lunedì 26 settembre 2011

VERDERIO NELL'ARCHIVIO DE "LA STAMPA", QUOTIDIANO DI TORINO. Prima selezione

Gli archivi del quotidiano "La Stampa" e della testata che l'ha preceduto, "Gazzetta Piemontese", sono stati inseriti su internet e sono consultabili gratuitamente. Quella che presento è una prima selezione di articoli in cui si parla di Verderio. Alcune delle notizie che vi appaiono meriterebbero un approfondimento: se qualcuno lo volesse fare, il blog sarebbe a disposizione per pubblicarne i risultati. M.B.


GAZZETTA PIEMONTESE, 25 aprile 1872
Notizie delle campagne - L'Agenzia degli agricoltori ci notifica un fatto che segnaliamo  all'attenzione dei nostri benemeriti naturalisti.
In un fondo di Romello (di circa 70 pertiche) i gelsi non mettono foglie; le gemme son fuori ma non si aprono. Lo stesso si verifica in altre località, come per esempio in Terrazzano, provincia di Milano, e in Verderio, provincia di Como. È da notarsi che i terreni nei quali si verifica lo strano e deplorevole caso sono di non vecchio dissodamento.

GAZZETTA PIEMONTESE, 20 luglio 1872
Vimercate, 17. - Da qualche tempo i terrazzani nel limite tra Vimercate, Trezzo, Tresciano e di due Verderio sono in allarme per l'apparizione in qui luoghi di una banda di ladri, e i loro timori sono giustificati dalle molte rapine verificatesi anche in questi ultimi quattro giorni.


GAZZETTA PIEMONTESE, giovedì 13 agosto 1885
L'agitazione agraria in Lombardia.
Scrivono da Verderio Superiore (Lecco - Como)
Corriere della sera
[?] agosto sera

Al mattino di buonissima ora, alcuni contadini erano in piazza comunale. [?] formati in vari gruppi discutevano (pareva) o parlavano tra loro. Ma viceversa quando si allontanarono si trovò affisso all'angolo di una casa un manifesto sovversivo. Il cursore (1) del paese, Cassago, informato del fatto, andò in piazza e fece per staccare il manifesto, ma gli fu imposto di non toccarlo. Allora egli corse alla casa dell'assessore Lissoni Eugenio, agente di casa Gnecchi e questi subito mando per i carabinieri a Merate. Quando furono arrivati, il signor Lissoni in mezzo ai carabinieri, andò a strappare il manifesto che diceva propriamente così:
"Restate avvertiti signori di questo comune voi non avete premura di [tre parole illeggibili] noi [due parole illeggibili] cominceremo ad incendiare delle ville, dei palagi e temete che non si scherza."
Si radunarono quindi nella sala comunale il Lissoni, che è un bravissimo ed energico assessore, il signor Sottocornola, il segretario comunale, e decisero di mandare subito a chiamare il pretore.
Fu pure telefonato al tenente dei carabinieri e al questore di lecco, che risposero di partire subito per Verderio
Intanto il pretore con il brigadiere dei carabinieri confrontarono i due manifesti di Verderio Inferiore e quello di Verderio Superiore (che è distante dal primo 200 metri) ma non trovarono niente di somigliante. Pare che per questo manifesto si fosse giua vociferato qualche cosa in paese.
Ultim'ora. - I palazzi dei principali signori di Verderio Superiore sono guardati dai carabinieri.
Si teme che si ripetano simili cose a Verderio Inferiore.
(1)  usciere addetto a portare documenti, notificare atti e simili


LA STAMPA, 22 luglio 1901
Tutta la Brianza in sciopero
Togliamo dai giornali di Milano:

Gli scioperi continuano a Novate, Imbersago, Paderno, Merate, Sartirana, Sabbioncello, Asnago, Mariano Comense, Fabbrica Durini, Anzano del Parco, Arosio, Romanò Brianza, Cremnago, Inverigo, Nibionno, Figino Serenza, Carugo, Brenna, Novedrate, Lomagna e qualche altro.
Il ritornello è di dire che gli scioperanti si mantengono quieti, ma non mancano atti quotidiani di violenza e di vendetta.
I sindaci, i brigadieri dei carabinieri e persone  influenti si adoperano per trovare un componimento.
Le richieste dei contadini non sono dappertutto identiche, però si assomigliano assai ed hanno tutte la stessa base.
La giornata del contadino è calcolata ora su una media  di centesimi 80 al giorno. Esso chiede invece, durante la falciatura, L. 0,20 all'ora e la giornata di 10 ore: ciò che equivale a L. 2 al giorno.
Chiede inoltre che vengano eliminati gli [...] e che si modifichino la mezzadria e i patti colonici.
A Verderio, a Lomagna ed in qualche altro luogo l'accordo è avvenuto; ma i più sono ancora in trattativa.
In Piano d'Erba vi sono pure scioperi, ma localizzati e in via d'accomodamneto.
A Saronno 500 contadini dell'Amministrazione del marchese Antici si posero in sciopero domandando il ribasso degli affitti e del frumento.
Lo sciopero si estese anche ai contadini dell'Amministrazione del conte Taverna.
Una Commissione di contadini si recò dai proprietari per trattare, ma ebbe un assoluto rifiuto.
I contadini ora si rifiutano di battere e consegnare il frumento.

I QUADRI AD OLIO DI LOUISE GREEN di Marco Bartesaghi




Louise Green è nata il 22 gennaio 1961 a Cardiff, nel Galles; è sposata e ha due figlie. Dal 1984, anno del matrimonio, vive a Verderio Superiore dove, dal 1999 al 2004, è stata consigliere comunale.
Insegnante di inglese, Louise, dal 1998, dipinge, per passione.




Perché dipingi?
Perché sento il bisogno di farlo: dipingere per me significa donare, trasmettere, comunicare. Dipingendo cerco di raccontare delle storie, grandi o piccole non importa: ogni mio quadro vuole essere un racconto.
Quando dipingi?
Quando sto bene, se non sono serena e armoniosa non riesco a fare un buon quadro.
Per molte artiste, creare significa esprimersi, comunicare emozioni o stati d'animo. Per me credo sia diverso: dipingo perché voglio "raccontare una storia", un evento che vedo in un paesaggio o una situazione particolare. In un ritratto o in un dipinto di personaggi, cerco di trasmettere il loro carattere, la loro anima. Provo la stessa cosa con la scrittura. Scrivo banali racconti, episodi, riflessioni perché la cosa che mi spinge è il desiderio di condividere. Ho visto diverse mostre, soprattutto di donne le cui opere trasmettono molto dolore: fino ad ora io non provo il bisogno di  raccontare cose negative, semplicemente cose interessanti o gioiose.
Trovo divertente lavorare con la musica di sottofondo perché mi dà il senso del movimento, del ritmo, della leggerezza: è come ballare con il quadro ...
Cosa ti ha spinto a dipingere e come hai iniziato?
Mi ha spinto l'amore che ho sempre avuto per le arti visive e il desiderio di esprimere le sensazioni  che vivevo. Ho iniziato frequentando, per 4 o 5 anni, le lezioni di Massimo Bollani, alla sua scuola di Cernusco Lombardone. Da un'amica, Leda, ho appreso la tecnica dell'acquerello.
Olio e acquerello: utilizzi, o vorresti utilizzare, altre tecniche?
Mi piacerebbe conoscerne altre ma, soprattutto, vorrei imparare a modellare la creta.
E fra olio e acquerello hai una preferenza o dipende dal momento?
Non ho una preferenza. L'acquerello è più difficile tecnicamente ma è più pratico, meno "ingombrante, più facile per quando sei in vacanza. Regalare un acquerello poi è meno invadente che regalare un quadro ad olio. Questi gli aspetti "pratici", quotidiani.
Dal punto di vista delle sensazioni l'acquerello è più leggero, meno coinvolgente, più distaccato. Rispecchia il carattere del nord Europa, quello delle mie origini: dà il senso del rispetto dello spazio degli altri ed è meno invadente rispetto al loro gusto.
Dipingere ad olio ti coinvolge invece a tutti i livelli: ti emoziona, ti appassiona, ti gratifica. Uso un pennello grande o una spatola.  Con la spatola entro veramente dentro il quadro e mi sento di modellare e di essere veramente un "tuttuno" con il soggetto.
L'emozione è molto coinvolgente.  Dopo aver lavorato per alcune ore con la spatola sono davvero gratificata, a volte addirittura sfinita.



Cosa ti piace dipingere: paesaggi, oggetti, personaggi, corpi?
Paesaggi sì; oggetti no; personaggi e corpi sì.
Dipingi dal vivo o usi la macchina fotografica per fissare il soggetto su cui vuoi lavorare?
Tutte e due le cose.
Come scegli un soggetto?
Parto solitamente da un aspetto della natura: la stagione, il colore del cielo, il vento.
Mi piace camminare nel tempo libero e adoro osservare e cogliere lo stato della natura, i suoi colori, l'intensità del cielo, e il vento, che al mare è spesso protagonista.  Tutto questo agisce come filo conduttore nel quadro.  A volte sono ispirata da fotografie o immagini di riviste o giornali. Personalmente ritengo che il colore sia fondamentale, mentre la forma emerge soprattutto nei quadri informali. Nei soggetti astratti non è una questione di corrispondenza con un'immagine, ma piuttosto un'irrazionale spinta interiore.
Una volta che l'idea si è formata cominci subito a lavorare?
No, prima la sviluppo mentalmente, poi preparo dei bozzetti e poi comincio a lavorare al quadro.
Quando inizi il lavoro vai avanti fino alla fine o ti interrompi?
Per un quadro ad olio mi devo per forza interrompere perché ci vogliono più giorni per portarlo a termine. Però lo riprendo il giorno dopo: se l'interruzione è troppo lunga perdi l'azione, la carica con cui hai iniziato. Di solito un quadro ad acquarello si finisce in breve tempo.
Hai mai affrontato soggetti su commissione?
Sì. Qualcuno ha voluto che dipingessi un quadro adatto ad un determinato ambiente. Altri mi hanno fornito una cartolina o un'immagine a cui ispirarmi.
E ritratti dal vivo?
Solo quando ho frequentato il corso da Bollani.
A fine lavoro sei, in genere, soddisfatta o no?
Dipende. A volte parto con aspettative eccessive e allora alla fine sono insoddisfatta. Quando invece affronto il lavoro con un po' più di leggerezza, alla fine sono più contenta.
Durante la lavorazione accetti volentieri suggerimenti e critiche?
Sì, sono soprattutto le mie figlie (anche mio marito, ma un po' meno) ad intervenire: solitamente sono puntuali nei consigli e trovano le osservazioni giuste. Io ascolto e, se condivido, intervengo.
E se ti criticano a fine lavoro?
E no: lo potevano dire prima. A fine lavoro li mando a cagare!
Che rapporto hai con i tuoi quadri: te ne distacchi facilmente? Li vendi?
Di quelli che ho in casa, che fanno parte della mia "famiglia" sono molto gelosa, non li darei via per nessun motivo (anche farteli fotografare per il blog, sinceramente, è per me una fatica e mi costa...). Dagli altri quadri, che faccio per amici o parenti, sono più distaccata.
"Verderio" potrebbe essere un tuo soggetto?
Sì, ci ho già pensato e penso che prima o poi realizzerò qualcosa.
Nelle seguenti immagini i quadri ad olio che Louise conserva in casa sua . La ringrazio per avermi concesso di fotografarli e pubblicarli. In una prossima occasione presenterò i suoi acquerelli. Cliccando sulle immagini le potete ingrandire.

CANOTTAGGIO - ISOLA DI SAN GIULIO SUL LAGO D'ORTA

In questo quadro Louise Green, pittrice di Verderio presentata nel'articolo precedente a questo, ha ritratto l'isola di San Giulio, sul lago d'Orta.
Con questa immagine inizia la presentazione di una serie di fotografie riprese durante una gita in barca all'isola stessa.






























martedì 13 settembre 2011

LA SCIENZA NEL 3° MILLENNIO
L'Uomo e l'Ambiente




Venerdì 23 settembre 2011
Ore 21,00
Sala Civica di Verderio Inferiore



L'EVOLUZIONE

Relatore Giuseppe GAVAZZI
Professore di Genetica Agraria dell'Università degli Studi di Milano


AMMINISTRAZIONI COMUNALI DI VERDERIO INFERIORE E SUPERIORE

E ARRIVO' IL 1943... di Carla Deambrogi Carta

 
E arrivò il 1943, un anno di fame, di paure, di sfollamenti dalle città devastate dai bombardamenti aerei. L'anno della tragica ritirata di Russia, della resa in Africa Settentrionale, dello sbarco in Sicilia. Spesso i bollettini di guerra, che nei locali pubblici era d'obbligo ascoltare in piedi, davano le notizie degli insuccessi militari usando giri di parole del tipo "tattica elastica difensiva" oppure "arretramento strategico".
Ma quando arrivarono le grandi disfatte non fu più possibile usare giri di parole. Restava solo la propagande che dilagava e non risparmiava neppure i periodici per ragazzi.
Ricordo come sul "Balilla" venivano messi in ridicolo i capi degli stati nemici dell'Italia:
Re Giorgetto d'Inghilterra
Per paura della guerra
Chiede aiuto e protezione
Al ministro Churcillone

Rousveltaccio trottapiano,
presidente americano,
prende ordini ognora
dalla terribile Eleonora

Stalinino, l'orso rosso del Cremlino


E così, giorno dopo giorno, si arriva al 25 luglio, il crollo del fascismo, e all'8 settembre, il crollo del paese.
Immagine tratta dall'Archivio online de La Stampa


Io, l'8 settembre, mi trovavo dai miei nonni che abitavano in una frazione a pochi chilometri da Sartirana Lomellina, in provincia di Pavia.
Fin dalla metà del 1941 era arrivato a Sartirana un gruppo di prigionieri inglesi che, ogni giorno venivano alla stazione a lavorare nei campi, fianco a fianco coi contadini del posto.
La mattina del 10 settembre, i prigionieri, rimasti senza sorveglianza per la fuga delle loro sentinelle, hanno lasciato il loro accampamento e si sono trasferiti nella frazione. In Italia ormai da due anni, se la cavavano abbastanza bene con la lingua italiana. Chiedevano notizie sull'andamento della guerra e soprattutto volevano capire perché le loro guardie se ne fossero andate.
Intanto cominciavano ad arrivare, per poi ripartire dopo poche ore o all'indomani, i nostri ex militari, pochi ancora in divisa, la maggior parte vestiti con abiti avuti dai civili che, oltre a non essere della loro taglia, erano spesso anche malconci. La loro speranza era quella di raggiungere le loro case, distanti anche centinaia di chilometri.
I prigionieri guardavano, incuriositi e sbalorditi nello stesso tempo, questo continuo passaggio di giovani e volevano sapere che cosa fosse successo.
Dopo qualche giorno è cominciata a farsi strada fra alcuni prigionieri l'idea di lasciare il loro rifugio e tentare di raggiungere la Svizzera, idea accolta dalla maggior parte di loro con molta perplessità o ritenuta addirittura inattuabile. Ma alla fine quell'idea è prevalsa e così hanno incominciato a raccogliere le loro cose.
Noi li abbiamo riforniti di viveri non deperibili e abbiamo procurato loro abiti civili e una cartina stradale. Al momento della partenza erano commossi e qualcuno non sembrava più molto convinto della scelta fatta.
Ci siamo abbracciati, li abbiamo salutati con tanta commozione, ma anche con tanta pena nel cuore. Io avevo quindici anni e ricordo  che quella sera ho stentato molto a prendere sonno.
Ma non tutti sono partiti: Giovanni è rimasto. Non se l'era sentita di affrontare i pericoli e le incognite che quel viaggio certamente riservava. Forse sperava che i tedeschi non sarebbero venuti a cercarlo in quella frazione circondata da risaie e marcite.
Invece i tedeschi sono arrivati con un'automobile e un autocarro. Quando Giovanni li ha visti è andato verso di loro, rassegnato e apparentemente tranquillo.
Dopo aver parlottato una decina di minuti con i due ufficiali tedeschi si è avviato verso l'autocarro. Prima di partire si è voltato e ha salutato con un cenno della mano e un sorriso triste le persone che erano presenti.
E così abbiamo visto partire anche lui, ma non abbiamo potuto abbracciarlo, non abbiamo potuto dimostrargli apertamente i nostri sentimenti.
Più volte in questi anni mi è capitato di pensare a quei giovani prigionieri inglesi. Come sarà stata la prigionia di Giovanni? E gli altri? Ce l'avranno fatta a passare il confine o i soldati tedeschi li avranno trovati e fermati infrangendo il loro sogno di libertà?
Interrogativi che resteranno per sempre senza risposta.

Carla Deambrogi Carta

"MAGNON", IL CALDERARO di Anselmo Brambilla


Artigiano calderaio detto anche ramee, normalmente proveniva dalle valli Valtellina o Valsassina, riparava e stagnava, le casseruole per cuocere gli alimenti allora di rame, materiale non esente da rischi tossici, ma utilizzato in quanto ottimo conduttore di calore.

Per poterle usare in cucina senza correre rischi di intossicazioni, le pentole cosi prodotte dovevano essere trattate internamente con uno strato di stagno, ritenuto igienicamente protettivo, con l'uso la patina si consumava quindi era necessario ripristinarla quasi annualmente (1).

Quindi il magnon, passava tutti gli anni per risistemare le pentole, ripristinando lo strato interno di stagno o aggiustando quelle rotte.



Questo fatto di aggiustare le pentole rotte, stimolò la fantasia dei Brianzoli i quali con una ambigua canzone dedicata al lavoro del magnano ne evidenziarono anche altri ruoli.

Donee.. donee.. ghe chi ul magnon chël ga vöia de lavurò
e se ghi vergöt..vergöt  de fò giustò
donee.. donee.. ghe chi ul magnon  chël ga vöia de lavurò..
Salta föra una bela spusöta cun la sua pügnata rota ..
(schepada.. a toc.. buna più)
Se me la giusti de galamt'om mï ve la daria de riscundün del më om..
ul marito dietro l'uscio el gaveva sentito tuto
( negött leva surd cumè na topa)
el salta föra  cun un bastön in mön
e pim pum pam sü la crapa del magnon ..
ul magnön che leva un drïto
(leva ciöch cume na vaca)
la muvü gnonca un ditu
e sensa dutur..dutur ne avucat el se stagna la crapa inveci di pügnat.


Donne, donne, è arrivato il calderaio con buona lena di lavorare, e se per caso avete qualcosa di rotto sono qui per ripararlo. 
Da una porta esce una bella signora, con una pignatta rotta.
(Rotta, a pezzi, fuori uso)
Se me la riparate da galantuomo, io mi concederei a voi di nascosto da mio marito.
Il marito dietro la porta sente tutto,
(Assolutamente niente era sordo come una talpa)
e quindi uscendo fuori all'improvviso con un bastone in mano, da una caterva di legnate sulla testa del calderaio.
Il calderaio che era un furbo,
(Ubriaco come una mucca)
non muove neanche un dito e senza ricorrere ne a dottore e ne a avvocato, si ripara la sua testa invece delle pignatte.


Questa è una delle tante versioni della canzone presente in Brianza, ognuno aggiungeva o toglieva parti a secondo dell'inclinazione dei cantanti o del momento in cui la si cantava, questa versione mi è stata trasmessa da mia Madre.

Unica eccezione il paiuolo dove si cuoceva la polenta, pur essendo anche lui costruito con il rame, non aveva necessità di essere stagnato, infatti a differenza di altri cibi , la polenta quando cuoceva formava una specie di crosta protettiva fra il rame della pentola e il blocco della polenta e quindi eventuali impurità rimanevano nella crosta e non contaminavano il cibo.

NOTA
(1) La stagnatura del pentolame di rame, consisteva nel ripulirle internamente con dell'acido muriatico diluito con acqua,  porre nelle stesse delle barrette di stagno, quindi metterle sul fuoco riscaldandole ad una temperatura di circa 250 gradi centigradi , al liquefarsi, lo stagno veniva spalmato, con una spazzola o con uno straccio su tutto l'interno della pentola in modo uniforme. Lo stagno fonde intorno ai 232 gradi centigradi.

Anselmo Brambilla
disegno di Sara Bartesaghi

MADONNA DI CARAVAGGIO DELLA "CURT DI BENEDITT" di Marta Cattazzo

LOCALITA' : Verderio Superiore
UBICAZIONE : Curt di Beneditt, via Fontanile 12
ICONOGRAFIA : Madonna di Caravaggio
COLLOCAZIONE : portico d'ingresso, da terra cm. 241
DIMENSIONI : cm. 61 x 90
PROPRIETA' : le famiglie della corte








Immagine ridipinta (foto 2001)


DESCRIZIONE
Il soggetto in questione era tra Ottocento e Novecento uno dei più rappresentati, soprattutto fino la metà del secolo scorso, sia perché il santuario di Caravaggio era piuttosto vicino e meta di numerosi pellegrinaggi che lo rendevano particolarmente caro alla gente, ma anche perché l'iconografia della contadina col suo falcetto e il fascio d'erba rendeva singolarmente familiare e domestico l'evento soprannaturale.
Inoltre era diffusa l'usanza di molte famiglie contadine, le quali tornate da una visita ad un santuario mariano, credevano opportuno far dipingere vicino alla porta di casa l'immagine della Madonna che in quel santuario si onorava, quasi a voler conservare presso di sé un po' della potenza protettrice dell'icona venerata. L'edicola sacra in questione, collocata molto in alto, è costituita dal dipinto su un pannello di compensato e da un'ampia porzione di parete verniciata con una tonalità celeste molto accesa, che attirando la vista del passante, lo condiziona a sollevare lo sguardo verso l'alto.
L'immagine, dai colori più delicati, viene così risaltata: propone l'iconografia più tradizionale e diffusa dell'apparizione di Caravaggio, caratterizzata dalle due figure ai lati, il fiume con l'alberello di rose al centro e sullo sfondo il santuario.





DATI STORICI INERENTI
Questa è un altro tipico esempio di dimora compatta, ovvero a corte chiusa. Le mura di queste abitazioni, infatti mantengono la struttura originale di secoli passati, pur con alcune modifiche.
Il suo nome deriva addirittura dalla credenza che qui un tempo vivevano i frati Benedettini.
Passando al dipinto, le signore che risiedono qui mi testimoniano che “ci fu sempre stata la pittura con la Madonna di Caravaggio però cambiò diverse volte: verso gli anni „50 fu dipinta dal signor Arturo Aldeghi di Meda, poiché quella che c'era era divenuta ormai illeggibile; quindi, intorno agli anni „70 furono ritoccate le parti mancanti da alcuni ragazzi della corte, Felice e Cristina Colombo, infine nel 1986, poiché l'immagine era
ancora scomparsa fu fatta fare su un supporto di legno da Valerio Garzotti”.
Per quanto riguarda invece la devozione ricordano che “al mese di maggio veniva il prete a dire la Messa, allora le donne allestivano l'altarino con il pan d'acqua, i fiori e i lumini; inoltre, quando passava la processione per i litanéi, c'era l'usanza di lasciare al prete le offerte della corte oppure, chi non poteva permetterselo, poneva in un cesto alcune uova”.
Questa tradizione la troviamo uguale anche a Bernareggio.

Marta Cattazzo