lunedì 15 agosto 2011

LUNGO LA BIANCA VIA di Giovanni Bertacchi

HO PREPARATO QUESTO POST PRIMA DI PARTIRE PER LE VACANZE. IL PRIMO GIORNO SIAMO STATI RAGGIUNTI DALLA  NOTIZIA CHE CLAUDIO SANDRINI, UN AMICO, E' MORTO IN MONTAGNA, LA SUA PASSIONE. NON POSSIAMO CHE CONTINUARE IL CAMMINO, MA CON TANTA TRISTEZZA. m.b



Buongiorno a tutti,
sono in vacanza. Quest'anno io e mia moglie abbiamo deciso di "andare a piedi" da Siena a Roma, lungo la via Francigena. Sul tema del cammino e della strada ho pensato quindi di proporvi, di Giovanni Bertacchi, poeta nativo di Chiavenna, una poesia: LUNGO LA BIANCA VIA,  e una cartolina in cui sono riportati alcuni suoi versi. Vi mostro anche un'altra cartolina, come la precedente dei primi anni venti del novecento, anch'essa con versi dello stesso poeta. A presto, M.B.
ATTENZIONE! Clicca sulle immagini per ingrandirle
LUNGO LA BIANCA VIA
  Come nascon le vie!...- Questa che, in ampi
avvolgimenti, spazia entro le aperte
fecondità dei luminosi campi,
era stamane sui pendii del monte
una traccia di poche orme malcerte,
tra un'ultima cascina e un vivo fonte.

  Io, movendo soletto al lume fioco
d'una torpida e grigia alba di valle,
l'ho veduta formarsi a poco a poco.
Spesseggiarono poi fonti e cascine,
s'allargò la vallata, e il rotto calle
si fe' sentiero in rallentate chine.

  E quando giunse nella sua discesa
al primo vico, ove c'è tanta gente
quanta basta per una umile chiesa,
divenne strada. Il piccolo sagrato
benedisse il viaggio alla scendente,
nella luce del sol ch'era tornato,

  e la via fatta bianca entrò nel vivo
della vita, movendo alle pianure
ed ai liberi sbocchi. - Io la seguivo
al canto delle fresche acque montane,
figlia crescente di origini oscure,
come tutte le grandi opere umane.

***
  Bello è darsi alla via così distesa
in tutta pace sulla terra, stanca
di lavoro, di cruccio e di contesa.
Il dissidio turbato e secolare
si placa ai lembi della zona bianca,
come contro una diga onda di mare.

..Dentro il confine della siepe antica,
ogni campo si sta chiuso ed oppresso
nel suo corruccio e nella sua fatica;
ma la strada cammina: essa è franchigia
che rasenta passando ogni possesso
e riconfonde tutte le vestigia.

  Essa dice a chi migra: - Altre campane
tu, seguendo il mio corso, ascolterai
simili a quella che suonò stamane:
io, che da tanto ho viaggiato, appresi
ciò che procede senza cessar mai.
Nuove terre vedrai, nuovi paesi.

  Buona è la strada: basta ch'io vi mova
i lievi passi miei, perch'essa accolga
dal mio breve passaggio un'orma nuova;
o ch'io vi prema, con un nome in cuore,
un fuscello sottil, perch'essa accolga
il caro nome, il mio pensoso amore.

  Chi viene dopo, e viaggia a china fronte,
saluta il nome e l'orma, e, seguitando,
segna anch'esso la via di nuove impronte:
e così, d'uno in altro pellegrino,
sulla strada si va perpetuando
il retaggio fraterno, il buon destino.

***

  Calar, nell'ora della pace, al lento
morir del sole ed gli aromi sparsi,
onde di sera si profuma il vento;
veder la luccicante erba dei prati
e la minuta polvere levarsi
dentro la luce in nuvoli dorati;

..sentir la mormorante aura che scuote
le fronde vive in una pioggia fida
di petali leggieri; offrir le gote
alle rame che ombreggiano il cammino;
lenti lambir la siepe che ci guida;
ritirare la man dal biancospino

  punteggiata di piccole ferite,
l'altre scordando, che, senza dar sangue,
rodono, e interrogar le margherite
sulle attese del cuor: poi le fontane
ristoratrici del vigor che langue,
idillio antico di samaritane

  e d'errabondi; il vivido piacere
di sottopor la mano alla fresc'onda
d'accostarvi le labbra avide e bere,
bere per tutte le diuturne arsure
e le febbri d'un dì ... Questa gioconda
sequela di soavi umili cure

  offre la bianca strada al viandante
che sa sperare in lei: son le leggiadre
dolcezze di ogni passo e d'ogni istante;
è la terra che assiste e che consola
l'andar dei buoni suoi, come una madre
che sommessa e seguace ha la parola.
Giovanni Bertacchi

Puoi trovare notizie su Giovanni Bertacchi all' indirizzo:  http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Bertacchi
Dello stesso autore, su questo blog, puoi trovare anche la poesia: QUEL RAMO DEL LAGO DI COMO, pubblicata il 30 luglio 2010.

Entrambe sono tratte dal libro POEMETTI LIRICI E LIRICHE UMANE.














Qui di seguito i "retri" delle due cartoline:




venerdì 12 agosto 2011

RISAIE, IERI E OGGI di Carla Deambrogi Carta


Chi, in piena estate, attraversa la Lomellina, il basso novarese e il basso vercellese vede, qua e la, piccoli gruppi di donne, ma anche uomini,curvi in mezzo alle risaie.
Qualcuno osserva: "Ma come, ci sono ancora le mondine? Ma non erano sparite?"
Le persone che oggi vediamo sparse in alcune risaie sono e non sono mandariso: infatti non fanno la classica "monda" ma fanno un lavoro di selezione.
La selezione è indispensabile in quelle risaie dove viene coltivato il riso da semente, mentre nelle risaie dove viene coltivato il riso per alimento, non tutti i risicoltori praticano la selezione.
Tra le pianticelle chiare del riso da semente nasce una pianticella rossastra e più alta del riso da semente: è il riso "crodo", così chiamato perché i suoi chicchi "crodano" cioè cadono e quindi bisogna estirparlo prima che "spighi" e riempia la risaia di semi indesiderati.
Il riso "crodo" è anch'esso un riso commestibile, ma non è "puro" come quello che noi usiamo oggi.
La selezione va fatta esclusivamente a mano perché gli erbicidi distruggerebbero anche il riso da semente. La selezione oggi viene fatta soprattutto da contadini e contadine cinesi.
La classica "monda" è durata fino agli anni "50, cioè fino a quando sono entrati in uso gli erbicidi.
Per la monda non bastavano le ragazze e le donne del posto. Per questo centinaia e centinaia di giovanissime ragazze del cremonese, del bresciano e dell'Emilia Romagna lasciavano le loro case per andare a lavorare nelle risaie. La monda durava circa 40 giorni, da fine maggio a metà luglio. La retribuzione giornaliera consisteva in un chilo di riso più un "tot" in denaro.
Intere giornate con i piedi immersi fino alle caviglie nell'acqua acquitrinosa, dove non mancavano le bisce; la schiena curva per estirpare le erbe infestanti, alcune delle quali, particolarmente dure, richiedevano un notevole sforzo,
Per difendersi dal sole le mondine portavano un foulard annodato sotto il mento e, sopra il foulard, la "caplina", il cappello di paglia a tese larghe.
Per difendersi dagli insetti e dai graffi di alcune erbacce, portavano vestiti con maniche lunghe e calze senza piede.
 
Lavoravano duramente, faticosamente e cantavano, cantavano sotto l'implacabile sole padano.
Tra le mondine "foreste" e i giovani del posto nascevano degli amori, destinati quasi sempre a finire con la fine della "monda". Mi viene in mente una canzone di Orietta Berti: "Amore mio non piangere se me ne vado via. Io lascio la risaia e torno a casa mia"
Le risaie ormai sono molto cambiate. Sulle rive non ci sono più gli alti alberi: sono stati abbattuti per lasciare lo spazio per il passaggio delle mieti-trebbiatrici che hanno sostituito il lavoro dei mietitori. Le mondine di oggi non cantano più: a cantare nelle risaie sono rimasti solo gli uccelli.
Carla Deambrogi Carta

KUWAIT - IRAQ, AGOSTO 1990. DIARIO di Antonella Brivio

Antonella Brivio, ostaggio di Saddam Hussein nell'agosto 1990,dopo l'occupazione del Kuwait (si veda intervista su questo blog in data 2 agosto 2011), tenne un diario, scrivendo su un piccolo notes, ricevuto in omaggio dall'amica Lucia, prima della partenza. Antonella mi ha concesso di pubblicarlo. La ringrazio e colgo l'occasione per correggere un errore commesso nella stesura dell'intervista. In quella si diceva che i suoi famigliari ricevettero la prima telefonata, con cui li si avvisava della situazione in cui Antonella era stata coinvolta, il 17 agosto, 15 giorni dopo l'inizio dell'avventura. Nell'intervista si diceva che la telefonata era stata fatta dal Ministero degli Esteri. Non è vero,  lo si verifica leggendo il diario: fu la compagnia aerea British Airways che ebbe, anche se con un simile ritardo, la buona idea di telefonare. M.B:



12/07/1990
Una penna e un po' di carta possono esserti utili in varie occasioni:
1° per fare dei GRANDI AUGURI
2° per gli usi consentiti dalla legge
3° per fare quello che si vuole
Auguroni
Lucia
Prima pagina del diario con dedica dell'amica Lucia


01.08 Mercoledì
Partiamo con un'ora di ritardo da Linate. Arriviamo a Londra e ci precipitiamo all'altro aeroporto. L'aereo parte con 3 ore di ritardo.
02.08 Giovedì
Scalo a Kuwait, ci fanno scendere dall'aereo perché si sentono i bombardamenti. Ci trasferiscono all'Hotel dell'aeroporto. Mentre compiliamo la scheda dell'Hotel vediamo un soldato che corre verso il ristorante impugnando una pistola. Nel pomeriggio dormiamo.

03.08 Venerdì
In mattinata sono arrivati molti carri armati e moltissimi soldati. Situazione tesa. In serata le persone senza camera, un buon numero di passeggeri e alcuni membri dell'equipaggio vengono trasferiti in un altro Hotel.
04.08 Sabato
Nessuna novità riguardo il nostro trasferimento.
Arrivano alcuni elicotteri ed i generali sono nel nostro albergo. Molti militari e carri armati se ne vanno. Pomeriggio tranquillo ma in serata ritornano tutti i carri armati.
05.08 Domenica
Tutto il giorno nella hall ad aspettare di essere trasferiti nell'altro hotel. Mangiamo solo la sera, il pranzo è consistito solo in una tazza di tè. Ci ritiriamo nella camera N° 539 (l'altra è la N° 536).
* DOMENICA  NOTTE
h 2 si decide di andare a dormire nelle proprie camere, ma sentiamo un rumore assordante e vediamo 2 elicotteri atterrare e sbarcare molta gente che non riusciamo bene ad identificare.
Gran movimento fuori dall'albergo. Ci telefonano [...] dicendo che tra due ore partiamo (BALLE!)
Notte super - agitata, non chiudiamo occhio per l'eccitazione.


06.08 Lunedì
h 7 tutti i passeggeri e l'equipaggio sono pronti per la partenza.
Improvvisamente ci dividono in 2 gruppi: inglesi, americani, francesi, tedeschi da una parte, italiani, svizzeri, indiani ecc. dall'altra. Il primo gruppo sale sul pullman, ma viene impedito all'equipaggio di salire. PANICO GENERALE! Restiamo inebetiti e terrorizzati, senza sapere dove sia stato portato il 1° gruppo. Ci mandano tutti al piano inferiore, il clima è pesante, il nervosismo alle stelle. Ci sono i primi cedimenti.
Poco alla volta risaliamo nella hall, non è più successo niente, non sappiamo cosa pensare del fatto successo. Nel pomeriggio ci tranquillizziamo e riprende la solita monotona vita. La sera solito kitchen risi e bisi.
07.08 Martedì
Oggi qualcuno ha appeso la data. Non aspettiamo più niente di nuovo, vegetiamo.
In mattinata ci viene finalmente a trovare il Console, famosissimo sign. R. che ci porta sigarette, dentifricio e assorbenti. La sua visita ci tranquillizza parecchio, anche se non ci ha detto praticamente niente. Giochiamo a carte tutto il giorno e la sera festeggiamo il compleanno di Gianfranco con 6 candele e come regalo un pacchetto spiritoso di fiammiferi. Anche l'equipaggio gli regala una trousse da viaggio. Questa sera abbiamo mangiato benissimo: brodo di pollo, riso carne e fetta di ananas, una vera delizia se si pensa che mangiamo a colazione, beviamo una tazza di tè a pranzo e mangiamo Kitchen risi e bisi a cena.
08.08 Mercoledì
Sveglia alle h 7 per la colazione, poi ritorniamo a dormire. Scendiamo nella hall alle 12,30. Pomeriggio a giocare a carte.

09.08 Giovedì
In mattinata ci fanno compilare un modulo con i nostri dati e destinazione. Tutti hanno scritto Londra. I passeggeri della KAR recuperano qualche bagaglio.
10.08 Venerdì
Speravamo in qualche novità, ma stiamo solo aspettando. Solito pane e formaggio e salsiccia per pranzo. Nel pomeriggio guardiamo Indiana Jones
11.08 Sabato
Per la prima volta ci danno da mangiare a mezzogiorno (o meglio alle 14,30). Nel pomeriggio si radunano sul piazzale davanti al nostro hotel una quarantina di carri armati, macchine, pullman, camion militari che ripartono verso le 17,30. Non sappiamo dove sono diretti. Il pesce fritto di oggi ci sta dando qualche problema ma si risolverà.
12.08 Domenica
Giornata tranquilla, pochissimi militari in circolazione, organizziamo un torneo di ping - pong per il giorno dopo.
La sera ci arriva la notizia che gli iracheni hanno deciso di far partire gli stranieri, ma sappiamo anche che è stato ucciso un inglese che stava tentando di attraversare la frontiera, ed ancora peggio che sul confine con l'Arabia Saudita si sono concentrati gli iracheni, gli americani, gli egiziani e i marocchini e c'è rischio di conflitto. Siamo molto spaventati. Oggi hanno ripulito l'aeroporto.
 
13.08 Lunedì
Oggi torneo di ping - pong. Giornata tranquilla. Sera festa con i filippini.
14.08 Martedì
Alle 8 arrivano moltissimi convogli militari, alcuni si mettono lungo le piste, altri se ne vanno non si sa dove. I militari piantano alcune piccole tende lungo la pista. Pomeriggio in sala giochi a vedere il torneo di ping -pong. La sera festa e balli con i filippini. Palmeri Teresa mi regala un fazzoletto per tenere su i pantaloni. Andiamo a letto alle 3.30.
15.08 Mercoledì
Facciamo colazione alle 8,30 poi aspettiamo l'ambasciatore che però non arriva perché non gli hanno dato il permesso di passare. Ritorniamo a letto e dormiamo fino alle 2. Solito misero pranzo, oggi particolarmente disgustoso (pasta, zucchero, uvetta, cannella, una bomba super dolce) cucinato dagli indiani perché oggi è l'anniversario dell'indipendenza. Solito festino particolarmente affollato. Andiamo a letto alle 3,30
16.08 Giovedì
Colazione a base di chapati (1), olive, purè di fagioli. Ritorniamo a letto e verso le 10 ci chiamano nella hall perché hanno deciso di spostarci. È stato un momento particolarmente emozionante perché ci hanno diviso: lo staff della British all'International Kuwait, i passeggeri della Kuwait Airlains al Messilah Hotel, noi al SAS, i malesiani nella loro ambasciata.
Siamo arrivati alle 4, dopo uno spostamento in pullman allucinante sia per il caldo che per lo spettacolo della periferia bruttissima, delle macchine smontate e bruciate, sia per questo paese che è solo deserto con qualche cantiere con grandi strade e niente altro. L'albergo è molto bello c'è la piscina e finalmente dopo 15 giorni respiriamo aria naturale e siamo potute uscire dall'Hotel. Al SAS la suite è confortevole e si possono persino aprire le finestre.
17.08 Venerdì
Oggi è venuto l'ambasciatore Colombo che ci ha detto che probabilmente da lunedì prossimo saremo trasferiti a Bagdad con una scorta militare. Non ci ha saputo dare garanzie o previsioni certe sul tempo della nostra permanenza in Iraq. Sembra comunque che l'ambasciata Italiana in Iraq sappia del nostro arrivo.
Nel pomeriggio ci sono stati degli spari e uno di questi molto vicino all'hotel. Per il resto tutto tranquillo ma in tarda serata si accendono dubbi e discussioni sulla partenza prospettata. Noi abbiamo comunque deciso di partire e domattina daremo la conferma finale.
Lo scuola - bus per il trasferimento a Bagdad


18.08 Sabato
Non si parte più, perché non abbiamo più garanzie di nessun genere.
Andiamo in palestra poi pranziamo piuttosto bene (c'erano le lasagna) e ci rilassiamo in camera. Purtroppo nel pomeriggio ci avvertono che in altri alberghi stanno ritirando i passaporti agli stranieri. Ci portano in ambasciata in fretta e furia. A cena c'è solo un pugno di riso e dopo la solita partita a carte andiamo tutti a nanna. Lottiamo prima con gli scarafaggi nel bagno poi con le fantasie di Marina. Alla fine ci addormentiamo ormai stanche ed abituate ai rumori dei camion e a qualche sparo.
L'ambasciatore ci ha proposto di trasferirci in casa d'italiani o in residence perché non è più molto sicuro stare nei grandi alberghi visto che gli iracheni hanno intenzione di mettere gli stranieri nei punti strategici (basi militari, petrolifere, ecc).
19.08 Domenica
In mattinata alcuni decidono di trasferirsi al SAS, noi rimaniamo in 9 in casa dell'ambasciata e rimandiamo la scelta nel pomeriggio. Subito dopo giunge la notizia che gli stranieri si devono tutti radunare al Kuwait International ed al Meridien. L'ambasciatore  fa ritornare gli altri Italiani che erano appen andati al SAS, in ambasciata. Nel pomeriggio trasferiscono noi cinque in casa di questo giornalista kuwaitiano con la moglie italiana. Gli altri rimangono in ambasciata per questa notte e probabilmente domani andranno in appartamento.
Anche in questa famiglia i viveri scarseggiano e dovremo sollecitare l'ambasciata perché provveda almeno in parte al nostro sostentamento.
20.08 Lunedì
Siamo ancora ospiti della signora Maria. Oggi la notizia peggiore è che puniranno tutti gli iracheni e quindi i kuwaitiani che ospitano stranieri. Non sappiamo niente degli altri, abbiamo paura che facciano rastrellamenti nelle case private. La sera i vicini vengono in visita e ci fanno prendere uno spavento mostruoso, bussando rumorosamente alla porta. Faccio un po' fatica ad addormentarmi, siamo tutti un po' nervosi.
21.08 Martedì
La famiglia è molto preoccupata per i provvedimenti presi contro gli iracheni. Telefoniamo in Ambasciata per sapere dove e come faremo dopo il 24, data in cui le Ambasciate se ne dovranno andare. La signora ci propone di andare in casa di alcuni italiani in questo momento in ferie in Italia. R.(2) viene a prenderci subito dopo pranzo, ci terrorizza come al solito durante il tragitto, e finalmente ci accompagna nella casa dove ci sono anche gli altri italiani. Il nostro spostamento è stato comunicato a Roma con il nome in codice: OCHE DEL CAMPIDOGLIO. Secondo R. non dovremmo offenderci!
Finalmente siamo riuniti nella buona o cattiva sorte. Poco dopo ci annunciano che partiremo forse per la Turchia, ci hanno concesso dei lasciapassare. Speriamo bene!
Ceniamo, festeggiamo il compleanno di Mario, siamo riusciti a preparare una torta di mele, siamo tutti euforici per la bella notizia ed alla fine andiamo a dormire alle 3.
22.08 Mercoledì
Mario e Pino ci svegliano alle 7 portandoci il caffè a letto.
Iniziamo a cucinare e preparare i vettovagliamenti per il viaggio. Partiamo verso mezzogiorno per il SAS HOTEL.
Siamo 9 in macchina e vicino all'albergo incrociamo 4 camion pieni di soldati. Abbiamo paura che ci fermino, ma questi ci fanno sorpassare ed alla fine arriviamo in albergo. Mangiamo bene anche se non c'è più il buffet visto i razionamenti. La notizia della nostra partenza è stata resa ufficiale questa mattina, ma non sappiamo ancora se andremo in Giordania o in Turchia.
Saliamo in camera a riposarci un po' visto che questa notte abbiamo dormito 3 ore. Gli inservienti hanno avuto ordine di vuotare i frigoriferi così abbiamo messo acqua e bibite in cassaforte.
Questa sera ci comunicano che l'operazione è annullata ma noi decidiamo di partire lo stesso per Bagdad.
23.08 Giovedì
L'ora di partenza è stata stabilita alle 10. Con noi partiranno anche 9 spagnoli ed alla fine riusciamo a stiparci nel nostro incredibile pulmino (Scuola Bus!) in 31 più l'autista e a mezzogiorno prendiamo la via per Bagdad.
Subito coda per la benzina, fa piuttosto caldo considerata l'ora ed il fatto che siamo in pieno deserto. Ci fermiamo ad un posto di blocco e un militare controlla le nostre borse e quasi tutto il bagaglio della jeep che ci accompagna. Verso le 4 arriviamo alla frontiera, scendiamo dal pulmino, ci controllano i passaporti e ci offrono cortesemente dell'acqua fresca.
Ripartiamo per Bosrahiii ed alle 5,30 facciamo sosta allo Sheraton. Riprendiamo la nostra interminabile marcia e ad un distributore di benzina il pulmino non vuole più ripartire. Alcuni soldati e civili ce lo sistemano e siamo di nuovo pronti a riprendere la marcia. Circa a mezzanotte il pulmino si ferma definitivamente in una stradina dissestata e completamente buia. Dalle case si vede la gente che ci guarda sospettosa, ma subito dopo escono, ci offrono dell'acqua fresca e cercano di aiutarci in tutti i modi. Ripartiamo verso le due di notte, il pulmino è senza filtro dell'aria e i fanali continuano a spegnersi. Ci fa strada la jeep che ad un certo punto ci semina. Momenti di panico, cerchiamo ripetutamente di fermarlo ed alla fine riusciamo a fermarlo. Stefano Piotti, il nostro eccezionale autista che per la prima volta guida il pulmino, ha un momento di crisi, è stanco, guida aiutato da noi che gli indichiamo il ciglio della strada.
Si mette alla guida del pulmino il sig. Pecchio (Catapecchio per gli amici) e riprendiamo il viaggio incollati alla macchina. Finalmente ritornano a funzionare i fari ed arriviamo all'ambasciata ...
24.08 Venerdì
... italiana alle 6 (qui sono le 7), il corpo diplomatico ci aveva già dati per dispersi!
Ci accompagnano al Rashid Hotel, siamo distrutti, completamente a pezzi. Facciamo colazione, una doccia, ci riposiamo un po' e finalmente riusciamo a telefonare a casa. Nel pomeriggio ci riaccompagnano in Ambasciata dove il consigliere B. ci fa il quadro della situazione e ci propone come utilizzare il tempo durante la nostra forzata permanenza.
Finalmente ci spetta una notte di riposo meritato dopo un viaggio interminabile ma sicuramente più tranquillo di quello che avevamo previsto. In Iraq abbiamo visto uno spiegamento incredibile ed impressionante di mezzi militari, villaggi fantasma, Bosrah (3) è semidistrutta, sono evidenti i segni della guerra recente contro l'Iran, sembra una città appena bombardata. Per il resto deserto solo e sempre il nulla  e naturalmente tanti militari. Bagdad invece è una bella città, verde con tante strade larghe, è pulita e ordinata, praticamente il contrario di quello che mi immaginavo.
Pensiamo a quelli che non sono voluti partire, ne sentiamo la mancanza, soprattutto perché qui non c'è tensione a parte i militari ad ogni incrocio ed a Bosrah i BAMBINI con il fucile in mano.
25.08 Sabato
Alcuni di noi escono per comprare generi di primaria importanza (dentifricio, creme, sigarette, bagno schiuma etc).
La cifra spesa è esorbitante e corrisponde a £ 1.200.000 poiché il Dinaro in Iraq equivale al Dinaro kuwaitiano che è circa £ 5000.
Solita pennichella pomeridiana ma alle 5 ci portano a casa del sig. B. dove giochiamo  a ping pong biliardo e guardiamo un film. Torniamo in Hotel per la cena, passeggiamo in giardino, poi a nanna. A casa di B. troviamo un giornalista dell'Espresso , il signor Fabiani ed un altro italiano che erano allo Sheraton in Kuwait e che sono stati portati in un campo di concentramento per iraniani per un giorno e mezzo. Fabiani ci conferma che effettivamente gli americani sono stati portati nelle centrali di raffreddamento, nei depositi di gas, nelle polveriere e nelle fabbriche di missili, compresi donne e bambini. Noi possiamo ritenerci veramente fortunati.
Ho di nuovo sentito casa per telefono e mi hanno deto che la notizia che noi eravamo fermi in Kuwait gli è stata comunicata solo il giorno 17 dalla British Airwais. Il nostro Ministero non si è nemmeno preso la briga di avvisare le famiglie pur avendo ricevuto i nostri nominativi il giorno 7. Sicuramnete un po' di MERITO va all'Ambasciata Italiana in Kuwait che merita un discorso a parte ...
26.08 Domenica
Giornata NO!
27.08 Lunedì
Nel pomeriggio siamo andati a fare shopping in un suk. Caldo tremendo! A cena a casa del Consigliere B. che ci ha preparato spaghetti al pomodoro e maccheroni alla carbonara. Ci siamo rimpinzati come le oche. Abbiamo poi tenuto compagnia a Vincenzo fino alle 3 e mezza.
28.08 Martedì
Oggi bagno in piscina con bermuda a rigoni bianchi e viola, reggiseno nero di Carole più fascia nera a mo' di top.
La sera con un gruppo di italiani che lavorano qui andiamo in discoteca. Il signore egiziano che ha passaporto italiano è riuscito a farci entrare gratis. Io torno in camera presto perché sono stravoltissima. Nel nostro hotel c'è anche un rappresentante dell'ONU. Verso mezzanotte arriva B. dicendo che le donne e i bambini hanno il permesso di partire.

Ultima pagine del diario di Antonella

29.08 Mercoledì
Oggi non si parte, nel pomeriggio andiamo all'Istituto di Cultura che è pieno di giornalisti. Altra serata in discoteca.
Nell'Hotel c'è Jesse Jackson.
30.08 Giovedì
Nessuna novità. Giornata pigra, la sera siamo invitate a mangiare spaghetti in casa di alcuni italiani. Poi andiamo in discoteca al Babilonia e rientriamo alle 3,30.
Troviamo un messaggio da parte di B. che ci dice di essere pronte per le 5. Facciamo i bagagli. Dovremmo telefonare anche al tizio dell'Europe Assistence che ci ha rintracciato ma non ci sembra l'ora adatta.
31.08 Venerdì
Alle 5 ci raduniamo nella hall ma riusciamo a partire solo alle 6. Siamo 16 donne più tre bambini piccoli. Ci accompagnano B., V. ed un taxista arabo grazie al quale riusciamo a sveltire le procedure burocratiche al confine iracheno. Ci aspettano i diplomatici dell'Ambasciata Italiana in Giordania e ci portano le cibarie.
Nel territorio tra Giordania e Iraq ci sono diversi campi di filippini, arabi etc. che aspettano che qualcuno li porti in Giordania, accampati alla bell' e meglio. Ci fermano diverse volte ed alla fine l'ultimo ostacolo della frontiera giordana. Il nostro autista ci fa saltare la coda con manovre da acrobata. Per sbrigare queste formalità ci abbiamo messo la bellezza di 4 ore. Qui la gente che aspetta è numerosissima, vivono sdraiate sotto tende improvvisate in condizioni tremende. Alla fine arriviamo ad Amman alle 20.30 (19,30 ora locale) dove ci aspetta una folla di giornalisti che per una buona mezz'ora ci intervistano. Finalmente doccia sospirata ed a cena ci fotografano e riprendono ancora. Alla fine abbiamo viaggiato 14 ore per fare 1000Km di deserto, miraggi e sassi e senza mai vedere anima viva. La sera telefoniamo a casa per le ultime, e finalmente certe, notizie. Nonostante non abbiamo dormito la notte precedente siamo troppo eccitate per piombare subito addormentate.
01.09 Sabato
Sveglia alle 7, partiamo alle 10 sedute nel salotto presidenziale. Scalo a Cipro poi finalmente arriviamo a Roma Ciampino alle 13,40 sotto una pioggia torrenziale. Ci sono Anna e Ivano, emozionatissimi loro ed emozionatissime noi che finalmente in mezzo a un mucchio di giornalisti vediamo due facce veramente amiche. SIAMO A CASA. Pranziamo alla mensa militare ed in pulmino raggiungiamo Fiumicino. Lì ci aspettano Umberto e Giulia. Un breve saluto e saliamo sull'aereo che ci porta a casa. Passiamo finalmente inosservate, ma dopo circa 20 minuti di volo il capitano dà il benvenuto a bordo alle "cinque ex ostaggi" ennesimo battimano. Cerchiamo di nasconderci dietro i sedili, ma è inutile visto che, secondo istruzioni ricevute, dobbiamo scendere sole e per prime. Ci vengono a prendere in pulmino e ci istruiscono: prima dobbiamo superare i giornalisti che al solito ci aspettano appiccicati alle porte e formano un muro sempre più fastidioso e difficile da superare. Io, in netta difficoltà, vengo trascinata da un giovane poliziotto che ligio al dovere non mi vuole lasciare andare anche quando arriviamo davanti al salottino dei VIP dove ci sono i nostri parenti ed amici e io vedo mia sorella. Saluti baci ed abbracci poi finalmente a casa!!!!
 NOTE
(1) È un  pane tipico della cucina indiana, diffuso in gran parte dell'Asia meridionale.
(2) Funzionario dell'Ambasciata italiana a Kuwait City
(3) Bassora


SEGUENDO UNA FIRMA: TENIA di Marco Bartesaghi

I graffiti fotografati in questo post sono tutti firmati TENIA. E' stata una piacevole scoperta trovarli casualmente in luoghi diversi e imparare a identificarli come opera dello stesso autore. Spero di individuarne altri e di poter aggiornare man mano il post.


Via Roma, Pescate (LC)




Via Ettore Monti, Galbiate (LC), lato fiume Adda


Lungo Adda, Olginate (LC)




SS36, Località Pradello, Abbadia Lariana (LC)
Galleria Borbino, Abbadia Lariana (LC)

Località Consonno, Olginate (LC)
                                             Darsena, Milano







martedì 2 agosto 2011

AGOSTO 1990: ANTONELLA OSTAGGIO DI SADDAM HUSSEIN intervista di Marco Bartesaghi

Di viaggi Antonella Brivio, di Verderio Inferiore, ne ha fatti tanti, sono la sua passione. Ha toccato ogni parte del mondo, le mancano l'Australia e l'Oceania, ma predilige l'Asia, l'estremo oriente. Ogni viaggio è diverso dall'altro e lascia ricordi particolari e indelebili. Quello che Antonella ha programmato con quattro amiche nell'agosto del 1990 però è stato "più diverso" degli altri e il suo ricordo sarà ancor più indelebile. Le ho chiesto di raccontarcelo.
Il piano di volo. Come si nota non era previsto alcuno scalo a Kuwait City

UNO SCALO A SORPRESA
Nell'agosto 1990: avevo programmato una vacanza in India del sud con quattro amiche. Partendo da Linate avremmo raggiunto Londra e da qui Madras, la nostra meta. Alle ore 4 del due agosto, invece, siamo atterrate all'aeroporto di Kuwait City.
Una fermata non prevista?
Sì, ci siamo accorte solo a Londra che l'aereo avrebbe fatto quello scalo. A Kuwait City si sentivano rumori strani, rumori che non riuscivamo a comprendere anche perché dall'oblò, col buio, non si vedeva niente. Un gruppo di persone è sceso dall'aereo.

Voi non dovevate scendere?
No, per noi e per molti altri doveva essere solo una breve sosta, saremmo dovuti ripartire subito. A un certo punto però la hostess, sorridendo, ci ha detto "dovete scendere", poi con un fervore che andava aumentando ce lo ha ripetuto e ci ha spinto giù dall'aereo. Io ho cominciato a brontolare, dicevo: " non arriviamo più in India, già siamo partiti in ritardo da Londra..." L'aeroporto era deserto, c'eravamo solo noi. Dalle grandi vetrate che davano sulla pista vedevamo, in lontananza, dei bagliori.
Bagliori di spari ?
Sì, di spari, di esplosioni Abbiamo cominciato a chiederci che cosa stesse succedendo. Il capitano dell'aereo, dopo aver parlato con un militare, ci ha detto: "dobbiamo fermarci qui perché ci sono problemi tra l'Iraq e il Kuwait. Ci sono degli scontri a venti chilometri da qui" Al che abbiamo guardato fuori dall'aeroporto, verso dove si vedevano i bagliori e ci siamo detti: "quelli lì sono meno di venti chilometri".
Cosa stava succedendo quel giorno, da quelle parti? Il 2 agosto 1990 l'Iraq di Saddam Hussein aveva invaso il Kuwait, una decisione destinata a segnare la storia di questi ultimi vent'anni, con la Prima Guerra del Golfo (17 gennaio - 28 febbraio 1991) ,che indusse l'esercito iracheno ad abbandonare i territori occupati, e la Seconda Guerra del Golfo, iniziata il 20 marzo 2003, che ha portato alla caduta del regime di Saddam Hussein.  

Una volta scese dall'aereo ci hanno caricato su un pulmino e portato all'hotel dell'aeroporto, dove siamo state per quindici giorni. Qualche ora dopo il nostro arrivo gli iracheni hanno occupato l'aeroporto. Veramente noi non capivamo se fossero iracheni o kuwaitiani, perché, naturalmente, parlavano in arabo ... non sapevamo niente ... non sapevamo chi fossero tutti quei militari in aeroporto.
L'albergo era all'interno dell'aeroporto?
Si, dava direttamente sulle piste ..un grande albergo
Nessuno vi spiegava cosa stesse succedendo?
Nessuno ... nessuno a parte l'equipaggio della British Airways, che è sempre stato con noi.....
Foto di gruppo all'Hotel dell'aeroporto. Antonella è in basso a sinistra


E i dipendenti dell'albergo?
Erano spariti tutti. Quando siamo arrivati c'era solo un militare kuwaitiano che, vista la "malparata", si era cambiato e vestito da facchino. Gli altri erano scappati. Erano rimasti solo i lavoratori filippini, che facevano gli inservienti, e altre due o tre persone, forse i responsabili dell'albergo.
E quindi voi come facevate, vi autogestivate? Per mangiare e per tutto il resto ...?
I filippini ci preparavano da mangiare con quel poco che c'era (l' albergo di un aeroporto ha scorte minime, perché la gente in genere si ferma una notte, giusto per aspettare l'aereo successivo): la mattina ci davano il tè, alle due ci davano il tè e alla sera ci davano un po' di riso. I filippini erano veramente disperati, dei bravissimi ragazzi; non avevano voglia di andare a casa perché nessuno li attendeva; la loro ambasciata si guardava bene di contattarli .Dopo un po' di giorni abbiamo deciso che ogni nazione presente avrebbe cucinato qualcosa per tutti alla sera.
Quali nazionalità erano rappresentate?
Malesiani, italiani, indiani, neozelandesi  ... gli altri europei non c'erano già più, perché li avevano portati via.
Con che cosa cucinavate, se non c'era niente?
Allora ti dico: il quindici d'agosto, festa nazionale d'indipendenza dell'India, gli indiani hanno preparato un dolce con il riso e l'uvetta: questa è stata la nostra cena. Il giorno dopo sarebbe toccato a noi italiani: a grande richiesta avremmo dovuto preparare gli spaghetti. Invece proprio quel giorno, il 16, ci hanno trasferito.
Come mai?
Tutti i giorni gli iracheni venivano e dicevano: " domani vi spostiamo ... domani vi spostiamo perché qui è troppo pericoloso" In effetti, un aeroporto, in caso di guerra è una delle prime cose su cui si spara. "Qui è molto pericoloso, domani vi spostiamo". Abbiamo provato a stare dalle sette di mattina fino alle nove di sera sedute nella hall, trecento persone, ad aspettare che arrivassero a spostarci,
Avevate capito che l'Iraq aveva invaso il Kuwait?
No i primi giorni niente, non sapevamo neanche come muoverci, quando guardavamo fuori dalla finestra vedevamo un sacco di carri armati, un sacco di militari e non avevamo nessuno a cui chiedere. Poi ci ha cercato l'ambasciata...
Carri armati iracheni occupano l'aeroporto di Kuwait City


Dopo quanti giorni?
Bo, dopo tre o quattro giorni..
L'avete interpellata voi o...?
Hanno chiamato in aeroporto chiedendo di parlare con qualche italiano. Ci hanno detto che stavano organizzando un trasporto via mare per il rimpatrio, di prepararci... Cosa dovevamo preparare? Non avevamo niente, non avevamo il bagaglio, rimasto sull'aereo e mai più recuperato. Avevamo solo ciò che avevamo addosso
Quanti italiani eravate?
Sull'aereo eravamo in dieci: noi cinque, due amici che erano partiti insieme e altri tre. Poi in aeroporto abbiamo incontrato due coppie: una di Torino e una di Bologna, che stavano tornando dalle ferie, si sono svegliate con i carri armati e non sono più ripartite. Erano in viaggio dall'inizio di luglio, le donne sono tornate con noi, i primi di settembre, i mariti sono stati rilasciati il 7 di dicembre, per cui sono stati in giro sei mesi
Altre notizie? Vedevate la televisione?
Sì, si vedeva la CNN.

UN GIORNO DI PAURA
La giornata sicuramente peggiore è stata il 6 agosto: la data della mia prima morte, io lo dico sempre...
Perché?
Perché sono arrivati gli ufficiali iracheni, tra l'altro sempre molto gentili con noi ... sono arrivati e hanno chiamato gli inglesi, i francesi i tedeschi ... li hanno portati nella sala da pranzo (noi li vedevamo dalla vetrata)
Tutti gli europei, tranne voi?
Tranne gli italiani sì ... Vedevamo gli ufficiali di spalle che stavano parlando e i nostri compagni che ascoltavano tranquillamente. Noi abbiamo cominciato a brontolare: "ecco i nostri deputati dormono, in agosto sono in vacanza eccetera. Questi se ne vanno a casa, chissà noi quando andiamo". Insomma, ci stava montando un certo nervoso. Una signora indiana mi si è avvicinata e mi ha chiesto:"di che nazionalità sei?" "sono italiana" "allora stai tranquilla" "come stai tranquilla?" "no,no, sta tranquilla va bene così".
Poi cosa è successo?
A un certo punto li hanno fatti uscire dalla sala: erano ancora molto tranquilli. Però, una volta fuori, gli hanno ritirato il passaporto e li hanno caricati su pulmini militari. Da dentro li vedevamo: erano terrorizzati, perché senza il passaporto chi sei? Sei il signor nessuno. Si è creato un gran casino di agitazione. Allora i militari ci hanno fatto scendere nello scantinato.
Per non vedere?
Per non farci vedere, perché stavamo cominciando a spaventarci veramente: noi vedevamo loro ma  non potevamo uscire; loro guardavano noi dai finestrini. Non si riusciva a capire cosa stesse succedendo. Li hanno portati via ma hanno lasciato lì l'equipaggio dell'aereo, che pure era inglese.. Noi intanto eravamo in cantina Io ero sicura che sarebbero entrati e ci avrebbero sparato. Sai quando sei convinta di una cosa? Ero sicura che quello sarebbe stato l'ultimo giorno e buona notte.
Invece?
Dopo un po' di ore ci hanno fatto risalire e ci hanno spiegato che gli altri erano stati portati a fare gli scudi umani. In Italia la notizia è arrivata più tardi, in realtà erano stati presi quel giorno, il 6 agosto 1990, proprio una giornata di merda.
E come mai gli italiani no? L'avete capito?
Bisogna chiederlo ad Andreotti, era lui il ministro degli esteri.
Miracolo di Sant'Andreotti?
Sì, Sant' Andreotti, San Giulio: comunque gli italiani no. Infatti noi siamo state anche le prime ad essere rilasciate, le prime occidentali.
E la signora indiana come faceva a sapere di Sant' Andreotti?
Non lo so, non ho capito. C'è da dire che le ambasciate degli altri paesi arrivavano a portare le medicine, i rasoi per gli uomini, i pannolini per i bambini piccoli... solo la nostra non è mai venuta. C'era un funzionario, un certo R.  che ci telefonava e, piangendo, diceva : "Oh, qui sparano". Poi ci diceva "se per caso bombardano dovete tapparvi le orecchie e mettervi sul naso un panno bagnato, e le braccia sopra la testa".
Ma piangeva davvero?
Sì, piangeva. Allora un ragazzo di Lecco lo prendeva in giro e gli diceva:"R., dove dobbiamo metterle le braccia se bombardano?",
Quindi da un certo punto di vista voi eravate abbandonati dall'ambasciata, ma protetti da San Giulio?
Si, da San Giulio. L'abbiamo capito in quel momento lì. O dio, in quel momento lì eravamo arrabbiati e pensavamo di essere l'ultima ruota del carro e che non interessavamo neanche come scudi umani. Però abbiamo pensato che probabilmente i buoni rapporti di Andreotti con i paesi arabi davano qualche frutto. Forse anche perché l'Italia era considerato l'anello debole dell'occidente e cercavano di tenersela buona.
Comunque siamo stati quindici giorni nell'hotel, senza mai uscire. Un' amica un giorno, guardando dalla finestra ha detto: "chissà se in questo posto fa freddo d'inverno?" L'ho guardata e le ho detto"se è per quello non sappiamo neanche se fa caldo d'estate, non siamo mai uscite". Aria condizionata per quindici giorni!
E fuori cosa succedeva?
Hanno fatto di tutto: gli iracheni caricavano gli aerei, e poi li portavano via,.Tutti li hanno portati via. Noi li vedevamo, era il nostro unico spettacolo

 GLI OCCIDENTALI DIVENTANO OSTAGGI
Repubblica — 10 agosto 1990   pagina 3  (1)



VITA DA OSTAGGI
Come trascorrevate le giornate?
Giocavamo a carte, dormivamo, ci lavavamo e giocavamo a carte. Facevamo il giro della hall, come i matti
E l'umore com'era?
Dipende. Fortunatamente non siamo mai "scoppiate" tutte insieme: un giorno era brutto per una, l'altro per l'altra e così via...
Ma socializzavate solo fra italiani o con tutti?
Con tutti, sì, sì con tutti
Gli italiani, a parte le tue amiche, li hai rivisti?
Ho rivisto quelli di Lecco, poi c'era uno di Lissone
Eravate tutti della zona?
Uno di Usmate, Mario. Dopo quindici giorni, finalmente ci hanno portato in un albergo in città. Li c'era da mangiare si poteva uscire.
Si poteva uscire per la città?
No, si poteva respirare all'aperto. No in città no, c'erano i carri armati, era tutta devastata e quasi disabitata. Nel tratto che abbiamo fatto durante il  trasferimento non c'era nessuno: a parte i militari che facevano i blocchi stradali non c'era nessuno...
Dov'era la gente?
Le zone residenziali erano ancora  un po' abitate. In quelle del commercio dell'industria, delle banche invece non c'era nessuno.
Nel nuovo albergo siamo stati un paio di notti. Poi si era saputo che gli iracheni rastrellavano gli alberghi in cerca di stranieri e allora ci hanno trasferito all'ambasciata, dove abbiamo trovato tanti altri italiani, quelli che lavoravano in Kuwait.

 L' AMERICA VIVE LA SINDROME DEGLI OSTAGGI
Repubblica — 11 agosto 1990   pagina 6



OSPITI DI ITALIANI
Quindi due giorni in albergo e poi in ambasciata...
Sì, però per noi cinque non andava ancora bene. Secondo l'ambasciata eravamo donne sole e quindi dovevamo essere ancor più protette. Noi obiettavamo che eravamo si cinque donne sole, ma non isolate, eravamo nel gruppo. Niente da fare: ci hanno portato a casa di una signora napoletana che aveva sposato un giornalista Kuwaitiano. Ci ha ospitato ma era terrorizzata perché gli iracheni facevano rappresaglie, e se avessero scoperto che nascondeva stranieri, per lei sarebbero stati guai grossi. In più la signora aveva due figli di 19 e 20 anni, per proteggerli aveva chiesto per loro il passaporto italiano ma glielo avevano rilasciato con la data 10 agosto, così si capiva che l'avevano fatto apposta. Abbiamo chiamato l'ambasciatore e gli abbiamo detto che lì non potevamo stare, perché stavamo creando problemi alla famiglia, che fra l'altro non aveva quasi più niente da mangiare.
Allora all'ambasciata hanno pensato di metterci in casa di un italiano che vendeva armi ai kuwaitiani: sembra una barzelletta ma è così. Vendeva armi ai kuwaitiani, e viveva nel quartiere della resistenza kuwaitiana; un posto proprio sicuro Ci hanno messo tutti lì, eravamo una ventina.

Documento dell'ambasciata italiana nel Kuwait rilasciato a Antonella Brivio per il trasferimento da Kuwait City a Bagdad

DA KUWAIT CITY A BAGDAD
Ma del vostro rilascio non si diceva niente?
Un giorno ci arrivò la notizia che Andreotti aveva ufficialmente comunicato che il giorno dopo saremmo partiti per la Turchia. Non era vero, anche San Giulio aveva toppato. Poi, mi pare il giorno 20, ci hanno detto che ci avrebbero trasferiti a Bagdad con una scorta armata.
Era vero?
Quasi. Nel senso che siamo davvero partiti per Bagdad, ma da soli, senza nessuna scorta;con uno scuola - bus guidato da un ragazzo italiano che lavorava lì e si era offerto di accompagnarci.
Chi eravate?
Eravamo quasi tutti gli italiani. Non tutti perché alcuni non se l'erano sentita di rischiare. Anche nel nostro gruppo la decisione era stata sofferta: una di noi non era d'accordo di partire ma ci disse che comunque non si sarebbe staccata dalle altre. A favore della partenza giocava la decisione di Saddam Hussein di chiudere le ambasciate in Kuwait: quello stato non esisteva più perché annesso all'Iraq, non aveva più senso lasciarle aperte. Noi turisti saremmo stati abbandonati a noi stessi, non avremmo più avuto contatti con nessuno. Abbiamo deciso di partire. Al gruppo si aggregarono alcuni spagnoli.
Che giorno era?
Era il 20 agosto. Siamo partiti a mezzogiorno e arrivati alle 8 del giorno dopo.
Cosa ti ricordi di questo viaggio?
Deserto. Il Kuwait, a parte la capitale, è deserto. E' un posto orribile, orribile. Chiedevamo alla signora napoletana: " cosa fate voi qui?" "Mah, ci raduniamo in una casa facciamo feste". È un posto di uno squallore esagerato, con ville enormi piene di lustrini. Fa un caldo allucinante, per cui ci si può muovere solo con macchine con aria condizionata.
Arrivati al confine tra Iraq e Kuwait. ci hanno fatto scendere per controllare i documenti. Al tavolo c'erano quattro o cinque ufficiali con una brocca d'acqua e un bicchiere. Da come guardavamo la brocca hanno capito che eravamo a corto di acqua. Infatti quella poca che avevamo era bollente. Al primo che si è presentato per mostrare i documenti gli hanno detto" prego" e l'hanno invitato a bere. Poi hanno fatto di tutto per trovarci l'acqua fresca, mandando alcuni i soldati a cercarla. In seguito ho scoperto che gli sciiti non ti rifiuteranno mai un bicchiere d'acqua,  perché un dei loro martiri è morto di sete nel deserto.
Quindi loro erano sciiti?
Probabilmente sì.
Siamo passati da Bassora: indimenticabile.. Una città che sembrava bombardata fino a dieci minuti prima, una roba allucinante. Erano i segni lasciati dalla guerra, durata otto anni, fra Iraq e Iran. C'erano i bambini con il kalasnikov che salutavano i turisti. Tra noi c'erano due bambini piccoli, avranno avuto 5 o 6 anni. Questi guardavano fuori dal finestrino, vedevano i loro quasi coetanei con i kalasnikov. e chiedevano "ma perché hanno il fucile?": che cazzo gli dici? Come gli spieghi perché i bambini poco più grandi di loro hanno il fucile in spalla? Così, pensi: noi nasciamo, possiamo fare i ladri, possiamo fare gli astronauti possiamo fare ogni cosa, o quasi. Qui nascono e devono fare questa vita, non conoscono un giorno di pace.Ti viene un'angoscia .
Poi siete arrivati a Bagdad ...
Sì, ma prima, verso le due di notte il pulmino si è bloccato in un villaggetto. Quelli dell'ambasciata avevano paura che ci succedesse qualcosa e ci dicevano di non scendere, ma figurati se qualcuno voleva salire sul pulmino riusciva comunque e noi avevamo bisogno di sgranchire le gambe.
È stato commovente: nel villaggio hanno cominciato ad accendersi le luci; vedevi la gente che sbignava dalle finestre. Poi il sindaco si è fatto forza ed è venuto a vedere, dopo di lui si sono fatti avanti gli altri abitanti. I bambini hanno iniziato a fare la spola per portarci acqua e frutta. Siccome il pulmino non partiva, un signore ha preso la moto e, con un altro, è andato a prendere il meccanico al paese vicino. Intanto che lui trafficava, tutto il paese era intorno a noi e ci faceva domande in arabo, a cui rispondevamo un po' in inglese e un po' in italiano. Probabilmente noi facevamo molta tenerezza, comunque in Iraq le persone normali, non le autorità che non abbiamo mai incontrato, le persone normali sono più gentili della media ... militari compresi. Alle 8 di mattina  del 20 agosto siamo arrivati a Bagdad.


 GLI OSTAGGI NEGLI OBIETTIVI MILITARI
Repubblica — 21 agosto 1990   pagina 3


A BAGDAD, "OSPITI GRADITI" DI SADDAM HUSSEIN
Ci eri già stata?

No, e non mi aspettavo una città così bella ... Ci hanno alloggiato all'Hotel Rashid, quello che oggi ospita il quartier generale degli USA. Da lì siamo  finalmente riusciti a telefonare a casa...
Per la prima volta? Cosa sapevano di voi a casa??
Non hanno saputo niente fino al giorno 17, quando la Farnesina ,cioè il Ministero degli Esteri ,ha telefonato.
Come hanno vissuto senza notizie per due settimane?
Da pazzi ...da ... paz..zi... .Poi, una volta che la Farnesina si è messa in moto e ha fondato l'unità di crisi che prima non c'era, telefonavano spesso. Chiamavano in albergo e chiedevano "Come stai oggi?" " Male", e dopo telefonavano a casa.
In questo albergo non eravate solo italiani, c'era tanta gente?
Siamo sempre stati tante nazionalità.
Eravate più libere che a Kuwait City?
Sì certo, anche se non potevamo andare in giro per i fatti nostri. Però ci hanno portato a comparare qualcosa al mercato, perché non avevamo niente, qualche capo di vestiario, niente di che, Potevamo uscire, potevamo andare in ambasciata, a casa del console, siamo andati a mangiare a casa di un italiano ...
Nella città di Bagdad non era ancora successo niente, nessun atto di guerra?
Assolutamente niente, lì non si sentiva più sparare, non si vedevano più i carri armati, si vedevano grandi foto si Saddam Hussein ogni dove
E i vostri compagni che erano restati a Kuwait City?
A un certo punto li hanno presi e portati a Bagdad: sono arrivati con i militari, dopo due giorni.
In casa del console si nascondeva un giornalista dell'Espresso che era stato in un campo di concentramento perché beccato a curiosare in giro per Kuwait City. Raccontava che nel campo aveva incontrato alcuni iraniani che non sapevano che la guerra fra Iran e Iraq fosse finita .Lui si nascondeva in casa del console perché aveva paura di essere riacciuffato
Ma lui dal campo di concentramento era stato rilasciato o era scappato?
Era stato rilasciato
Però sarebbe dovuto tornare in Italia e non era tornato?
No, nessuno poteva partire, da Bagdad non poteva partire nessuno straniero. Non potevamo prendere un aereo e tornare a casa, assolutamente
Eravate comunque ancora ostaggi?
Sì anche se il governo iracheno diceva che noi italiano eravamo "ospiti graditi"...!?!
Ma almeno vi trattavano da ospiti?
Non ci trattavano male. Il personale dell'albergo non era veramente personale dell'albergo, probabilmente erano militari. Lo capivi dalle cose più banali: chiedevi la chiave della camera e non la trovavano: "non c'è" " come non c'è, guardala è lì", cose di questo tipo. Però erano gentilissimi ogni tanto ci vedevano un po' pensierosi, allora si avvicinavano e, in arabo ci dicevano "insciallah, insciallah" "insciallah che cosa?" replicavamo e allora, in inglese,"non preoccuparti". Ci raccontavano alcuni tecnici dell'ENI che lavoravano lì che quando è stato occupato il Kuwait gli iracheni piangevano disperati. Non ne potevano più, avevano appena finito una guerra che li aveva messi alla fame... erano disperati.
Poi ogni tanto all'albergo arrivavano degli uomini politici: è arrivato un austriaco, come si chiamava, quello destroide che è morto?
Heider?
Sì, lui. È arrivato, ha stretto la mano al signor Saddam Hussein e si è portato via gli austriaci. È passato Jesse Jackson, l'americano. Gentilissimo, lui passava, salutava e diceva "come và? Non preoccupatevi".

LA CEE PREPARA LA RISPOSTA
Repubblica — 24 agosto 1990   pagina 3



VERSO CASA: PRIMA TAPPA AMMAN, IN GIORDANIA
Poi una sera siamo andati a mangiare a casa di un italiano che ci ha fatto la carbonara: ci tenevamo compagnia, saremo stati una trentina "Venite tutti da me, poi andiamo in discoteca".
Siete andati in discoteca a Bagdad?
Sì, sì, non ne potevamo più alla fine. Siamo stati lì a guardare quelli che ballavano, però almeno eravamo fuori. Siamo tornate alle tre di mattina e alla reception ci hanno detto: "C'è un messaggio per voi". Era il console: "Alle cinque partite. Avvisate le altre donne". Abbiamo avvisato le altre donne e alle cinque eravamo pronte..
A quel punto c'è stata una piccola battaglia verbale con il console: "Dovete salire sul pulmino" "Dove andiamo?" "Non possiamo dirvelo per la vostra sicurezza". Abbiamo insistito. "Diteci dove  stiamo andando!" "Non possiamo dirvelo" "Io non salgo "Dovete salire" "Io non salgo". Ormai era una guerra: "Dove stiamo andando con il pulmino alle cinque di mattina. E gli uomini?" "gli uomini non possono venire " " e io non salgo"
Tutti vi opponevate?
Sai, noi eravamo cinque amiche. Ci dispiaceva lasciar lì persone che erano state con noi per più di tre settimane ed erano diventate il nostro punto di riferimento. Però c'erano donne che lasciavano lì i mariti. "Non possiamo dirlo neanche a loro" "E allora vai tu in gita col pulmino" Alla fine hanno detto che non potevamo decidere noi e che dovevamo approfittare dell'occasione. Morale, ci hanno caricate e siamo andate in Giordania, ad Amman, meta che abbiamo conosciuto solo quando siamo arrivate al confine. Subito dopo il confine, in Giordania, la situazione era disastrosa
Perché?
C'erano accampamenti di filippini, africani, indiani, gente che aveva perso il lavoro e cercava di andare a casa ma nessuno li andava a prendere. Una roba allucinante, una miseria che io mai mi dimenticherò. Vivevano ciascuno sotto un telo sorretto da quattro bastoni e loro stavano lì sotto ad aspettare : che cosa? Avevano perso tutto gli erano stati rubati i soldi, erano lì e non sapevano come tornare a casa. Non erano venti persone, erano migliaia, nel deserto
Erano campi spontanei o organizzati dell'Onu o da qualcun altro?
No, non erano campi organizzati, assolutamente. Qualche ora più tardi siamo arrivate ad Amman, dove c'era tutta la stampa del mondo.

AMMAN, ROMA, MILANO
Il giorno dopo siamo partite per Roma, viaggiando sull'aereo del presidente della Repubblica, che allora era Cossiga. Naturalmente non c'erano i sedili come sugli altri aerei: c'era il salotto con le poltrone. A un certo punto io e Nicoletta ci sediamo una davanti all'altra. Arriva uno dell'equipaggio e dice a Nicoletta: "Veramente quella è la poltrona di Cossiga" "Adesso ci sono io".Ha preso ed è andato via.
Sull'aereo avete raccontato la vostra avventura?
Cercavano di capire come eravamo messe dal punto di vista psicologico. La sera prima in Giordania volevano riempirci di tranquillanti ma gli avevamo detto: "se avete bisogno di tranquillanti beveteveli voi, noi non abbiamo bisogno di niente". Sull'aereo ci chiedevano: "avete bisogno di qualcosa, ragazze com'è andata? l'esperienza?", cercavano di farci raccontare ma noi non ne avevamo proprio voglia. Li abbiamo presi anche un po' in giro: dicevamo: "noi abbiamo fame, non avete portato i panini? Siamo delle signore, almeno le rose ..."  e scherzavamo con questi che erano un po' stupiti del nostro stato d'animo, perché sai magari si aspettavano delle crisi isteriche. Però erano gentili: ci hanno fatto visitare la cabina di pilotaggio, che a dir la verità faceva un po' impressione. Quando siamo stati sopra l'Italia ci hanno salutato gli addetti degli aeroporti: hanno iniziato quelli di Santa Maria di Leuca, e poi via, via fino a Roma. Sono stati carini, è stato bellissimo .Siamo atterrate all'aeroporto militare di Ciampino
Chi c'era ad accogliervi a Roma?
Il Senatore Vitalone, penso a nome del Governo: non ci ha detto quasi niente, era venuto a fare ombra. Sono venuti Anna e Ivano, due amici di Verderio che abitavano a Roma. E poi il papà di una noi che era dovuto venire a portarci i biglietti per il volo successivo.
Come mai?
Quando mia sorella ha saputo che saremmo tornate ha chiamato l'Alitalia e ha detto, "Tornano, dobbiamo prenotare il volo" Le hanno chiesto. "Ma sua sorella ce li ha i soldi per il biglietto?" "Guardi l'ultima cosa che mi è venuto in mente di chiederle è se aveva i soldi per il biglietto" Insomma le hanno fatto tanti di quei problemi che alla fine il padre di questa amica ha comprato i biglietti e ce li ha portati a Roma.
Ultima tappa Milano...
Si, abbiamo preso l'aereo a Fiumicino. Eravamo un po' conciatine, con un sacchettino della lavanderia Gli altri passeggeri ci hanno guardato un po' male. Ci siamo sedute in fondo, libere finalmente, tranquille: partiamo. Dopo un quarto d'ora il capitano dice: "Signore e signori sono felicissimo di annunciarvi che a bordo con noi ci sono le cinque ragazze appena liberate dall'Iraq". Allora tutti si sono alzati per venire a salutarci e a chiedere: "State bene? e come avete fatto? Non siete state male" e noi "neanche un mal di testa, signora, non si poteva neanche avere il mal di testa"Insomma, fa piacere...
Ci si emoziona?
Non è che ci si emozioni però ti sembra di essere tornata in una situazione normale. Poi ancora il capitano ha detto "Scusate vi chiedo un attimo di pazienza perché devo far scendere loro, scusate" e tutti "no, no andate, andate; brave , brave" . Ma brave per che cosa?
Fine del viaggio.


I DODICI ALL' IRAQ 'GUAI SE TOCCATE I CITTADINI CEE'
Repubblica — 25 agosto 1990   pagina 3


I RETROSCENA
Tornate a casa avete messo una pietra sopra a quanto accaduto o avete cercato di capire meglio cosa vi era successo?

C'erano alcune domande a cui non sapevamo rispondere e sulle quali altri sfuggivano. Ad aspettarci a Roma c'era anche un dirigente della British Airways, una persona estremamente gentile: a pensarci bene, troppo gentile. Se gli avessimo detto: " vogliamo tornare a Milano con una carrozza trainata da cavalli bianchi" ce l'avrebbe procurata. Allora abbiamo cominciato ad avere qualche sospettuccio. Ci ha lasciato il suo recapito, ci ha invitato a mandare la richiesta di rimborso: "il biglietto aereo?, figuriamoci ve lo rimborsiamo! il bagaglio disperso? Ci pensiamo noi!"
Poi, una sera, hanno invitato a cena, in un bellissimo ristorante di Milano, noi dieci italiani che avevamo viaggiato sull'aereo della British .Durante la cena hanno chiesto un po' di cose. Noi abbiamo fatto altrettanto con loro: "come mai il nostro aereo, unico aereo civile, quel 2 agosto ha fatto scalo a Kuwait City?". Hanno girato intorno alla domanda alla grande. Insomma non siamo riuscite a capirci niente. Ci hanno rimborsato il biglietto, ne abbiamo avuto uno in omaggio per l'anno successivo ma non siamo riusciti a capire perché quel cacchio di aereo si fosse fermato a Kuwait City.
Cinque anni dopo i francesi che avevano viaggiato con noi sull'aereo, un centinaio di persone, hanno ottenuto dal governo inglese un sostanzioso rimborso, un centinaio di milioni di lire a testa..
Come mai?
Avevano scoperto che sul nostro aereo, per questo partito in ritardo da Londra, era salito un gruppo di teste di cuoio inglesi, diretto a Kuwait City per intervenire nella situazione creatasi con l'occupazione irachena.
Perché non avete fatto causa anche voi?
Loro erano in tanti ed erano riusciti a mettere in piedi una causa internazionale. Noi ci abbiamo pensato, ma tutti ce lo hanno sconsigliato: in Italia una causa così va avanti per vent'anni. O hai tanti soldi per pagarti gli avvocati o ti conviene rinunciare.
Come siete venuti a conoscenza del risultato ottenuto dai francesi?
In Francia la notizia aveva fatto clamore, in Italia era stata taciuta dalla stampa. Una di noi, Carole, ha la mamma francese e parenti in Francia.. Questi l'hanno chiamata e le hanno detto: "sai perché sei finita in Kuwait?" e le hanno raccontato tutto.


'ITALIA BELLA, FINALMENTE' TORNANO I PRIMI OSTAGGI
Repubblica — 02 settembre 1990   pagina 4
 


I SENTIMENTI
Oltre alla paura, che hai provato soprattutto il 6 agosto, quali altri sentimenti o stati d'animo , sono stati più presenti? L'angoscia?

Sì, l'angoscia c'era ogni tanto, ma era di più la rabbia.
Ma la rabbia era tua perché tu ti arrabbi facilmente o era di tutti?
No, no era proprio il sentimento che provi quando sai di subire un torto, una cosa ingiusta.
Allora pensavamo alle situazioni peggiori della nostra: ai sequestrati, soli al buio legati e bendati per mesi: e ci dicevamo "se siamo in questo stato noi chissà loro". .
A volte ci guardavamo e dicevamo: "certo che abbiamo una bella sfiga". Parlavamo tutto il giorno, quello sì, parlavamo di cose serie tutto il giorno, dei fatto della vita. Dicevamo: "Certo che abbiamo una bella sfiga, però perché doveva capitare a un altro?" Guarda che lo dici. Non è che dici " perché a me e non la mio vicino di casa". Dici: "Perché sarebbe dovuto capitare a un altro e non a me?" Poi vedevi i ragazzini, i bambini che erano con noi e allora pensavi "non può essere che ci lasciamo la pelle qua, cosa c'entrano i bambini".
C'era un altro sentimento che io non riuscivo a definire. Me lo ha svelato un'intervista a Cocciolone. Ti ricordi chi è?
Si il soldato italiano dell'aereo abbattuto nel primo o secondo giorno della guerra del golfo e fatto prigioniero dagli iracheni.
Si, Cocciolone. Intervistato dopo la sua liberazione raccontò di avere senz'altro provato paura ma che il sentimento che più l'aveva fatto soffrire era stata l'umiliazione. Bravo Cocciolone! Ecco cosa era che non capivo: ti senti umiliato perché non sei libero di fare niente: voglio andare a casa mia! No! fare un giro in bicicletta! No! Ancora più banale: voglio aprire quella cazzo di porta dell'hotel e uscire a far due passi! No!
Ma quest'ultima cosa non potevate farla perché c'erano delle guardie che ve lo impedivano?
Immaginati la situazione di questo albergo, e cosa c'era fuori. Una volta abbiamo contato 40 carri armati e non so quanti militari: dove andavi?
Un giorno i due di Lecco - per fortuna c'erano quei due lì: sono stati il toccasana per tutti -un giorno si sono rotti le scatole sono usciti e sono andati a chiacchierare e a portare acqua ad alcuni soldati che, per ripararsi dal sole, erano sotto un carro armato. L'ufficiale della British, uno alto due metri, era tesissimo -ma gli veniva anche da ridere - e quando sono rientrati gli ha fatto una predica. Lui si sentiva responsabile della nostra sicurezza..
I primi giorni poi non sai dove ti trovi, sei spaesato. Sai che brutta sensazione è questa? Ci chiedevamo: "ma dov'è 'sto Kuwait?" E giravamo in cerca di una  cartina per capire dove diavolo fossimo capitate.
Un'altra difficoltà è nell'uso della parola: diventi quasi dislessica. Già sei spaventato però il pensiero fila liscio, logico. Le parole no, quelle ti escono a caso . Il primo giorno era una roba pazzesca. Prima di parlare dovevi stare un attimo fermo, concentrarti e poi dire "OK, posso parlare", perché il pensiero era lucido, la parola no.

I SOGNI E I SEGNI
Cosa è rimasto nei tuoi sogni di questa esperienza?
Io non ho incubi, però ho un "brutto sogno"abbastanza ricorrente: sono chiusa da qualche parte e fuori ci sono i militari. Quando lo faccio provo un senso, non di paura, ma di angoscia, perché non posso uscire. Questo per me è il "brutto sogno". L'ultima volta al posto dei militari c'erano degli extra terrestri. Mi sveglio con addosso angoscia e rabbia.
Riconosci qualche segno sul tuo corpo conseguenza dei quel avventura?
Una ruga sopra il naso, tra le sopracciglia. Probabilmente avevamo sempre l'espressione accigliata e questo segno mi è rimasto.
Sai di qualcuno che ha avuto problemi più grossi?
Un signore è morto di infarto, quasi subito. Era uno di quelli mandati a fare da scudo umano.
Poi, purtroppo, ci sono stati diversi stupri.
Commessi da soldati iracheni?
Sì. Non nei confronti delle occidentali:se avessero toccato le occidentali, sarebbero stati impiccati. Però diverse donne indiane e di altre nazionalità hanno subito violenza. Una hostess indiana della British - ce ne sono diverse sui voli per l'oriente - stava per essere aggredita da un soldato. Si salvò per l'intervento di un ufficiale che poi diede una pistola in mano a uno steward dell'aereo e gli disse: "fai quello che vuoi di questo uomo: sparagli". Lo steward tremava quando lo raccontava.
La prima pagina del diario di viaggio di Antonella

DI FRONTE ALLA PRIMA GUERRA DEL GOLFO
Il 17 gennaio 1991, con il bombardamento di Bagdad, è iniziata la Prima Guerra del Golfo. Come l'hai vissuta?
Un'angoscia bestiale. Io mi ricordo - non so se vi ricordate, io ero molto attenta a queste cose. - mi ricordo Fraiese, giornalista RAI che nei quindici giorni prima dell'inizio della guerra diceva: "speriamo che non scoppi; le diplomazie si stanno muovendo;stanno facendo il possibile per evitare il conflitto che coinvolgerebbe tutto il mondo, eccetera." Dopo l'attacco ha cominciato a spiegare le schede tecniche degli aerei: a che velocità andavano, quante bombe potevano lanciare, a che distanza. Avrei tirato fuori lui e gli altri dal televisore.
L'essere stata in Kuwait e in Iraq ha influito sulla tua percezione dell'avvenimento?
Quando sei stata in un posto e sai che sta per succedere qualcosa di mostruoso, ti vengono in mente le persone che hai conosciuto: l'inserviente piuttosto di quello che ti ha fatto partire il pulmino... tu le hai viste,  ci hai parlato, sono persone... Quelli di noi che sono tornati a dicembre, più di noi avevano avuto la possibilità di fare amicizia con iracheni, con quelli che lavoravano all'ambasciata, all'albergo ... avevano organizzato partite di calcio. Loro erano molto preoccupati per la guerra, avevano tentato anche di mettersi in contatto con le persone che avevano conosciuto

VIAGGIARE DOPO IL KUWAIT
Nei viaggi successivi hai tenuto conto di quello che ti era capitato in Kuwait?
Sì, ho detto: è successo una volta, statisticamente non può succedere un'altra volta ancora a me.
Scientifico!
Ho pensato: quel brutto maiale mi ha rubato un mese di vita, non mi ruberà di certo la voglia di andare in giro. L'anno dopo io e le mie amiche siamo andate in India del Sud: la British ci ha regalato il biglietto. Siamo partite il 2 agosto!
L'avete fatto apposta?
No, è capitato. E pensa il "caso", il destino. Eravamo su un aereo enorme, un Jumbo, in posti da signori. In India, dopo l'atterraggio, ci alziamo per scendere; qualche fila davanti a noi si alza una signora indiana si gira, la guardiamo, lei ci guarda ci mettiamo a ridere e le diciamo "l'anno scorso" Era stata con noi in Kuwait e  easttamente un anno dopo l'abbiamo ritrovata qualche fila davanti a noi, una signora simpaticissima, indiana che viveva a Londra e tornava a casa per le vacanze. Ha detto "oooh, allora siete venute in India ...brave!".
Sempre il caso. L'anno dopo siamo andate in Turchia. Eravamo in tre delle cinque. Era il 21 agosto. Due anni prima, il 21 agosto, in casa dell' "armaiolo" italiano di Kuwait City, avevamo festeggiato il compleanno di Mario, di Lecco. Chi troviamo nel suk, l'immenso e caotico mercato di Istanbul?: Mario, naturalmente: "Auguri Mario" "No, anche qui vi devo trovare?".


Risarcimento concesso dal Ministero degli Affari Esteri
NOTA
 (1)  Titoli di articoli apparsi su Repubblica dell'agosto 1990, relativi agli ostaggi in Kuwait