domenica 23 dicembre 2012

BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO


Disegno di Marta Cattazzo

IL "SUPEN DE NATAL" E ALTRE RICETTE NATALIZIE DELLE FAMIGLIE DI VERDERIO

Ho chiesto ha un buon numero di amici abitanti a Verderio, originari di qui o provenienti da altri luoghi d'Italia o d'Europa, di raccontarmi le ricette natalizie delle loro famiglie. Speravo di ottenere abbastanza risposte per poter formare un menù completo, dall'antipasto al dolce. Purtroppo le risposte sono state poche. Eccole.

"SUPEN DE NATAL" di Giulio Oggioni

 Io  conosco una ricetta che mi preparava mia madre e che mi raccontava.

Al mattino loro andavano a Messa delle sei. Usciti di chiesa, don Carlo Greppi, parroco dal 1923 al 1951, invitava degli zampognari (di solito nei dintorni ve ne erano alcuni con le pecore: soprattutto bergamaschi).Tornati a casa, svegliavano i bambini e tutti attorno al tavola della cucina mangiavano il “Supen de Natal”, la zuppa di Natale.

Consisteva in un brodo di gallina al quale aggiungevano un pezzo di lardo (successivamente sostituito da burro fatto in casa) con alcune fette di pane raffermo dei giorni precedenti. I più fortunati, aggiungevano anche un goccio di latte e abbondante formaggio grattugiato. Gli anziani preferivano il pane di segale, “pon giald” , al pane. E’ una colazione sicuramente diversa dai giorni nostri. Loro la facevano tutte le mattine. L’unica differenza era che per Natale il brodo era di gallina, quindi più gustoso e prelibato, del solo lardo degli altri giorni.

Mia madre diceva che una zuppa così “medegava”, medicava,  tutto il corpo.

 Si mangiava in cucina o vicino al camino.

Giulio Oggioni


IL "BISATO" di Leonardo Pavin

La cucina veneta della mia zona era una cucina povera , basata sui prodotti locali : terra e mare. Durante tutto l'anno si mangiava per vivere non viceversa, ma, in alcune circostanze, si facevano delle eccezioni : le donne rimanevano un po' di più ai fornelli ed elaboravano, con la loro fantasia, i piatti tradizionali, sia di terra - tagliatelle, gnocchi, polenta, animali di cortile, maiale -  che di mare - pesce e crostacei.
Nella notte di Natale si pregava, non c'era il veglione a tavola, se non nelle case dei ricchi.
Il giorno di Natale si preparavano un po' di salumi per antipasto, un buon brodo per le tagliatelle, un cappone (oppure: anatra, coniglio, faraona) al forno (senza ripieno), oppure un piatto di pesce, specie l'anguilla , "il bisato"

Ecco la ricetta del "bisato" :
fare a pezzi una bella anguilla (meglio il capitone);
infarinare;
rosolare, aggiungere un po' d'olio, un bicchiere d'acqua,  un po' di cannella, un barattolo di conserva (quella ristretta fatta in casa);
a cottura servire bella calda sopra la polenta bianca .
 

Come vedete non era un piatto elaborato,  tipo quelli della cucina piemontese (che prendeva molto dalla cucina francese ) o lombarda .
 

 Leonardo Pavin


PIATTI NATALIZI IN VALLE D'AOSTA di Maria Grazia Zigiotto

Abito in Lombardia da diveersi anni e da qualcuno a Verderio Superiore, ma sono nata e ho vissuto finoi a vent'anni in Valle d'Aosta.
 

Sulle tavole valdostane a Natale non possono mancare la "moccetta" (salume di muscolo di vacca, pecora o capra essiccata e aromatizzata con erbe di montagna, ginepro e aglio) in crostini al miele, il lardo con castagne cotte e caramellate con miele, i crostini con fonduta e tartufo, la zuppa alla Velpelinentze (cavolo, verza, fette di pane raffermo, fontina, brodo, cannella e noce moscata), salsiccia con patate e la carbonada valdostana (sottili strisce di carne macerate nel vino rosso con aromi) con la polenta.
 

Dessert ce n'è per tutti i gusti! Le pere Martin sec con lo sciroppo (pere cotte con zucchero, vaniglia chiodi di garofano, acqua e vino rosso, ridotte a sciroppo), servite con crema di cioccolato e panna montata; le tegole, dei tipici pasticcini secchi; il mecoulin, un pane al latte arricchito con l'uvetta, preparato con ingredienti semplici e genuini secondo una ricetta tradizionale di cogne. Infine il caffè mandolà, molto robusto, alle mandorle tritate.

Tegole valdostane
 

Ingredienti: 200 g di zucchero; 80 g di nocciole; 80g di mandorle bianche; 60 g di burro; 60 g di farina bianca tipo 00; 1 bustina di vanillina; 4 albumi d'uovo
 

Preparazione: frullate, con un mixer, lo zucchero, le nocciole e le mandorle; aggiungete gli albumi, il burro a temperatura ambiente, la farina e la vanillina. Quando l'impasto è pronto, stendete su una teglia (sulla quale è stata posta la carta-forno) le tegole, dando loro la tipica forma a disco sottile. Fate cuocere al forno a 180° per 7-10 minuti.


Una foto delle tegole che portiamo a casa quando andiamo a trovare i miei fratelli ad Aosta.


Ed ora la ricetta di un antipasto natalizio!

Motsetta (o moccetta)e lard d'Arnad con castagne e miele
La motsetta o mocetta e Lard di Arnad con castagne e miele è un prodotto tipico della valle d'Aosta. È carne essiccata di muscolo di vacca, che nasce dalla necessità di conservare a lungo la carne durante l'inverno
 

Ingredienti (per 4 persone):
150 grammi di moccetta di Villeneuve
200 g di Lard d'Arnad DOP
20 castagne bollite
2 cucchiai di miele di montagna
1/4 di bicchiere di grappa valdostana





 


Preparazione:
Disponete un ventaglio di moccetta, tagliata finemente a macchina, che copra i due terzi del piatto e completate il resto con il Lard d'Arnad DOP affettato leggermente più spesso. In questo modo si otterrà una corona di petali su tutto il piatto.

Servite gli affettati accompagnati dalle castagne, precedentemente glassate con il miele di montagna e profumate col la grappa. Decorate il tutto con un rametto di rosmarino fresco e profumato

sabato 22 dicembre 2012

SCENE DELLA VITA DI MARIA E DELL'INFANZIA DI GESU' DIPINTE DA GIOVANNI CANAVESIO di Marco Bartesaghi

Con queste immagini si conclude la presentazione dei dipinti di Giovanni Canavesio presso il santuario di Notre Dame des Fontaines a La Brigue in Francia, iniziata il 9 settembre scorso, con la Passione di Cristo delle pareti laterali, e proseguita il 5 dicembre, con il Giudizio Universale della facciata interna.
Le scene di vita di Maria e dell'infanzia di Gesù occupano invece l'arco triofale della chiesa, la grande apertura che divide lo spazio dell'aula da quello del presbiterio.


In questo schema, tratto da un opuscolo in vendita presso il santuario, la sequenza delle immagini:



La natività della Vergine, a sinistra; la sua presentazione al Tempio e il matriminio, in centro; l'Annunciazione, sopra l'arco; la Visitazione a destra.




Natività   
Adorazione dei Re Magi


Massacro degli innocenti

Circoncisione


Fuga in Egitto


Presentazione al Tempio





"PEL NATALE", PROSE RIMATE DI DI LUIGINA GEROSA RUSCONI




"Sorrisi infantili" è un libretto edito nel 1904 dalla "Casa editrice milanese E. Trevisini di Luigi Trevisini", un'azienda nata nel 1859 e ancora esistente: 63 pagine, di "prose rimate", come le definisce l'autrice, Luigina Gerosa Rusconi, direttrice dell'asilo infantile Umberto I di Lecco.
Il piccolo volume è diviso in sei parti, ciascuna delle quali raggruppa i brani relativi ad un unico argomento: preghiere a Dio; inni patriottici; ginnastica ordinata ed imitativa; doni ed occupazioni froebeliane; in occasione di saggi; poesie diverse.
Un gruppo di poesiole della sezione "Preghiere a Dio" è dedicata al Natale: ne ho scelte tre da presentarvi. Non sono particolarmente belle, sono abbastanza ingenue, ma comunque mi sembra documentino bene un modo per avvicinare i bambini alla religione, all'inizio del secolo scorso. M.B.







Pel Natale

Balocchi e confetti
Natale a noi porta;
Di gioie ogni sorta
Tal giorno ci dà.

L'amico saluta
Con modo grazioso
E un detto affettuoso
Sul labbro gli sta.

Se alcuno lontano
Abbiamo parente,
Ritorna ridente
E lieti ci fa.

La mamma prepara
Un bel vestitino
Che proprio benino
Sul corpo starà.

Ma prima di tutto
C'insegna una breve
Preghiera, che lieve
Su in ciel salirà.

Ascolta tu dunque,
Divin pargoletto,
Il semplice detto;
È breve, così;

Il babbo, la mamma
Amici e parenti,
Fa tutti contenti
In questo bel dì.


Altra*

Sei piccino, piccino, piccino;
Non ancora sai reggerti in piè,
Ed io t'amo, mio caro bambino,
perché so che del mondo sei re.

So che i bimbi ti piacciono tanto,
Che ti è caro lo stare con lor;
E che, quando ti vengono accanto,
Li ricolmi di molti favor.

Orsù dunque, gentil pargoletto,
Uno sguardo pur volgi su me;
In ricambio, gran parte d'affetto
Serberò nel mio core per te.

Il mio babbo tu rendi contento
Anche quando l'opprime il lavor;
Fa che mamma neppure un momento
Nella vita la provi il dolor.


Altra

Le labbra son dischiuse
Da poco alla parola;
Però una prece sola
Sapemmo già imparar;

E a te, caro Bambino,
Oggi la recitiamo
Perché sicuri siamo
Che ascolto ci sai dar.

Il babbo, la mammina,
Tutti i benefattori,
Ricolma di favori,
Fa lieti in questo dì.

E noi, per ringraziarti,
Le mani giungeremo
E un bacio manderemo
A te, proprio così.
(bacio)


* Nel libro la parola "altra" è stata utilizzata dall'autrice per staccare poesie successive inerenti allo stesso tema.

mercoledì 5 dicembre 2012


LA SCIENZA NEL 3° MILLENNIO
L'Uomo e l'Ambiente
2° ciclo di conferenze



Venerdì 14 dicembre 2012
ore 21,00
Sala Civica di Verderio Inferiore

LA COLORATA LENTEZZA DELLE GALASSIE
Relatore Giuseppe GAVAZZI
PROFESSORE DI ASTRONOMIA
UNIVERSITA' DEGLI STUDI MILANO - BICOCCA
Ciclo di conferenze promosso dalle Amministrazioni Comunali di Verderio Inferiore e Superiore, grazie alla collaborazione scientifica gratuita dei professori Gabriella CONSONNI e Giuseppe GAVAZZI, della Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Milano.

LA "FINE DEL MONDO" ..... DI GIOVANNI CANAVESIO di Marco Bartesaghi

Chiedo scusa se anch’io ho deciso di infilarmi nella gran “cagnara” dell’annunciata prossima fine del mondo: mi è sembrata una buona occasione per tornare sull’opera di Giovanni Canavesio, l’artista presente a Verderio con il polittico della chiesa parrocchiale di San Giuseppe e Floriano, mostrando alcune immagini del suo Giudizio Universale, dipinto sulla facciata interna della chiesa di Notre Dames des Fontaines, a La Brigue, Francia.


E poi io, delle “fini del mondo” sono un veterano: è già la seconda a cui partecipo. La prima volta negli anni sessanta, non ricordo  anno, giorno e ora e neanche chi fu ad annunciarla. Ricordo però che fu una giornata positiva. Prima di tutto perché non successe niente, la fine del mondo era stata rimandata. Ma soprattutto perché mia mamma, che ci aveva creduto, per non disperdere la famiglia in un simile momento, aveva tenuto a casa me e mia sorella dalla lezione di pianoforte  a cui avremmo dovuto partecipare quel pomeriggio e che ci pesava così tanto che ancor oggi ricordiamo i “buoni motivi” che la fecero saltare. 













martedì 4 dicembre 2012

NOVEMBRE 1951, ALLUVIONE IN POLESINE: PADERNO D'ADDA OSPITA SEI FAMIGLIE DI PROFUGHI di Marco Bartesaghi

Il 21 novembre 1951, a pochi giorni dall'esondazione del fiume Po che aveva inondato le terre del Polesine, provocato vittime e immensi danni all'agricoltura e alle abitazioni, costretto migliaia di persone a lasciare la propria terra, il comune di Paderno d'Adda aveva risposto alla lettera del Comitato Provinciale Pro Alluvionati di Como, comunicando di aver dato vita, come richiesto, al Comitato Comunale, che si sarebbe assunto il compito di coordinare e incrementare la raccolta di fondi, già iniziata per un moto spontaneo della popolazione.
 
Il manifesto- appello del comune di Paderno d'Adda ai propri cittadini
Il comune di Paderno aveva  in precedenza risposto all'appello alla solidarietà promosso dalla RAI, con la trasmissione radiofonica "Catena della Fraternità", chiedendo l'assegnazione di 20 bambini, che altrettante famiglie erano disposte ad ospitare nell'emergenza, e mettendo a disposizione indumenti e generi alimentari, per il valore di 1.500.000 lire, da inviare alle zone sinistrate con la colonna organizzata dall'ente.
 
Lettera di ringraziamento della RAI

In paese erano anche state raccolte 520.000 lire, oltre alle 218.000 consegnate all'ente radiofonico direttamente da alcuni privati. Un altro milione e mezzo in materiale di vario genere fu consegnato al Comitato Provinciale Pro Alluvionati.
IL buon successo della raccolta di fondi e di beni, soprattutto capi di vestiario, era stato possibile anche grazie alla presenza sul territorio di diverse aziende, per lo più maglifici, i cui proprietari avevano dato un proprio contributo, a cui si erano aggiunti i ricavi delle collette fra gli operai.

 
La lettera con cui la I.M.E.C presenta l'offerta sua e dei suoi operai.
 
Nella lettera al Comitato Provinciale, Paderno affermava anche di poter ospitare quattro famiglie di profughi composte da quattro o cinque persone. La risposta a questa opportunità non si fece attendere e, indirizzate a Paderno dal centro di smistamento di Milano, pochi giorni dopo l'alluvione cominciarono a giungere le prime famiglie: il 23 novembre Ada Moretti, vedova Perseghin, con le figlie Carla ed Erina, di 13 e 11 anni, provenienti da Loreo, in provincia di Rovigo (RO); il 25, da Rovigo, Biase Antonelli con la moglie Assunta Veronese; il 30, da Villadose (Ro), Norina Roccato con i figli Luigino, 15 anni, e Luciana, 9 anni, raggiunti il 7 dicembre dal capo famiglia, Gino Mariotto, e l'11 gennaio 1952, dalla mamma di questi, Amalia Catan, dimessa dall'Ospedale Maggiore di Milano. Antonietta Gianni, nubile, da Polesella (RO), giunse il 29 novembre; il 30, da Pincara (RO), arrivarono Teresa Pavan con il figli Ginetta, 14 anni, Ivana, 10, e Giuseppe, 4; Giovanni Corazza, il capo famiglia, si ricongiunse a loro il 29 dicembre. Da Pincara, sempre il 30 novembre, arrivarono Ubaldino Altafini con la moglie Gabriella Corazza e la figlia Mariachiara.
Diciannove persone, appartenenti a sei nuclei famigliari diversi, provenienti da cinque località del Polesine, furono quindi ospitate in locali ricavati dal'edificio comunale di Paderno d'Adda, in piazza della Vittoria, e in case di privati.
 
Una scheda del censimento dei profughi effettuato il 15 dicembre 1951
I profughi ospitati ufficialmente risultavano però essere 20, perché della famiglia di Giovanni Corazza faceva parte anche un altro figlio, Severino, classe 1930, seminarista, che, dopo pochi giorni di permanenza a Paderno, aveva fatto ritorno al seminario di Rovigo; fra le carte dell'archivio comunale è conservata una sua lettera di ringraziamento al sindaco e la relativa risposta. Eccone alcuni brani:
"È certo - scrive Severino Corazza -  che se è ben doloroso abbandonare il proprio paese, la propria casa, quell'intimità famigliare che rende felice il nido domestico, se è crudo perdere la propria casa, tutto il lavoro di una vita in poche ore come è toccato a noi, è altrettanto consolante trovare una mano pietosa come la sua che ci dia un letto su cui posare i corpi oppressi, un pane per sfamarci, un lavoro per tentare di ricostruirci una nuova esistenza"
 
Nella risposta, il sindaco Luigi Bianchi, dopo aver espresso gratitudine per le belle parole della lettera ed essersi rammaricato di aver potuto fare troppo poco "in proporzione alla vastità della sciagura", evoca il sentimento di fratellanza, scomparso durante il recente conflitto e resuscitato dal disastro del Polesine:
"Le sue parole suonano [...] molto commoventi e ci fanno sperare, così come desideriamo, quella profonda fraternità che ancora pochi anni orsono sembrava irraggiungibile.
Il ritorno a questi sentimenti di nobile e sentita fratellanza fanno ancora grandi l'uomo nella sua piccolezza e nella sua impotenza; e di questo noi ci sentiamo debitori verso i fratelli del Polesine così duramente provati"
.
 
Il 20 novembre 1951 il Consiglio dei Ministri emanò un decreto (n.1184, convertito in legge il 20 gennaio 1952) che estendeva ai profughi delle zone colpite dall' alluvione le provvidenze assistenziali previste per i profughi per eventi di guerra. In particolare, il decreto affermava che le spese relative al ricovero ed al mantenimento di quelli bisognosi erano a carico dello stato e che, coloro che non usufruivano di questa assistenza diretta, avevano diritto ad un sussidio giornaliero di lire 250 per il capofamiglia e per la persona isolata, e di lire 100 per ciascun componente a carico. La commissione comunale, cui spettava la valutazione dello stato di bisogno delle famiglie, stabilì che tutte quelle ospitate a Paderno erano in condizione di ricevere i sussidi, i quali venivano erogati attraverso l'Ente Comunale di Assistenza (E.C.A).
 


In due diverse occasioni furono concessi aiuti straordinari: in prossimità del Natale 1951 ogni persona poté usufruire di una cifra di 2500 lire e a febbraio del 1952 vennero distribuiti 20 Kg di farina, 1 Kg di zucchero e 500 g di olio a testa e i ragazzi di età inferiore a 14 anni, a Paderno erano in 7, ricevettero dalla Croce Rossa una scatola di latte condensato.
 

Dovendo far fronte alle spese per l'accoglienza dei profughi, con una lettera indirizzata al Comitato Provinciale pro Alluvionati (1 dicembre 1951), il Sindaco Bianchi chiese di poter trattenere la somma di 520.000 lire raccolta fra la cittadinanza, assicurando che del suo utilizzo sarebbe stata prodotta regolare contabilità. La risposta fu negativa: per i il versamento del 

La richiesta del sindaco Bianchi di poter trattenere la somma raccolta, sostenute per far fronte alle spese per l'accoglienza dei profughi e, sotto la risposta del Comitato Provinciale
 
denaro il comune doveva attenersi a quanto stabilito dal Comitato Provinciale, mentre poteva rivolgersi alla prefettura  per ottenere l'anticipazione dei fondi necessari al mantenimento dei profughi. Sull'argomento tornò il sindaco al momento del versamento della cifra raccolta: consegnò infatti un assegno di 420.000 lire, chiedendo l'autorizzazione di trattenere 100.000 lire per la liquidazione delle spese di prima sistemazione degli assistiti.
 
Per tornare alle loro case le famiglie degli sfollati dovettero attendere che esse fossero di nuovo in grado di accoglierle. Per sincerarsene, il comune di Paderno, dal gennaio 1952, scrisse ai comuni di provenienza, per avere informazioni sullo stato delle abitazioni.
Il comune di Polesella, rispose (25 gennaio) che la casa di Antonietta Gianni era ancora gravemente danneggiata e pericolante: resterà a Paderno fino ai primi di maggio.
Mai invasa dalle acque, invece, l'abitazione di Biase Antonelli e della moglie Assunta Veronese che partirono all'inizio di febbraio.
La signora Ada Moretti, vedova Perseghin, tornò con le figlie al suo paese, Loreo, a febbraio, ma trovò una brutta sorpresa: la sua casa era ancora allagata. Il sindaco scrisse allora al Prefetto di Como, si scusò per l'inconveniente, chiese che la famiglia potesse rientrare a Paderno e raccomandò che alla signora, vedova di guerra e in disagiate condizioni economiche, fosse prestato particolare riguardo. Saranno fra gli ultimi a lasciare Paderno, all'inizio di agosto.
L'8 febbraio, giorno del sopralluogo dei tecnici comunali, la casa della famiglia Altafini, in comune di Pincara, risultava ancora inabitabile per i gravi danni subiti. Gli Altafini partiranno all'inizio di aprile.
Il primo marzo fece rientro a Villadose la famiglia di Mariotto Gino, che era stato richiamato dal datore di lavoro.
 
Più difficile il rientro per la famiglia di Giovanni Corazza, la cui casa era stata distrutta per tre quarti dall'alluvione. Fino all'estate del 1953 risultano ancora presenti in paese e, dai documenti conservati in archivio, si evince che i rapporti fra il comune e la famiglia non sono più tanto cordiali.
 
Le condizioni della casa di Pincara della famiglia Corazza

Il 27 marzo 1953, il sindaco di Paderno, Carlo Gerosa, scrive a quello di Pincara, per dirgli che i locali occupati dalla famiglia Corazza gli servono per le prossime elezioni politiche e quindi di attivarsi per il suo rientro a casa o per la sistemazione in un centro di accoglienza alluvionati della provincia di Rovigo.
 


Tre giorni dopo, 31 marzo, la prefettura di Como scopre, dopo quasi due anni, che i Corazza non si trovano nelle condizioni di assoluto bisogno previsto dalla legge per avere diritto al sussidio e quindi glielo revocano a partire dal 30 aprile.
Il 6 luglio il sindaco di Paderno scrive alla prefettura di Como, ricordando che il Corazza si trova a Paderno con la famiglia dal novembre 1951, che si rifiuta di tornare al suo paese perché non vi troverebbe una casa e che, per decisione della prefettura stessa, gli è stato sospeso il sussidio. Siccome il Corazza occupa due locali, "che venivano concessi in linea del tutto eccezionale e solo provvisoriamente", dove il comune "deve conservare il materiale elettorale (urne, cabine e tramezzi)" e "non si decide a lasciarli liberi" e"non potendo per considerazioni ovvie, adire l'Autorità Giudiziaria" il sindaco chiede alla prefettura di attivarsi per il rientro al comune di provenienza o di trovare alla famiglia una sistemazione in un centro raccolta profughi della provincia.
Dai documenti conservati non si riesce a conoscere la data di partenza da Paderno d'Adda della famiglia Corazza.


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I "CANARINI" DI VERDERIO SUPERIORE di Marco Bartesaghi

Questa fotografia appartiene al signor Armando Villa. Sul retro una data, 1939, e un nome, "I Canarini". Così si chiamava la squadra di calcio di Verderio Superiore, composta da ragazzi di sedici/diciassette/diciotto anni, alcuni dei quali provenienti da fuori paese. Di nome, veramente, ne avevano anche un altro, probabilmente meno ufficiale: "i picchiatelli".
Grazie alla memoria del signor Armando, "mascotte" della squadra, è possibile dare un nome a quasi tutti i giocatori.
Prima fila, da sinistra: Mario Mapelli, Primo Colombo, Luigi Villa.
Seconda fila: Mario Besana (Zarel), un giocatore di Villa d'Adda, Angelo Villa.
Terza fila: Guido Sala, Giuseppe Villa (Nisciöla), Ambrogio Villa , un giocatore di Calusco, Fracassetti di Villa d'Adda.


La squadra, non essendoci un campo di calcio a Verderio Superiore, giocava le sue partite e Paderno d'Adda, nei pressi della stazione e della fabbrica di cariole e badili MMM, Metallurgica Martinelli Morbegno.


Per esprimere il loro appoggio alla squadra, iI sostenitori dei "Canarini"avevano a disposizione un inno, di autore ignoto, ma di non modeste pretese:

L'è rivà el Verdé cunt el balun
Bim, bum goal
Gli attaccanti son veloci,
i mediani son precisi
terzini formidabili
e il portiere nazional.

Grazie al signor Armando Villa per la fotografia e la collaborazione.M.B.

domenica 2 dicembre 2012

LE BICICLETTE SCHIACCIAMACCHINE DI LAMBRATE di Marco Bartesaghi

Un'opera di "street art"di grandi dimensioni, parecchie decine di metri di muro, si trova a Milano in via Predil, di fianco all'entrata della stazione "posteriore" di Lambrate.
Tento una lettura.

Lo spazio è completamente occupato da una miriade di vetture "parcheggiate" ordinatamente, ma in modo così fitto da rendere impossibile  per loro qualsiasi movimento.



All'estremità destra del dipinto tre grandi animali, ibridi fra scimmia e topo, tengono fra le mani un nastro bianco che rappresenta, credo, una strada. 




Sembra che le bestie tirino il nastro verso sé, provocando il rovesciamento delle auto più vicine.





Verso il centro della scena, quattro enormi biciclette procedono incuranti delle macchine schiacciandole e distruggendole.




All'estremità sinistra del dipinto le auto si diradano fino a scomparire, e alcune figure umane, viste di schiena, si allontanano con fare spiritato.






In rete ho trovato alcune immagini del dipinto, il "nome" dell'autore: BLU, la data di realizzazione:2009 . Questo l'indirizzo: http://www.blublu.org/index.htm

Per rendere l'idea delle dimensioni dell'opera ho tentato un assemblaggio delle immagini. Eccolo:



mercoledì 21 novembre 2012

NOVEMBRE 1951, ALLUVIONE IN POLESINE: LA SOLIDARIETA' DI VERDERIO INFERIORE E SUPERIORE di Marco Bartesaghi

14 Novembre 1951. Piove da due settimane sul territorio che riversa le sue acque nel fiume Po. Non sono piogge di intensità mai vista, ma sono insistenti e gravano contemporaneamente sull'intera area, provocando la piena di tutti gli affluenti del fiume. 

La stampa, 15 novembre 1951
Il 12, il 13 e nelle prime ore del 14 la piena passa dal mantovano, ma non provoca disastri. Verso sera, tra le ore 19 e le ore 20,30, raggiunti i territori della provincia di Rovigo, l'acqua rompe gli argini in tre punti e si abbatte sulle campagne.
La Stampa, 16 novembre 1951
Per il volume d'acqua esondata e per l'estensione del territorio coinvolto, l'alluvione del Polesine ha il triste primato di essere il più grande di quelli che hanno coinvolto l'Italia in età contemporanea.
La Stampa , 20 novembre 1951
Circa cento furono le vittime; tra 180 e 200 mila i profughi. A seguito di questa catastrofe, tra il 1951 e il 1961, il 22% della popolazione lasciò definitivamente il Polesine.


La solidarietà nei confronti delle popolazioni colpite dal disastro si manifestò attraverso l'intervento di volontari, accorsi immediatamente a prestare soccorso, la raccolta di fondi e di cose di prima necessità e l'accoglienza dei profughi .
A pochi giorni dall'alluvione l'Amministrazione Provinciale e la prefettura di Como diedero vita ad un Comitato Provinciale a cui fu affidato il compito di coordinare e sovraintendere alla raccolta di offerte a favore degli alluvionati. Lo presiedeva l'avvocato Gilberto Bosisio, presidente dell'Amministrazione Provinciale. Altri componenti: il comm. Giovanni Zecchino, delegato del prefetto; Monsignor Mario Villa, in rappresentanza del Vescovo di Como; il presidente dell'ECA (ente comunale di assistenza) di Como; i rappresentanti della Commissione Pontificia di Assistenza, della Camera di Commercio, delle associazioni degli industriali, dei commercianti e degli agricoltori, della CISL, della Camera Confederale del Lavoro, delle ACLI, dei giornali comaschi"L'Ordine" e "La Provincia"
Nella sua prima riunione (18/11), il comitato decise di invitare tutti i sindaci della provincia a dar vita ai Comitati Comunali, con il compito di coordinare la raccolta di offerte in denaro e in natura. Tali organismi, che dovevano essere composti dal sindaco, dal parroco, dai rappresentanti dell'ECA, delle forze produttive e dei lavoratori, erano gli unici legalmente autorizzati ad operare sul territorio comunale. Qualora sullo stesso territorio esistessero altre iniziative autonome, queste erano tenute ad agire in collaborazione con il Comitato Comunale e a fornire rendiconto scritto dei risultati delle loro raccolte.
I comitati comunali non potevano, salvo particolari disposizioni, erogare direttamente gli aiuti, ma erano tenuti a far pervenire i ricavati delle raccolte al Comitato Provinciale, il quale stabilì anche che le somme messe a sua disposizione sarebbero state utilizzate, in primo luogo, per il mantenimento dei profughi a carico della Provincia di Como.
Verderio Inferiore e Superiore , aderirono alla richiesta della Provincia dando subito vita ai comitati. Quello di Verderio Inferiore era così composto: Gianfranco Gnecchi Ruscone (sindaco), don Angelo Ricco (parroco), Luigi Brambilla, Giovanni Sirtori, Tomaso Nava, Ambrogio Andreotti, Luigi Oliveira.
A Verderio Superiore ne fecevano invece parte: Giuseppe Cassago (sindaco), don Antonio Molteni (parroco), Pietro Oggioni (presidente ECA), Francesco Robbiati (presidente Coop. San Giuseppe), Pirovano Elisa in Zambelli (maestra).
Appena nominati, i due comitati rivolsero alle rispettive cittadinanze un appello alla solidarietà.
Quello agli abitanti di Verderio Inferiore era firmato del sindaco Gianfranco Gnecchi:
"VERDERIANI
Davanti allo spettacolo di,solidarietà che ci si presenta, in occasione della terribile inondazione che invade e distrugge abitati e campagne, cospargendo di miseria e di morte operose regioni della nostra ITALIA, sono certo che anche gli abitanti di Verderio non vorranno essere da meno dalla quasi totalità degli italiani.
Pertanto mi rivolgo a voi perché ognuno nella misura delle proprie possibilità voglia versare a favore degli alluvionati danari, indumenti o derrate".

L'appello alla solidarietà rivolto ai cittadini di Verderio Inferiore

L'appello terminava invitando a consegnare le offerte negli uffici comunali il martedì, il giovedì e il sabato e comunicava che per ogni offerta sarebbe stata rilasciata una regolare ricevuta

Il sindaco Giuseppe Cassago firmò l'appello agli abitanti di Verderio Superiore:
"VERDERESI
Un eccezionale maltempo ha imperversato su tutta l'Italia: intere regioni, prima la Calabria e la Sardegna, poi il Piemonte e la Lombardia, ora con disastrosa intensità il Polesine, sono state profondamente devastate.
Popolazioni legate da secoli alla loro terra fuggono disperate dinanzi all'infuriare della acque. Una pietà infinita sentiamo per questi nostri fratelli travolti nel vortice di tanta sventura.
Di fronte all'apocalittica vastità del disastro, il cuore degli italiani si stringe accanto alle popolazioni minacciate dalla più desolata delle povertà.
Da ogni parte giungono appelli: chi sollecita indumenti, chi chiede viveri, chi invoca aiuti. I bisogni sono tanti. HA BISOGNO DI TUTTO CHI SI TROVA A NON AVERE PIÙ NULLA"

L'appello agli abitanti di Verderio Superiore
A conclusione dell'appello l'invito a non essere da meno degli altri italiani e l'avviso che domenica 25 novembre  persone incaricate sarebbero passate nelle case a raccogliere denaro, indumenti e derrate.
Intanto il comitato provinciale aveva predisposto, presso il Consorzio Agrario Provinciale di Como, un magazzino verso il quale sarebbero dovuti confluire i capi di vestiario e i viveri raccolti nei diversi comuni. Le somme di denaro andavano invece versate su un conto corrente postale intestato al Comitato Provinciale "Pro Alluvionati". Per facilitare le operazioni di smistamento i comitati comunali vennero pregati di procedere, prima della consegna, ad un riordino ed una prima selezione del materiale, nonché, per evitare problemi di carattere igienico, ad "un minimo di pulizia" degli indumenti usati e della biancheria. Era inoltre richiesto una distinta, redatta in duplice copia, da presentare al momento della consegna.
Nei giorni seguenti, forse per la grande quantità di materiale raccolto, il Comitato Provinciale chiese ai comuni di accantonare momentaneamente quanto in loro possesso, in attesa che venisse loro comunicata la destinazione a cui inviare gli aiuti.
Il 5 dicembre il Comitato Comunale di Verderio Superiore consegnò quanto  avuto dai suoi cittadini. Erano tutti capi di vestiario che, nella distinta, furono suddivisi divisi fra quelli da uomo, da donna e da ragazzo e ragazza.

Distinta del materiale raccolto a Verderio Superiore
Allegata alla distinta una lettera di presentazione in cui veniva  indicata la somma di denaro versata sul conto postale: Lire 69.090.
Nella lettera veniva  anche specificato che,oltre a quanto ricevuto dal comitato comunale, bisognava tener conto delle offerte in denaro e in beni materiali pervenute a tre organizzazioni autonome.

Il denaro raccolto a Verderio Superiore


La parrocchia aveva ricevuto Lire 55.724. Di queste, 5724 erano state fatte confluire nel fondo del Comitato Comunale; 50.000, insieme a una "notevole quantità di indumenti" erano invece state versate direttamente alla Curia Arcivescovile di Milano.
La locale Cooperativa San Giuseppe, istituzione legata tradizionalmente ai partiti politici di sinistra (PCI e PSI), aveva raccolto Lire 75.000 che il suo presidente, Francesco Robbiati, versò alla Federazione delle Cooperative di Lecco.
Un'altra somma di denaro fu destinata alla Direzione Didattica di Merate dall' "Insegnante Capo Gruppo", signora Elisa Pirovano che l'aveva raccolta.
Fra i documenti conservati in archivio comunale riguardanti questo avvenimento , molti fogli, scritti a mano direttamene, così almeno sembra, dalle persone addette alla raccolta, contengono i nomi dei sottoscrittori e la specifica di quanto offerto: ci furono offerte direttamente in denaro, altre in indumenti altre ancora in frumento o granoturco. Per questi ultimi prodotti fu lasciata libertà ai comuni di decidere se consegnarli direttamente al comitato provinciale o se venderli a pubblica asta , per poi consegnare la somma ricavata: soluzione quest'ultima adottata dai due Verderio.
In un foglio separato, anch'esso scritto a mano, un elenco di sette operaie che donarono 1/2 giornata di lavoro.

Come dono mezza giornata di lavoro
Il 5 dicembre 1951, anche Verderio Inferiore consegnò quanto raccolto .

Distinta del materiale consegnato da Verderio Inferiore
La somma versata dal Comitato Comunale fu di Lire 213.655, comprendente le 30.000 lire che l'Amministrazione Comunale aveva deliberato di stanziare a favore degli alluvionati.

Il denaro raccolto a Verderio Inferiore

 Marco Bartesaghi
 
Tutti i documentiutilizzati per questo articolo, alcuni dei quali presentati direttamente, sono conservati presso gli archivi comunali di Verderio Inferiore e Superiore.
Notizie sull'alluvione in Polesine al seguente indirizzo:
 http://it.wikipedia.org/wiki/Alluvione_del_Polesine_del_novembre_1951