti con spirale del quale occupa ventun pagine. Risale probabilmente agli anni ottanta del novecento, quindi a diversi anni dopo lo svolgimento dei fatti. Stefania, la sua figlia maggiore e mia cognata, aveva sentito parlare diverse volte di questo quaderno dal padre, ma lo ha potuto leggere solo dopo la sua morte. A lei, giusto un anno fa, ho chiesto di poterlo pubblicare sul blog ma, per una sorta di pudore, mi aveva negato il permesso . Ora, senza una mia ulteriore richiesta, ha deciso di acconsentire alla pubblicazione: sono sicuro che la decisione è stata per lei difficile, per questo le sono particolarmente riconoscente. Data la lunghezza del testo lo pubblicherò in due parti: la prima dall'arruolamento all'armistizio: la seconda il  periodo di prigionia. M.B.

DIARIO DELLA MIA VITA MILITARE di Aldo Colombo
20 - 7 -1942
Parto con l'ultimo scaglione della classe 1922, essendo classificato nel corso elettricisti, perciò trattenuto circa cinque mesi in più a casa.
Arrivo a La Spezia: al deposito C.R.E.M. (1) l'indomani mi trasferiscono alla banchina presso l'Arsenale su di un transatlantico in riposo adibito a trasporto di prigionieri o meglio a truppe. Dopo parecchi giorni torno di nuovo al Deposito e mi donano le doppie divise e pernotto al camerone del terzo piano. Dopo una decina di giorni mi inviano alla scuola [...] di Varignano (2), situato a destra del golfo di La Spezia, vicino a Le Grazie e Porto Venere ove c'è una batteria costiera. La vita alla scuola certo è un po' rigida, la tromba suona sempre, dal mattino alle 6 alle 8 di sera; tutti i giorni si fa istruzione anche sul mare con vari tipi di nave e vari tipi di idrofoni. La franchigia (3) c'è solamente due volte alla settimana, e si deve prendere il vaporetto che in un quarto d'ora ci porta in città. Rimasi alle Scuole circa due mesi finché venne il termine del corso e fui anche qui classificato e così dopo essere interpellato per rimanere presso il centralino telegrafico, dopo il mio rifiuto mi trasferirono di nuovo al Deposito C.R.E.M. e qui mi inviarono in città ai lavori presso un rifugio antiaereo, stipendiato come un lavoratore civile, aggregato alla Capitaneria di Porto, che andavo solo a mangiare al mezzogiorno e quindi terminato il lavoro alla sera ritornavo al Deposito. Questa mia nuova occupazione durò qualche mese, quindi in seguito mi aggregai al Casermaggio come pompiere. Anche lì stavo abbastanza bene, ho avuto parecchie conoscenze, si lavorava un po' ma in compenso ci si distraeva, c'era meno preoccupazione specialmente di fare la guardia.
La prima pagina del diario di Aldo Colombo
Si arrivò al 5 giugno 1943, il giorno in cui potei usufruire di un permesso di 5 giorni, malgrado mi aspettava di diritto una licenza di 15 che pensavo di farla più tardi, ma purtroppo fra una decina di giorni avvenne la catastrofica situazione in conseguenza del bombardamento di La Spezia (4) di notte che c'era un chiarore come fosse di giorno tanto era l'incendio un po' dappertutto, specie sulle colline adiacenti la città, ove erano istallate le batterie contraeree che sono state addirittura annientate. Ricordo bene quella notte e non la scorderò mai più in vita mia. Erano circa le due di notte, quando, dopo ulteriori allarmi dei giorni scorsi , fummo svegliati di soprassalto senza preallarme. È stato un susseguirsi di fughe tanto era sentore che doveva venire il momento decisivo, io mi misi la tenuta di macchina, i sandali e la coperta in sulle spalle e via di corsa verso la galleria della ferrovia che distava circa un kilometro dal Deposito. Non feci in tempo ad entrarvi che, prima sentimmo il ronzio degli apparecchi nemici, poi vedemmo molti "bengala" cadere ad di fuori e mentre mi incamminavo dentro un centinaio di metri, che sentimmo un boato e uno spostamento d'aria e polvere che ci buttò per terra. Perché e posso dirmi fortunato, che se ritardavo 5 minuti forse in questo momento ... non potevo scrivere le mie memorie.
E così quando ci incamminammo per il tragico ritorno, io cercai in fretta di entrare in Deposito, ma quando passai vicino al deposito vestiario, fui trattenuto dai carabinieri, per aiutare a sgomberare il materiale che pericolava per l'incendio e così non potei entrare in tempo nella caserma e ricuperare i miei zaini che erano proprio nel camerino in preda alle fiamme. Notai che la metà del deposito, la parte verso il porto era stata colpita e demolita dalle bombe proprio in fila. E così mio malgrado, mi trasferirono dopo parecchi giorni a Marina di Massa e lì si decise la mia nuova vita militare, perché ci spedirono tutti imbarcati, noi che eravamo rimasti a terra ... Si era i primi di luglio quando venni destinato in cerca della mia nave, prima a Napoli, che stetti circa una settimana, poi a Brindisi. Anche li attesi il fonogramma che arrivò circa 5 giorni, che mi inviava nientemeno che in Grecia e precisamente al Pireo.
Partimmo una sera su di un piroscafo carico di materiale bellico, assieme a 4 altri marinai alla volta dell'Albania, sempre con la preoccupazione di essere attaccati dai sommergibili inglesi. Ricordo che ci scortò un cacciatorpediniere e un aereo fino al tramonto, su di un mare calmo e così ci coricammo naturalmente vestiti e con addosso il salvagente, assaporando la frescura della notte, a parte la paura, finché all'alba avvistammo le coste frastagliate dell'Albania e arrivammo così al porto di Valona, che rimanemmo al largo circa qualche ora, poi ripartimmo in rotta per Corfù e Patrasso che arrivammo verso sera e così sbarcammo finalmente, ma dovemmo stare attenti perché la zona era infestata dai ribelli, tanto che dovevamo uscire armati di fucile.
Dopodiché il giorno presso prendemmo il trenino per Atene che durò tutto il giorno, in mezzo a una regione arida, come la nostra terra meridionale perché si vedeva poco verde, solo vigneti e ulivi. Arrivammo quindi sulla tarda sera verso le 8 e dovemmo sostare davanti al Comando M. perché i nostri superiori avevano poco rispetto per noi, che venivamo dalla lontana Patria mandati chissà per quale motivo, certo non per dare il cambio agli anziani. Quindi dovemmo dormire sul marciapiede e la mattino presto fummo svegliati dai monelli, grechi che ci lanciarono delle latte per farci spaventare. Poi quando consegnammo il nostro "foglio di viaggio" al piantone ognuno fu inviato al proprio posto destinato.
Da me venne un sottocapo di Mantova, che mi accompagnò al bacino dove stava già da 15 giorni la nave o meglio il "Castelfidardo" (5) che poi in seguito dovetti sbarcare al famoso 8 settembre 1943. Prima di riprendere la navigazione, stetti ancora una decina di giorni in bacino, io ero addetto alla caldaia, ogni due giorni si poteva andare in franchigia, armati solo della baionetta, si andava in compagnia di amici, per le vie del Pireo, dai "tabarch" e cinema e qualche volta si prendeva il trenino per Atene che distava una decina di chilometri.
Il cacciatorpediniere "Castelfidardo"
 Sul finire del mese di luglio si cominciò a navigare, prima si fece i tiri, poi scortò i convogli verso le isole dell'Egeo, quali Samos, Rodi, Lero ecc, sempre avanti e indietro, cioè che era la nostra mansione di vedetta. Quanto prima di navigare ci capitò un vero allarme aereo e ricordo che in quel momento ero di guardia in locale macchina dove avevano appena riparato una turbina, che bastava un granello di sabbia per rovinarla. Quindi sentii un gran frastuono di scoppi e mitragliamento quindi salii sulla scaletta, e dall'oblò vidi qualche cosa che cadeva in mare verso l'ingresso del porto, poi seppi che erano due aerei inglesi, che rasenti il mare tentavano di sorprendere le navi che stavano in porto, ma purtroppo le hanno buscate ... ed io nel frattempo che dopo il cessato allarme ero ridisceso, per mia sbadataggine non chiusi il 2° oblò e così il comandante in seconda mi diede un cicchetto. In quei pochi giorni che ero imbarcato sentivo una forte malinconia, perché oltre ad essere lontano da casa, il confronto di quando ero a La Spezia, non era tanto incoraggiante, tanta era la fame che avevo, forse quel terribile caldo che si sentiva in caldaia, quel poco che si beveva veniva fuori con il sudore. Io poi ero addetto ai livelli della caldaia, quindi ero proprio a basso con l'altro fuochista al barometro, mentre sopra c'erano i ventilatori con un sottocapo. Le ore di servizio erano 4 e 4 di riposo ma si doveva essere disponibile, quindi anche di notte, si doveva rimanere in coperta, vicino al posto di servizio. Poiché la nostra unità era un vecchio "trepippe" così chiamato perché era un tipo poco moderno e in più era logorato dal continuo servizio.
Cosa che ricordo bene, perché quando ero in servizio in caldaia, che si doveva stare a dorso nudo per il caldo, sentivo le gocce di acqua bollente che mi venivano sulla pelle. E così dopo diverse missioni, venne anche l'ultima, almeno si sperava, ma purtroppo finì per essere la penultima. Si era al 4 o 5 settembre, già per mezzo della radio si sentiva che gli alleati erano sbarcati in Sicilia (6) e quel giorno eravamo accostati alla banchina dopo parecchie ore che ritornammo da Rodi ci venne comunicato, dal segnalatore, che dovevamo partire e scortare un convoglio per Taranto. Grande era la nostra gioia e tanto più per me che non ne potevo più e intravidi almeno la possibilità di avvicinarmi a casa, presagendo che arrivava anche la fine della guerra. Ma purtroppo la mia gioia durò poco ... cioè quando facemmo rifornimento e lasciammo il Pireo, passando per il canale di Corinto, ricordo che quando si era in mezzo era notte e il mio sottocapo, un mantovano, mi mandò su qualche minuto a prendere una boccata d'aria, ricordo che rimasi senza fiato tanto era la corrente d'aria.
Quindi si passò e verso Patrasso, assieme ad una corvetta tedesca, scortammo due piroscafi diretti come ho detto a Taranto. Avevamo passato l'isola di S. Maria e si era in rotta verso Corfù, quando ci pervenne un fonogramma, di ritornare al Pireo. Mentre il convoglio proseguiva, con la scorta della sola corvetta tedesca, ritornammo amareggiati, ma purtroppo comandavano i tedeschi, verso Argostoli (la capitale dell'isola di Cefalonia, dove fra una decina di giorni morirono molti soldati italiani). Lì ci diedero l'ordine di salvare un aereo di ricognizione caduto in mare da due giorni, poveri noi ... cioè poveri loro, che con il mare a 8 e cioè molto agitato, stavano i cinque uomini dell'equipaggio, che recavano i segni del mal di mare. Quando dopo parecchie ore avvistammo l'aereo e vedemmo che anche una motovedetta giunse assieme a noi, quindi a fatica ci lanciammo delle funi a una cinquantina di metri e così piano piano li issammo a bordo, molto provati e esausti.
Poi tornammo direttamente al Pireo tramite il canale di Corinto e lì sbarcammo rinfrancati.
Cosicché dopo aver fatto di nuovo i rifornimenti ripartimmo per l'isola di Creta e precisamente nella baia di Suda dove giungemmo dopo due giorni, proprio il famoso "8 settembre". Si era al mattino presto quando accostammo fuori dagli sbarramenti (si vedeva il famoso incrociatore inglese York (7), semiaffondato) assieme ad un altro cacciatorpediniere, il Solferino (8), che era più moderno, e dopo parecchie ore una motolancia tedesca ci venne presso e ci ordinò di accostare alla banchina e così facemmo, rimanendo in trappola, perché dopo l'annunzio dell'armistizio, proclamato da Badoglio, alle 8 di sera non potemmo più intravedere uno spiraglio di uscire e tentare la fuga di notte. Certo che dopo la libera uscita avuta per visitare un po' l'isola e principalmente la "Canea", non ci ha portato fortuna, perché oltre ad averci chiamato in anzitempo, ci hanno imposto di prepararci ad ogni eventualità. E così fu perché alla chetichella, attendendo il buio, il comandante ci impose, contro la nostra volontà, e anche sotto minaccia di una rivoltella, di avviare tutte e tre le caldaie e tentare l'uscita, cose che era impossibile perché eravamo chiusi dagli sbarramenti e voleva di sicuro andare a fondo e per me fare la fine del topo. Ricordo che i tedeschi ci spiavano, ci mettevano addosso i riflettori per vedere le nostre intenzioni, finché venne il sospirato momento che i comandanti delle due unità decisero di arrendersi ai tedeschi. E così, dopo due mesi di imbarco cessavo il servizio militare alla Marina Italiana aggiungendo l'annata passata alla scuola e altri servizi, abbastanza soddisfacenti. Il destino à voluto che proprio nella località più lontana, che tutt'ora le FORZE ITALIANE avevano, caddi prigioniero sebbene con l'illusione che ci avrebbero spediti a casa.

NOTE
1) C.R.E.M., Corpo Reali Equipaggi Marittimi
2) A La Spezia, in località San Bartolomeo, erano concentrate le "Scuole Specialisti" della Regia Marina Militare mentre a Varignano era stata istituita la "Scuola Radiotelegrafisti e Semaforisti"
3) La "franchigia" è il permesso di scendere a terra concesso a marinai di una nave ancorata in un porto
4) Il testo, che in questo punto è un po' confuso, dovrebbe riferirsi al bombardamento che colpì la città di La Spezia il 5 giugno 1943.
5) Il "Castelfidardo" era un cacciatorpediniere della regia Marina. Catturato dai tedeschi a Suda, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943., fu incorporato nella Kriegsmarine.
6) Lo sbarco in Sicilia avviene il 10 luglio 1943
7)"Nell'attacco alla Baia di Suda sei incursori della Xª Flottiglia MAS (Regno d'Italia), speciale unità d'assalto della Regia Marina italiana, a bordo di altrettanti barchini esplosivi affondarono con le loro testate esplosive l'incrociatore pesante inglese York e danneggiarono pesantemente la petroliera norvegese Pericles, che affondò in seguito"  http://it.wikipedia.org/wiki/Attacco_alla_Baia_di_Suda    .

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