sabato 21 maggio 2011




Venerdì 27 maggio 2011
ore 21,00
Sala Civica di Verderio Inferiore



GESTIRE IL SUOLO PROGETTANDO IL FUTURO
BENE COMUNE, FUNZIONI AMBIENTALI, CIBO


Relatore Paolo PILERI
Professore di Ingegneria  del territorio del Politecnico di Milano


AMMINISTRAZIONI COMUNALI DI VERDERIO INFERIORE E SUPERIORE



VERDERIO SUPERIORE 1898: L'ESIGENZA DI UNA NUOVA CHIESA PARROCCHIALE di Marco Bartesaghi

Questo brano è una parte del II capitolo del libro "VERDERIO - La chiesa parrocchiale dei santi Giuseppe e Floriano - 1902 - 2002: un secolo di storia, arte e vita religiosa". Altri brani del capitolo, intitolato"1896 - 1902: il progetto, la realizzazione e la storia della nuova chiesa", sono pubblicati su questo blog sotto l'etichetta Chiesa dei santi Giuseppe e Floriano di Verderio Superiore. M.B.


La vecchia chiesa parrocchiale di Verderio Superiore. Era dedicata a San Floriano
 
"    la chiesa era troppo piccola per tanta popolazione, di modo che la maggior parte per mancanza di comodi era obbligata a stare in piedi o nel mezzo o sulla porta sotto il pronao nella stagione meno rigida, le donne stipate sulle panche o accovacciate nelle cappelle, i piccoli a frotte sui gradini dell'altare o nel già ristretto coro".
Così don Luigi Galbiati descriveva la chiesa parrocchiale dopo pochi giorni dalla sua nomina a Vicario Spirituale di Verderio Superiore, avvenuta l'11 novembre 1897, in coincidenza con le dimissioni del novantaduenne parroco don Olimpio Tacconi.
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Nell'ultimo decennio dell'ottocento il Comune di Verderio amministrava una popolazione di più di 2000 abitanti, residenti nelle due frazioni di Verderio Inferiore e Superiore, unite dal 1872. Ognuna delle due frazioni superava i mille abitanti, con una costante prevalenza, di qualche decina di unità, per Verderio Inferiore (1).
Molti, la maggioranza, i contadini dediti principalmente alla coltivazione di frumento e granoturco e all'allevamento del baco da seta. A Verderio Superiore erano in gran parte coloni della famiglia Gnecchi Ruscone; alcuni conducevano i terreni del beneficio parrocchiale. Unici altri possidenti, fra le famiglie residenti, erano i Cassago soprannominati "Lazzaretti".
C'erano poi artigiani - fabbro, calzolaio, falegname, mugnaio, arrotino, sarto - ,gli osti, il prestinaio, la levatrice, il segretario comunale, il maestro. Figura di prestigio era l' "agente di campagna" che curava gli interessi della famiglia Gnecchi: in quegli anni il Cav. Eugenio Lissoni (2).
 
Via sant'Ambrogio come appariva alla fine del XIX secolo. In fondo il campanile della vecchia chiesa.

Sul territorio comunale operavano tre aziende industriali per la torcitura della seta: nel 1894, comprendevano 2570 fusi, occupavano 145 persone, in prevalenza donne adulte (78) e ragazze sotto i quindici anni (59), per una media di 145 giorni di lavoro l'anno (3).
Una scuola, classificata come rurale di classe terza era frequentata da bambine e bambini che dovevano sottostare all'obbligo scolastico: nel triennio 1892-1895 la media degli obbligati alla frequenza fu di 99 bambini. Il corso scolastico era triennale, la prima classe mista, nelle successive maschi e femmine erano separati (4).
L'unione tra le due frazioni resisteva dal 1872, ma tra il 1896 e il 1905 si consumò la separazione che tuttora permane (5).
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Autonome già dal 1779 erano invece le due Parrocchie, appartenenti alla Pieve di Brivio. Quella di Verderio Superiore era retta dal 1844 da don Olimpio Tacconi, originario di Treviglio; lo coadiuvava, dal 1864, don Severino Fraschina, nato a Tesserete, Canton Ticino, nel 1832.
La chiesa parrocchiale aveva una superficie di 130 - 140mq, insufficiente, come già si è detto, ad ospitare i fedeli che abitualmente partecipavano alle funzioni, e assai malandata, come risulta da diverse testimonianze: "L'esistente chiesa [...]è in uno stato miserevole di deperimento", così si esprimevano parroco e fabbricieri in un'istanza inviata all'autorità civile per ottenere il permesso di erigere il nuovo tempio (6).
Nella relazione compilata dopo la visita pastorale del Cardinal Ferrari, avvenuta nel marzo del 1897, si affermava: "E' da desiderarsi che si provvegga alla decorosa ristaurazione della Chiesa" (7).
Questo compito sarebbe spettato alla Fabbriceria (8), la quale però dichiarò subito di non essere in grado di far fronte alla spesa. Un restauro, fra l'altro, non avrebbe risolto il problema delle dimensioni e, per un ampliamento, non esisteva spazio sufficiente intorno all'edificio.
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Fu Giuseppina Turati Gnecchi a prendere l'iniziativa, decidendo di donare alla comunità una nuova chiesa, attingendo al proprio patrimonio personale.



Giuseppina Turati Gnecchi Ruscone (1826 - 1899)
 Nata a Busto Arsizio il 12 marzo 1826, Giuseppina era figlia di Francesco e di Angela Pigna. Il padre, cui Vittorio Emanuele II, con decreto del 4 settembre 1862, aveva concesso il titolo di Conte trasmissibile al primogenito maschio, era un notissimo industriale cotoniero. La Ditta Turati Radice, con sede in via Meravigli a Milano, aveva stabilimenti di tessitura a Busto Arsizio e di filatura a Castellanza.
Quando maturò l'idea di far costruire la chiesa, Giuseppina era vedova del commendator Giuseppe Gnecchi Ruscone, sindaco di Verderio dal 1859 al 1889, promotore, insieme alla moglie, di diverse iniziative benefiche e di scuole per adulti, serali per gli uomini e festive per le donne. Dal loro matrimonio, avvenuto nel 1846, nacquero Francesco, Ercole, Amalia, Carolina, Antonio ed Erminia.
La famiglia Gnecchi, originaria di Garlate, era presente a Verderio dal 1842, quando i fratelli Giuseppe e Carlo ereditarono da uno zio materno, Giacomo, i beni che questi possedeva avendoli acquistati nel 1824 dal Marchese Decio Arrigoni. Ereditarono anche il suo cognome, Ruscone, che da allora identifica questo ramo della famiglia: Gnecchi Ruscone. Dal 1888, con l'acquisto dei possedimenti della famiglia Confalonieri Strattman, divennero proprietari della gran parte dei terreni e degli edifici di Verderio Superiore, comprese le due antiche ville padronali.
Prima della chiesa la famiglia aveva già realizzato e donato al paese alcune opere di notevole interesse pubblico: l'asilo infantile, il cimitero, l'acquedotto "Fonte Regina". Successivamente fecero erigere il municipio e la scuola, in un'unica struttura, e l'ambulatorio e la maternità in due piccoli edifici gemelli, in via delle Rimembranze.
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Nella primavera del 1898, con una lettera al Cardinale - "Eminentissime Princeps" - la famiglia si offrì di costruire una nuova chiesa - "capacissimam atque ornatiorem" - , una nuova casa parrocchiale e di devolvere al "Beneficio Parrocchiale" un terreno adiacente a quello su cui sarebbero sorti i due edifici. Il valore dei beni, comprensivo delle spese di costruzione, veniva stimato intorno alle duecentoventimila lire.
In cambio chiedeva di avere, attraverso un contratto di permuta, gli edifici che venivano lasciati liberi: la chiesa e le annesse abitazioni, compresa una casa occupata dai coloni del parroco. Il valore di questi immobili si aggirava intorno alle novemila lire.
La risposta dell'Autorità Ecclesiastica fu positiva: veniva accettata la proposta di permuta; al parroco si raccomandava di vigilare che le condizioni indicate venissero rispettate rigorosamente (9).
Parallelamente la Fabbriceria appoggiò il progetto presso l'autorità civile per ottenere il consenso che a questa competeva. Nell'istanza gli scriventi esprimevano entusiasmo per il disegno della nuova chiesa, la sua ampiezza, circa 500mq, l'ubicazione in "località più comoda e centrale dell'abitato" (10).
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L'edificazione del nuovo tempio, ma pure la sua gestione una volta che l'opera fosse giunta a termine, avrebbe rappresentato anche per il titolare della parrocchia un impegno assai gravoso.
Gli Gnecchi, preoccupati che l'anziano parroco potesse non avere energie sufficienti, si attivarono per trovare un sostituto che fosse di loro gradimento.
Rivolsero l'attenzione a don Luigi Galbiati, un sacerdote non più giovane, da molti anni coadiutore a Merate, suo paese natale, dove si occupava con passione dell'oratorio per i giovani.


don Luigi Galbiati parroco di Verderio Sup. dal 1897 al 1923


Un primo approccio, lo narra lui stesso nel "Cronicus", avvenne in casa dell'avvocato Antonio Baslini, Sindaco di Merate, nell'autunno del 1896. La moglie dell'ospite, Elena Gnecchi, nipote di Giuseppina, accennò al progetto della nonna per la costruzione della chiesa e cercò di capire cosa don Luigi pensasse di un eventuale incarico a Verderio. Domanda e risposta erano state molto generiche, ma gli Gnecchi si sentirono comunque incoraggiati e attesero l'occasione opportuna per avanzare una loro ambiziosa richiesta al Cardinale: ottenere per sé il diritto di nomina dei parroci a Verderio Superiore, come riconoscimento per le opere che si accingevano a realizzare.
 
Casa Baslini a Merate in una cartolina della prima metà del novecento
 Tale proposta fu fatta al Cardinale in occasione di una sua visita a Merate , il 2 ottobre 1897: la risposta fu positiva ma, per non impegnare in modo definitivo i successori, il Prelato pose un limite di cento anni alla concessione.
Come successore di don Olimpio Tacconi venne quindi proposto don Luigi Galbiati che accettò l'incarico, non senza rimpianto per la parrocchia di Merate alla quale, anche per le sue origini, era particolarmente legato (11).
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Il diritto di scegliere il parroco di Verderio Superiore, che la famiglia Gnecchi pensava di essersi assicurato per cento anni, non ebbe vita così lunga: alla morte di don Luigi, don Carlo Greppi, contestò la pretesa della famiglia di nominare il successore, ottenne ragione e divenne parroco contro il parere degli Gnecchi che avevano presentato un altro candidato (12).


 
 NOTE

(1) Comuni e loro popolazioni ai censimenti dal 1861 al 1951, ISTAT, 1960.
(2) Stato d'Anime 1893, APVS.
(3) Notizie sulla condizione industriale della Provincia di Como, in: Annali di Statistica, fascicolo LII, 1894., pag.79
(4) Prospetto delle scuole e loro classificazione, Archivio Comunale Verderio Sup. (ACVS), allegato al verbale del Consiglio Comunale Straordinario, 11 marzo-4 aprile/1895.
(5) Il 23 aprile 1896, non essendo stata accolta la loro richiesta di installare una conduttura per portare l'acqua della Fonte Regina a Verderio Inferiore, si dimisero dal Consiglio Comunale i nobili Federico e Ippolito Annoni: questo può essere considerato il primo di una serie di atti che portarono alla divisione. Seguirono: una petizione per la separazione dei bilanci (1898); la richiesta di formare due comuni autonomi (1902); la costituzione dei due comuni (1905).
(6) APVS, Titolo VI, Chiese e luoghi sacri, cl.1-2-3-4, cart.1 fasc. 2/1.
(7) Archivio Diocesano, Milano, Visite pastorali del Cardinale Ferrari.
(8) Organo amministrativo che provvedeva alla conservazione e manutenzione della chiesa e ne gestiva i beni.
(9) Vedi nota 4.
(10) Vedi nota 4.
(11) Cfr. Liber Cronicus, cit., pagg. 2 e seguenti
(12) Cfr. APVS, Liber Cronicus 1914 - 1936, Galbiati - Greppi", pagg.249 - 50.

Marco Bartesaghi

ACCORDO FRA LA FAMIGLIA GNECCHI RUSCONE E LA CURIA ARCIVESCOVILE DI MILANO PER LA COSTRUZIONE DELLA NUOVA CHIESA DI VERDERIO SUPERIORE

Con una lettera indirizzata al Cardinale di Milano, Andrea Carlo Ferrari, il 29 aprile 1898 la famiglia Gnecchi Ruscone  chiedeva di poter costruire una nuova chiesa e una nuova casa parrocchiale e di avere in cambio, attraverso un contratto di  permuta, la vecchia chiesa, l'annessa casa parrocchiale e l'adiacente casa colonica. Il 20 maggio dello stesso anno il Cardinale rispondeva positivamente alla richiesta.
I documenti che qui di seguito vengono presentati sono le copie delle due lettere e sono conservati presso l'archivio parrocchiale di Verderio Superiore, titolo VI, cartella 1, fascicolo 2. Ognuno dei documenti è presentato con la relativa traduzione dal latino. Ho ricevuto queste traduzioni in occasione della stesura del testo per il volume del centenario della consacrazione della chiesa, ma ne ignoro l'autore. M.B.


Lettera inviata dalla famiglia Gnecchi Ruscone al Cardinale Carlo Andrea Ferrari  - 29 aprile 1898

TRADUZIONE
Eminentissimo Principe,
la famiglia Gnecchi Ruscone, nonché il parroco del paese di Verderio Superiore segnalano umilmente che l'attuale chiesa parrocchiale del paese predetto è troppo angusta perché possa bastare a contenere tutto il popolo fedele (dei fedeli); che inoltre la casa ad uso del parroco, accanto alla stessa chiesa, è quasi fatiscente. Aggiungono che alla chiesa e alla casa parrocchiale sono vicine una casa colonica e il giardino (l'orto?) del parroco. Il valore di tutti questi beni, tolti i gravami, secondo una stima peritale assomma a circa 9 mila lire (libella = soldo, moneta...).
Ora però la famiglia predetta ha stabilito di far costruire dal suo patrimonio (a proprie spese...) una nuova chiesa molto più ampia e più bella, e ugualmente una nuova casa parrocchiale; e contemporaneamente di devolvere a favore del beneficio (della prebenda) parrocchiale un fondo (un terreno) che è situato vicino alla chiesa e alla casa parrocchiale da costruire. Il valoredi questi beni, poi, incluse le spese di costruzione, raggiunge, secondo una stima peritale la somma di duecentoventimila lire.
La famiglia sopraddetta intende permutare gli edifici di nuova costruzione con quelli ora esistenti, così che, compiuta la legittima permuta possa godere del pieno diritto di proprietà e dell'uso di essi, non tuttavia ignobile (ingiusto, illegittimo...).
Chiede, quindi, insieme con il parroco sopracitato benevola licenza (permesso...) di addivenire alla sopraddetta permuta di beni ecclesiastici la quale (riesce) risulta di grande vantaggio sia per la popolazione della parrocchia sia per il beneficio parrocchiale.
E Dio, ecc...

Risposta del Cardinale Carlo Andrea Ferrari alla famoglia Gnecchi Ruscone - 20 maggio 1898

TRADUZIONE
Essendoci stati esposti i dati attinenti (?...), per l'autorità apostolica a noi affidata attraverso i rescritti della Sacra Congregazione (..?..) il giorno 29 aprile 1898, concediamo al parroco richiedente, licenza di addivenire alla permuta e rispettivamente all'alienazione, spiegata nella supplica, dei beni ecclesiastici, rigorosamente salvaguardate tutte le condizioni che sono indicate nella richiesta. Curi, tuttavia, il parroco di informarci sulla stessa permuta  dei beni quando e fino a quando sarà stata portata a compimento
Dato a Milano, il 20 maggio 1898
Firmati + Andrea C. Card. Arciv.
Sac. Angelo Nasoni, avvoc. gener.
Questa copia è conforme all'originale che è conservato  nell'archivio della Curia arcivesc.
Sac Luigi Moneghini, avvoc. aggiunto

DON ALESSANDRO VILLA, PARROCO DI ROBBIATE - seconda parte - di Maria Fresoli

Continua la pubblicazione del libro di Maria Fresoli "Robbiate tra fede e umane vicende". Quella qui presentata è la seconda parte riguardante don AlessandroVilla. La prima è stata pubblicata il 6 maggio 2011. M.B.







Durante i 41 anni di ministero di don Villa la nostra chiesa si arricchì di preziosi arredi, cominciando dai due simulacri degli "Angeli inginocchiati", opera di Girola Gerolamo, donati da donna Elena Scotti Fumagalli, che fino a qualche decennio fa erano sull'altare maggiore.
 

Angeli inginocchiati
 
Nel 1853 fu installato, dal famoso Giovanni Giudici di Bergamo, un nuovo organo dotato d’eccezionale armonia, il cui suono può essere ascoltato ancora oggi.
L'organo della chiesa parrocchiale di Robbiate

Nello stesso anno fu messo il paliotto alla mensa dell'altare maggiore: preziosa opera in lastra di rame argentata e dorata raffigurante "la comunione di S.Alessandro in carcere".



La comunione di S. Alessandra in carcere


Nel frattempo il coadiutore di Pagnano, don Giuseppe Viganò, che possedeva diversi beni in Robbiate, donò alla parrocchia il simulacro di legno di S.Anna: alla quale fu dedicata la cappella già prima sotto il titolo di S.Francesco Saverio. L'immagine della Santa, che non è la stessa che si trova oggi nell'omonima cappella (l'attuale è del 1931), era raffigurata seduta, dando l'impressione di posizione rannicchiata, tant'è che i buoni Padernesi le avevano appiccicato l'appellativo di "Sant'Anna in del segiòn".
Per spirito campanilistico, infatti, i Padernesi avevano inventato in tempi andati, per criticare i Santi titolari delle nostre cappelle il seguente sonetto:
In la gèsa de Rubià ghè
la Madona sènsa s’cèna,
Sant’Anna in del segiòn
e ul Crucefess che và in cancrèna

Morto di colera il 13 agosto 1855, don Giuseppe Vigano, lasciò alla chiesa di Robbiate un fondo seminativo di 43 pertiche e una casa situata nella contrada Cantone (1)
Sempre nel 1855 fu realizzato il magnifico stendardo di S.Alessandro, ricco di finissimi ricami e pitture, alla cui realizzazione contribuì ancora il pennello di Giovanni Valtorta, che dipinse, su disegni di Alessandro Sidoli e Giovanni Faller, da un lato l’immagine di S.Alessandro e dall’altro quello della Madonna della Rosa.


Stendardo
L’anno 1861 si ampliò notevolmente la sacrestia, portandola alle dimensioni attuali ed arredandola con armadi in noce che ancora vi si conservano.

Sacrestia


(1) A.P.R. – cart. n.8 – Testamento di G. Viganò.

Maria Fresoli

CORATELLE E VIGNAROLA: DUE RICETTE ROMANE di Francesco Falsetto e Claudia Lazzarin

Francesco è romano, Claudia di Verderio. Sono sposati e hanno due figlie. Per alcuni anni hanno abitato a Roma, poi si sono trasferiti a Verderio Superiore. A Pasqua hanno cucinato CORATELLE e VIGNAROLA, due ricette romane che si sono offerti di spiegare e illustrare per il blog.
Con la parola CORATA, secondo il dizionario Zingarelli, si intendono il cuore, fegato, polmoni e milza di animali macellati. CORATELLA, sempre secondo lo Zingarelli, è la corata di agnello. lepre o coniglio.

RICETTA PER LE CORATELLE 

Ingredienti e dosi per 4 persone
* 1 coratella d'agnello (o capretto)
* 4 carciofi
* 1 cipolla
* 1/2 bicchiere di vino bianco secco
* Brodo
* 1/2 limone
* 5 cucchiai di olio d'oliva extra-vergine
* Sale
* Pepe




PREPARAZIONE

Mondate i carciofi, tagliateli a spicchietti e tuffateli in acqua acidulata col succo di mezzo limone per non farli annerire.

 





Tagliate la cipolla a fettine sottilissime e fatele stufare, in una casseruola, con 3 cucchiai d'olio.

Appena la cipolla sarà trasparente scolate gli spicchi di carciofo e fateli saltare con la cipolla; salateli, pepateli, bagnateli con un po' di brodo e cuoceteli per circa 30 minuti o finché non saranno cotti.

 


Separate tutte le interiora fra loro (polmone, fegato, cuore), lavatele e tagliatele a pezzetti.

 



In una casseruola fate rosolare prima con 2 cucchiai di olio i pezzetti di polmone; bagnateli con un po' di brodo e dopo 15 minuti circa unite il cuore.
Lasciate insaporire, bagnate con il vino e cuocete per altri 10 minuti.

 


Dopodichè unite il fegato, cuocete per un paio di minuti, aggiungete i carciofi e finite di cuocere per altri 2-3 minuti, salando se occorre, e spruzzando col succo di mezzo limone.




RICETTA PER LA VIGNAROLA

Ingredienti per quattro persone 
2 carciofi romaneschi
500 g di piselli nel baccello
un cespo di lattuga
un limone
2 cipollotti
4 cucchiai di olio extravergine d'oliva
50 g di pancetta tesa
sale, pepe






Pulite i carciofi, togliendo le foglie più dure e anche le parti dure del fondo,  tagliateli a metà e pulite l'interno con un coltellino. Tagliateli a spicchi.
Per non farli diventare scuri, metteteli in una ciotola, con acqua fredda e limone spremuto.
Pulite la lattuga e riducetela a strisce non molto sottili.
Sgranate i piselli e le fave (a queste levate la pellicina).
Tagliate la pancetta a dadini
e i cipollotti a fettine sottili.
Fate un soffritto con i cipollotti e la pancetta  e poi aggiungete i  piselli e fave 2 - 3 minuti


 

dopo aver scolato i carciofi aggiungeteli, e mescolando con un cucchiaio di legno, fate cuocere per  altri 2 - 3 minuti.
 


Mettete sale e pepe , abbassate il fuoco e lasciate cuocere per altri 10 minuti senza aggiungere né acqua nè brodo
Aggiungete la  lattuga e lasciate cuocere, a pentola coperta per altri 15 minuti





Francesco Falsetto e Claudia Lazzarin

sabato 7 maggio 2011

ARCHIVI
di Lecco e della Provincia
Rivista di Storia e Cultura del Territorio





26 MARZO 1913
DUPLICE OMICIDIO A VERDERIO
di
Marco Bartesaghi

La rivista Archivi di Lecco, con l'articolo riguardante l'orribile delitto consumato a Verderio Inferiore nel 1913, è in vendita presso le edicole di Verderio Inferiore e Superiore al prezzo di Euro 7,00.
Gli altri articoli presenti in questo numero:

  Rosa Gemelli Manzoni - La "zia di Orta" di Alessandro Manzoni
di Francesco d'Alessio

L'arenaria di Viganò
di Pompeo Casati, Paola Sala e Giancarlo Scardia

Fuentes: manutenzione e restauro del forte tra 
passato e presente (1661 - 2011)
di Michela Fior
La rivista Archivi di Lecco e della Provincia è realizzata a cura  dell'Associazione Giuseppe Bovara di Lecco e edita da Cattaneo Editore di Oggiono.



NEMESIO GNECCHI, FINORA UN "CARNEADE" - ABBIAMO OGGI RICOSTRUITO LA SUA FIGURA E PARTE DELLA SUA STORIA di Carlo Gnecchi Ruscone

Ritratto di Nemesio Gnecchi eseguito da Antonio Bignoli, facente parte della Quadreria della Società degli Artisti e Patriotttica di Milano (Vedi libro  edito dalla Soc. Patriottica per i tipi della Arti Grafiche Pizzi & Pizio, Milano, 1925 - Tavola XLI).
Questo ritratto, dopo lo scioglimento della Società, non fu più ritrovato e pertanto, in attesa del suo ritrovamento, attualmente risulta disperso.














Nemesio Gnecchi, artista e patriota milanese, insieme a un gruppo di patrioti (Luigi Torelli, Scipione Battaggia e Giuseppe Maria Dunant), portò al Duomo il tricolore per issarlo su una guglia durante le Cinque Giornate di Milano. (L’episodio è tratto dalle Memorie di Carlo Cattaneo, in “Radetzki a Milano” di Franco Fucci – Ed. Mursia – 1997).
 
 
La Società degli Artisti e Patriottica è nata a Milano nel 1776 sotto il Governo di Maria Teresa ed aveva sede gratuita nel palazzo di Brera. Nel 1796 fu sciolta dal Governo repubblicano Francese.
Risorse nel 1808 con sede in palazzo Durini e, non potendo mantenere il nome di Patriottica per ragioni politiche, assunse il nome di Società d’Incoraggiamento.

Subito dopo le Cinque Giornate di Milano, nell’aprile del 1848 riprese il nome di Patriottica.
Nel 1864 la Società assunse la fisionomia di ritrovo per conversazioni e intrattenimento, per lo studio delle lettere, delle scienze, delle arti e della politica e trasferì la sede in Via S. Giuseppe.
Nel 1875 la Società Milanese degli Artisti, che aveva la sua sede in via dei Bigli, si fuse con la Patriottica che avrà oltre 1000 soci (nel 1925).

La Società possedeva un importante cimelio: la bandiera nata nelle giornate del ’48, trafugata dal socio Angelo Grossi, poi deputato e senatore, e nascosta alle ripetute perquisizioni austriache sotto un pavimento fino al 1859, quando fu restituita all’Associazione nel giorno dell’ingresso in Milano di Vittorio Emanuele II°. (Tale bandiera è oggi conservata al  Museo del Risorgimento di Milano)

La Società degli Artisti portò nella nuova Società una notevole raccolta di quadri dei più importanti pittori dell’epoca tra i quali (Hayez, Induno, Signorini e molti altri.).
Tale raccolta, dal 1875 andò arricchendosi  da una ininterrotta produzione di ritratti dei soci.
La serie dei ritratti ebbe un’origine impensata essendo frutto della nobile consuetudine di vicendevolmente ritrattarsi tra soci e di donare i ritratti al sodalizio. Così nacque la Quadreria.
Il ritratti di Nemesio Gnecchi, insieme a molti altri pittori noti o dilettanti, fa parte di tale Quadreria.
 
Carlo Gnecchi Ruscone
Inzago, 8 aprile 2011

 
Un altro articolo del signor Carlo Gnecchi Ruscone su Nemesio Gnecchi è stato pubblicato su questo blog il 25 marzo 2011. Lo potete trovare sotto l'etichetta "150° Unità d'Italia". M.B. 

 

venerdì 6 maggio 2011

DON ALESSANDRO VILLA, PARROCO DI ROBBIATE - prima parte - di Maria Fresoli

Questo testo è tratto dal libro "Robbiate tra fede e umane vicende", scritto da Maria Fresoli ed edito dalla parrocchia di Robbiate nel 2003. Altri brani tratti dallo stesso libro sono stati pubblicati su questo blog il 23/3,  il 20/5  e  l'8/10 del 2010 e il 12 /1 del 2011. Il presente brano, prima parte del testo riguardante don Alessandro Villa, non segue l'ordine del libro di Maria Fresoli per presentare don Alessandro, autore delle  seguenti annotazioni riguardanti la metereologia dell'ottocento. La successione dei parroci di Robbiate,così interrotta, verra ripresa in altra occasione. M.B.



Il 29 marzo 1848 moriva don Antonio Rota in età di 78 anni e gli Scolari elessero don Alessandro Villa, nato a Robbiate il 23 marzo 1816 e al tempo coadiutore nella nostra parrocchia.
Questo sacerdote, assai versato nelle scienze letterarie, ha lasciato numerosi Memoriali ed una bellissima pubblicazione sulla storia della Beata Vergine del Pianto, ricca di suggestive descrizioni, che rivela l'anima poetica di don Alessandro.



La nomina di don Villa non fu però delle più semplici e, come già accadde per don Sebastiano Colleoni, ad intralciare tale elezione fu ancora una famiglia benestante del paese. Don Alessandro descrisse tutta quanta la vicenda in un lunghissimo memoriale di cui si riportano i passi salienti (1):

"Manifestavasi a me favorevolissima questa popolazione, ed il Priore, a nome della Confraternita e quale interprete, come esso diceva, della popolazione, mi confortava caldamente a concorrere.
Contestavano, prima di soppiatto poi apertamente, i Sigg. Strazza, parteggiando acremente pel Sac. Perini (?) Spedita come di consueto, la circolare di concorso si arrestò, se per caso o per altro io ben nol so, quasi un mese presso il Parroco di Novate. Avuto sentore dell'imminente concorso, mi metto in traccia di essa, ma la trovai quando già scorso il tempo utile di insinuare il ricorso.
Tuttavia tentai: nel giorno stesso fui a Brivio da quel Prevosto per l'occorrente attestato, ma mi accolse bruscamente e con difficoltà me lo rilasciava.
Uscendo mi imbotto nel Perini che rimase sorpreso, e mi dice che a suo fratello, medico dell'Arcivescovo, aveva ordinato d'insinuare il suo ricorso nell'ultimo giorno prescritto dalla circolare, e non volendo entrare lui in competizione con me, pregavami che ove il mio ricorso venisse accettato glielo significassi onde ritirare il suo.
A gentili parole risposi gentilmente: prima a me stesso augurai la parrocchia, se a me non toccasse l'augurai di cuore a lui, pel buon concetto in che l'aveva.
A Milano il giorno dopo sono respinte le mie carte, non accettate le mie giustificazioni. Mi rassegno: vo' a casa Fumagalli e tranquillo la ringrazio del fervore con che mi proseguiva.
"Il cielo" io dissi: "non mi vuole parroco costì!" e racconto la cosa.
Don Guido si assume di condurmi lui dall'Arcivescovo, di patrocinare la mia causa e lo fa ...
Alla fine mi vien detto che l'Arcivescovo mi concede di concorrere, con fatto espresso di rinunciare ad ogni pretensione di parrocchia, quando per mia cagione insorgessero scissure e partiti pericolosi nel paese.
Lo prometto a larga mano. Il 18 luglio doveva essere il concorso.
Alla domenica dopo i vesperi, vado alla cascina Coglia a trovare un malato, e ivi stavo con l'animo più riposato che mai. Ritornato in paese lo trovo cupo, procellare, in subbuglio. Malgrado avvisi in contrario,mi recai in quella piazza dove sento un Casati Paolo inveire contro la prepotenza Strazza e medesimamente scopro altre persone intorno al pozzo comunale che indignatissime prorompevano in parole covacciose e minacciavano di venire a peggior fatti.
Cerco d'acchetarli come posso, protesto altamente che il vero modo di fare la mia causa è di lasciar fare; che mi offende in quel punto chi mi difende...
Il giorno dopo, s'andava io a Milano nel concorso e pur v'andavano in altro cocchio, col Prevosto di Merate, il Sig.Dott. Fisico Geremia Bonfanti (in cui se grande è l'ingegno non è meno generoso il cuore), credo per consulto sulla malattia di una di lui cognata.
Strada facendo il Prevosto interroga il Bonfanti dell'accaduto ieri a Robbiate, ed esso gli racconta per filo e per segno l'accaduto: ciò quasi per ingannare il tedio del viaggio, e ben lungi dal prevedere quanto dovesse giovarmi quel discorso.
Il Prevosto si reca alla Curia per non so qual suo bisogno. Gli è detto che l'Arcivescovo ha chiesto di lui, sapendo che si trovava a Milano. Il giorno susseguente ci trovammo al deschetto di concorso io, il Perini, il Cassina e certo ci trovammo a fronte noi e soli, noi competitori, ma pure nessun ufficio di bella cortesia fu ammesso per nessuna parola. Bastava di conoscervi l'esito del concorso che tardò assai.
Frattanto la mane seguente a Robbiate si mandarono attorno persone a questuare i voti; dicesi che si sia tentato di corrompere, perfino con denaro, alcuni degli elettori.
La sig.ra Marietta Strazza dimostravasi più calda in questo affare e, come devota, anzi bachettona, uscendo di chiesa e circondata da altre donne, faceva loro i più sparticati encomii del Perini.
Spacciavasi dappertutto che il Parroco di Robbiate era il Perini; giù a Brivio riceveva le congratulazioni.
Finalmente l'elenco dei trovati idonei venne a Brivio e quel Prevosto immantinenti diè avviso a questa Confraternita,
avvertendola che la successiva domenica doveva radunarsi per udire il tenore e combinare il giorno dei comizi per l'elezione Il Priore mi domandò, stante l'ingombro dell'oratorio dei Confratelli, se per tal uso avrei fatto copia della casa parrocchiale. Non era da dubitarsi del mio assenso, massime che io non l'abitava. Difatti all'ora indicata la maggior parte dei 40 elettori stava intorno alla casa parrocchiale in aspettativa del sig. Prevosto, quand'ecco sentesi che il Prevosto è andato direttamente al Santuario della B.V. del Pianto, ove allora si officiava, e colà li aspettava. Entrato
coi Confratelli in chiesa, lesse i nomi dei candidati e le commendatizie che li accompagnavano.
Finita la diceria e stabilito il giorno 21 agosto per gli scrutini, il Prevosto uscì ...
Era il 21 agosto e con qual cuore e qual animo io stavo nol saprei dire. Per cercare di dominare l'alta marca del mio malanno, presi il Nuovo Testamento e mi recai sulla tribuna della Beata Vergine leggendo la lettera di S.Paolo al suo Timoteo. Frattanto tutti i terrieri traevano a folla verso l'Oratorio della Confraternita e facevano una specie d'altissima siepe intorno all'entrata dell'Oratorio, impazienti d'udir l'esito del scrutini.
Ed ecco un certo Picozzi Andrea entrava affannoso nel cortile della Madonna del Pianto ov'io mi stava e, non potendo, sia per l'affanno del correre e l'impeto della gioia, favellare, con cenni, con atti, con allegra smania, mi significava che il Parroco era io. Poi subito altri a confermarmi lo stesso, e via quasi onde sopra onde, soppravvenire altri, e già le campane suonavano a gloria, nè solo quelle della chiesa parrocchiale, a quelle ancora degli oratori, ed un tripudio, un'esultanza, un'allegra agitazione diffondevasi dappertutto ... “


NOTA
(1) A.P.R. “Memoriale di don Alessandro Villa”

Maria Fresoli

METEREOLOGIA DELL'OTTOCENTO - EFFEMERIDE PRIVATA DI DON ALESSANDRO VILLA a cura di Maria Fresoli

Dicembre 1875 - Osservazioni generali.
In quest'anno non vi fu grandine mai: coppa di frutti segnatamente di pesche. Raccolto copioso di galette e di melone. In alcuni terreni fallì in parte il frumento, principalmente tardivo. La vendemmia proruppe con impeto e a memoria d'uomini non vi fu mai così rapido e copioso getto di foglia di gelso. Non mai a memoria d'uomini vi fu così confortato ed inafiato da frequenti e copiose piogge. Fu caldo, talora fervorissimo l'agosto.




Dicembre 1876: osservazioni generali.
Anno meschino per ogni raccolto, tranne il frumento che fu abbondante, anzi che no. Per i  frutti il contrapposto del precedente, cioè scarsissimi e immaturati. Il freddo e le stemprate piogge di maggio e giugno, paralizzarono la campagna che non poté più riaversi. Il raccolto delle galette fallì quasi totalmente e l'uva fu pochissima e cattiva. Eppure grandine nessuna. Per la vendemmia è da notarsi che la maturanda non si poté avere perfetta, quantunque si prorogasse il coglierla a mezzo ottobre.

Settembre 1878 - Tempo bello fin quasi a metà mese, diventò poi rotto , piovviginoso e fradicio. Poca l'uva e pronta a marcire.



Maggio 1879 - In felicissimo di straordinarie piogge con danni gravissimi della foglia. Lasciò tutta la campagna rattrappita e raggrinzita. Non ebbe il mese che sol 7 giorni sereni.

Giugno 1879- Dominò il caldo e riparò in parte i ritardi del mese precedente. La foglia nondimeno si sviluppò a stento e fu scarsa. Raccolta delle galette meschinissima.

28-29-30-31 agosto 1879 - Caldo soffocante e grande asciutto. Il mese in complesso caldissimo ed asciutto, quindi lagni per le mancate stoppie, ma in compenso sviluppo grandissimo della brocca dei gelsi.

  
Novembre 1879- Bellissima e splendida la prima metà del mese, anzi fino al  20, quando venne una nevicata di quasi mezzo metro, indi il tempo si alternò fra sereno e freddo.

Maggio 1880 - Benché i giorni sereni fossero pochi ed anzi le piogge abbondassero, pure le temperature sempre sostenute e alcuni giorni bellissimi e caldi, spinsero a florida vegetazione la campagna. E' notevole che i gelsi spiegassero precocemente la foglia, ma il formento e i legumi furono in ritardo.

Novembre 1882 - Bellissimi i primi dodici giorni e anche nei seguenti del mese prevalse il bello. Alla sera del 17, un tendone vermiglio infuocato in forma d'aurora boreale si vide nel cielo verso nord.

Dicembre 1882 - Cominciò rigido e a S. Ambrogio diede una bella nevicata, poi il freddo rimise, si fece un nevischio, ossia una fradicia mistura di neve e di acqua, poi si avviò al bello, interrotto da qualche nebbiolina, ma sempre mite fino alla fine.


Gennaio 1885 - Nel complesso il tempo fu bello e mite con intersecazione di qualche giorno rigido e qualche brevatina e pioggia dal 13 al 18. Eppure fu il mese degli orribili terremoti nell'Andalusia e delle disastrose frane e valanghe nell'alto Piemonte.

Maggio 1885 - Tranne gli ultimi giorni, il mese fu freddo e piovoso  e talvolta sì algido che la foglia dei gelsi si intristì ed anche inaridì. Si restrinse qualunque cultura de bachi e tanto che alla fine la foglia cascò.

  
Aprile 1887 - Alternò per alcuni giorni tra bello e piovoso, poi si mise al freddo quasi invernale. Anche quest'anno si sentì il solito lamento delle stagioni spostate, ma quanto valga, vedi tra gli altri le osservazioni del Leopardi, che la chiama una vecchia canzone.

Giugno 1887 -  I giorni sereni e caldi che dal 3 del mese continuarono fino al 26. Si vedeva uno straordinario slancio alla campagna, foglia in abbondanza, inaspettata; frumento alzatosi quasi al volo. Fu quasi un miracolo di natura.

Archivio Parrocchiale di Robbiate




Le immagini sono tratte da diapositive scattate a Verderio Superiore nell'estate del 1987. M.B.

I DISEGNI DI CONSONNO (SECONDA SERIE) di Marco Bartesaghi

La prima serie di disegni di Consonno è stata pubblicata su questo blog il 9 f3bbraio 2011.