giovedì 27 gennaio 2011

27 GENNAIO: GIORNO DELLA MEMORIA

PERCHE' SCRIVERE DELLA PROPRIA VITA IN COSI' TARDA ETA' di Fausta Finzi

Fausta Finzi in Israele, 1977
 
Sono passati 10 anni da quando la signora Fausta Finzi ha raccontato, per la prima volta pubblicamente, la storia del suo arresto, deportazione e prigionia nel campo di Ravensbrück e quella di suo papà Edgardo deportato e ucciso ad Auschwitz..Lo aveva fatto il 27 gennaio 2001, il primo "Giorno della Memoria" in Italia, a Verderio Superiore, in una serata per ricordare la Shoa e per ricordare la famiglia Milla deportata da Verderio. Non aveva parlato direttamente, ancora non aveva trovato la forza di farlo, ma attraverso una video intervista realizzata da Jurij Razza che a Verderio Superiore svolgeva il suo Servizio Civile.
Dopo quella serata le sue testimonianze in pubblico sono state dirette, numerose e sempre molto efficaci
La vicenda della signora Fausta è descritta anche in due libri da lei scritti in collaborazione con Federico Bario e Marilinda Rocca:
"Varcare la soglia", del 2002, edizione dell'Istituto Lecchese per la Storia del Movimento di Liberazione e dell'Età Contemporanea;
"A riveder le stelle",del 2005, per la casa editrice Gaspari di Udine.
Qualche notizia su di lei si trova in questo blog, sotto l'etichetta "Giorno della Memoria" o alla data 14 gennai 2010.
Nel 2001 Fausta Finzi aveva ottant'anni; quattro anni dopo, a 84 anni, ha scritto questa riflessione sul perché solo dopo tanti anni ha deciso di raccontare la sua storia. M.B.
In riva al fiume Giordano, 1977

PERCHE' SCRIVERE DELLA PROPRIA VITA IN COSi' TARDA ETA'
di Fausta Finzi

pagina 1


"Non ne avevo mai parlato con nessuno nemmeno con le persone più intime e più vicine a me, non avevo mai raccontato questa mia terribile esperienza che pure aveva lasciato un solco profondo e un'intima trasformazione: tutto giaceva sepolto nel mio io e non avrei desiderato esternare questi miei ricordi, il passare degli anni arrivava quasi a convincermi che non ci fosse niente di eccezionale, di così interessante in questa mia storia. Mi pareva, leggendo la medesima vicenda da parte di altri, di rileggere la mia e mi ritrovavo in mille ricordi e sensazioni identiche , ma mai pensando che avrei potuto anch'io raccontare qualcosa e aggiungere qualche particolare interessante.
La mia vicenda era quella di tante altre persone e il dubbio di ripetere qualcosa di già noto a quelli che si interessavano dell'argomento mi ha sempre dissuasa dal provarci.
E così gli anni sono passati e io sono arrivata alla veneranda età di 84 anni..." pagina 1

pagina 2

"...senza dar vita ai miei ricordi.
Forse è quando si rimane soli che i ricordi affollano di più la mente e che ci si concentra su di essi: possono essere ricordi recenti o lontani, ricordi felici o dolorosi, ma sono parte di noi stessi.
Non è vero che la solitudine sia una malattia, dipende da come ogni persona reagisce a questa situazione che può anche instaurarsi improvvisamente e inaspettatamente.
Anch'io mi sono trovata sola (non improvvisamente) alla morte di mio marito e la mancanza di una persona al mio fianco dopo quasi cinquant'anni di vita insieme è stato uno shock notevole, ma devo dire che superato il trauma più violento dei primi mesi che ti obbligano a far fronte a tutti i problemi di vita pratica per la perdita di una persona cara, la solitudine mi ha quasi costretto a riesaminare e ripercorrere la mia vita passata.
La solitudine bisogna saperla affrontare come qualsiasi evento della vita e non subirla come una malattia che ti aggredisce. Il ripercorrere a ritroso la propria esistenza, il cercare di ravvisare nei propri ricordi una sorta di meditazione sugli eventi..." pagina 2

pagina 3

"...che ne sono conseguiti è una occupazione della mente e della psiche , è un aiuto a meglio conoscere se stessi, a ragionare su certi comportamenti, a conoscere come il destino ha giocato nella nostra vita o le nostre scelte hanno favorito o contrastato questo destino.
Quando si comincia questo riesame è qualcosa che appassiona e sprona a continuare, in fondo è un po' come un gioco con se stessi che occupa le ore libere e obbliga la mente a lavorare su questo e quindi a superare il senso di solitudine.
La mia vita ha avuto un episodio dominante che indubbiamente è quello che mi ha marchiato, anche se solo in vecchiaia ho avuto il tempo e il coraggio di affrontarlo a fondo.
Penso però che la vita di ogni persona sia ricca di eventi, di ricordi, di esperienze: bisogna avere la voglia e la volontà di rivedere  tutto questo vissuto (che può essere lungo per chi è vecchio, ma anche per un giovane può avere ricchezza di aspetti diversi a seconda dell'età), filtrarlo, decantarlo, assimilarlo attraverso gli eventi che sono seguiti e attraverso la situazione presente tramite la solitudine che aiuta questo ripasso e questa revisione. " pagina 3

Fausta Finzi

IL VECCHIO INSEDIAMENTO EBRAICO DI GOLCUV JENIKOV (Repubblica Ceca) di Beniamino Colnaghi


Ghetti, sinagoghe e cimiteri: i grandi sopravvissuti della cultura ebraica
In Boemia e Moravia gli ebrei giunsero nel X secolo. Se da un lato quindi aprirono grandi vie commerciali e furono in qualche modo nomadi, dall'altro si stabilirono nei paesi e nelle città, creando insediamenti propri. La storia di persecuzione e discriminazione, vergognosamente culminata nella Shoah, ha radici lontane e da sempre il popolo giudeo è stato oggetto di diffidenza e critiche. Durante la seconda Guerra Mondiale il sistematico annientamento nazista sterminò il 90% degli ebrei in terra ceca. Oggi le comunità ebraiche censite sono solo 10, per un totale di 3.000 persone, ma dei passati insediamenti resta ampia testimonianza nel Paese: 180 quartieri ebraici, 200 sinagoghe e 200 cimiteri.
I siti ebraici sono oggi per lo più sotto tutela come monumenti nazionali.

Josefov, la Praga ebraica
E' una sorta di città nella città. Quella che appare oggi è il frutto di sostanziali rimaneggiamenti operati tra il 1893 e il 1913, ai quali sopravvissero solo alcune testimonianze di lunghi secoli di presenza ebraica a Praga. Ciò nonostante, i monumenti fin qui tramandati costituiscono uno tra i nuclei meglio conservati di tutta Europa. Cuore di Josefov è la Sinagoga Vecchio-Nuova, la più antica in attività in Europa, cui se ne affiancano molte altre, tutte in stili architettonici diversi, magnificamente restaurate e custodi di pregevoli collezioni. La città con le sue sinagoghe fa parte dell'area del Museo Ebraico di Praga, il cui patrimonio artistico e culturale è unico al mondo, a cominciare dall'Antico Cimitero Ebraico, che risale alla prima metà del XV secolo e conta 12.000 lapidi gotiche, rinascimentali e barocche.
 
Foto n.1 -  Vecchio cimitero ebraico di Praga

Non solo Praga
La città di Pilsen vanta due sinagoghe, tra cui la seconda per grandezza in Europa e due cimiteri ebraici, uno antico e l'altro nuovo. Altri siti ebraici si incontrano fuori città, lungo la cosiddetta Strada Ebraica che attraversa l'intera regione di Pilsen. Tra tutti quelli censiti in Europa, il quartiere ebraico di Trebic è il meglio conservato in assoluto. Pregevole complesso urbano, sotto l'effige Unesco, è il quartiere di Zamosti che si distende tra il fiume Jihlavka e la collina Hradek. Un percorso didattico conduce lungo le due vie principali e attraversa vicoli, vicoletti e portici coperti. In agosto il villaggio è preso d'assalto per lo Shamayim, importante festival di cultura ebraica.
Tra il XVI e il XIX secolo, centro spirituale, culturale e politico degli ebrei della Moravia fu Mikulov, sede dei rabbini provinciali. Oggi sopravvivono una novantina di edifici tra Rinascimento e Barocco: abitazioni ma anche una scuola, una casa delle anime e persino una cisterna per i bagni rituali.
Altri siti ebraici si rintracciano un po' in tutto il Paese, a Brno, Hermanuv Mestec, Holesov, Jicin, Kolin, Polna, Rakovnik, Velke Mezirici.
L'insediamento ebraico su cui intendo soffermarmi in questo articolo, perché ne conosco la storia e ne ho visitato i luoghi più significatici, è quello che insiste a Golcuv Jenikov, piccolo paese di 2700 anime, situato nella splendida regione denominata Vysocina, la quale, grazie ad un'ottima conservazione del paesaggio e del territorio, è fra gli ambienti naturali più belli d'Europa.
Il primo insediamento di una comunità ebraica in questo paese si presume sia avvenuto nel XII secolo. Il dato non è comunque certo perché negli anni 1784, 1808 e 1871 sono scoppiati diversi incendi che hanno distrutto parecchia documentazione archiviata nella biblioteca e negli archivi custoditi dagli ebrei locali. Il primo documento scritto tuttora conservato presso il Museo Ebraico di Praga risale al 1654 e contiene un elenco di dieci nomi di ebrei maggiorenni, numero minimo indispensabile, secondo la legge di quel tempo, a formulare l'istanza per la costruzione della Sinagoga a Golguv Jenikov. Un dato certo è quello che gli ebrei di GJ, a differenza del ghetto classico, costruirono il loro quartiere secondo criteri urbanistici "di tipo aperto", ossia un ghetto non delimitato da muri o recinzioni, formato da stradine strette e case basse senza giardino.

Foto n.2 -  Golcuv Jenikov. Anno 1914, strada di accesso al quartiere ebraico

Gli edifici più importanti costruiti nel Ghetto furono la Sinagoga, inizialmente realizzata in legno nel 1659, la scuola che risale 1797, il cimitero del XIV secolo, la Mikveh (o Mikvah), risalente al 1745, è un bagno rituale ebraico usato a scopo di purificazione.  Al numero civico 188 del Ghetto si trovava un importante edificio che nel XVIII secolo ospitò il centro di discussione e insegnamento del Talmud e fu sede dell'Università del Rabbino Aron Kornfeld.
Sulla piazza, confinante con il quartiere ebraico, si affacciavano alcune botteghe, tra cui, la più frequentata era quella del macellaio, che uccideva gli animali con il rito tradizionale ebraico. Presso i negozi di proprietà degli ebrei si rifornivano anche i cristiani e i non credenti, soprattutto per acquistare caffè, tè, spezie e merce pregiata. Il servizio era apprezzato per la professionalità dei titolari e per l'ottimo trattamento riservato ai clienti, che venivano omaggiati di piccoli regali durante le festività religiose più importanti. 
Un altro documento presente negli archivi conferma l'insediamento della comunità ebraica a GJ. Nel 1681, anno in cui si sviluppò in Boemia l'ennesima grande epidemia di peste, che colpì gran parte d'Europa, gli ebrei di Golcuv, per paura di essere contagiati, si rifugiarono nei boschi vicino a Rimovice, dove costruirono casupole di legno denominate Budky, che diedero successivamente luogo alla nascita di un paese che ancora oggi si chiama Budka.
Terminato il periodo della pestilenza, gli ebrei ritornarono a GJ ma ebbero una brutta sorpresa: il Comune li obbligò a ricomprare le loro case precedentemente abbandonate, pretendendo che la comunità ebraica donasse al paese una ciotola ricoperta d'oro.
Nel 1724 la comunità ebraica contava 27 famiglie, mentre nel 1847 le famiglie salirono a ben 100, pari a 613 persone, un quarto dei residenti totali di Golcuv. Nel 19° secolo vi fu un vero e proprio boom economico e demografico delle comunità ebraiche presenti in Boemia e Moravia che generò un miglioramento delle condizioni di vita di tutta la popolazione ceca.

Foto n.3 -  A sinistra E. Roth, sindaco ebreo di Golcuv nel 1919. Al centro e a destra due rabbini a capo della comunità ebraica nel XIX secolo.

La Rivoluzione indipendentista e liberale del 1848, poi repressa dall'Impero, portò comunque maggiori opportunità civili, religiose e economiche alle popolazioni boeme. Gli ebrei utilizzarono al massimo la libertà acquisita, investendo soprattutto in attività commerciali e nell'istruzione dei loro giovani. Si stima che gli studenti ebrei furono oltre il 18% degli studenti cechi nelle Università, nonostante siano stati solamente il 2,5% della popolazione boema.

La Sinagoga
La Sinagoga rappresentava il centro del quartiere ebraico. Gli ebrei si ritrovavano in quest'edificio non solo per la preghiera, ma anche per festeggiare le ricorrenze religiose e per assumere decisioni importanti riguardanti la loro comunità. Il primo documento scritto che testimonia l'esistenza della Sinagoga risale al 1659. Inizialmente venne costruita interamente in legno, compreso il tetto, e realizzata secondo le regole di una costruzione ebraica, che permettevano di differenziarla dagli edifici religiosi di altre fedi. Durante gli anni la Sinagoga fu danneggiata da alcuni incendi di cui l'ultimo, avvenuto alle ore 2.30 del 21 maggio 1871, la distrusse quasi completamente. Gli ebrei decisero quindi di costruirne una in muratura, su progetto dell'arch. J. Spidil, che venne inaugurata il 16 settembre 1873 in occasione di una importante festa religiosa. 
L'interno è molto sobrio: nel corridoio d'ingresso è presente un piccolo lavandino per permettere ai fedeli di risciacquare le mani prima di entrare e il pavimento della sala di preghiera è ribassato di un gradino, soddisfacendo così la parola del Talmud 130, testo sacro dell'ebraismo: "Dalle profondità Ti chiamo, Signore". La Sinagoga rimase aperta alle funzioni religiose fino al 1942 quando i nazisti imposero la chiusura e deportarono gli ebrei locali. Dopo gli anni della guerra la gestione dell'edificio religioso venne affidata, in un primo momento, alla comunità cristiana, la quale decise di posizionare all'interno un altare con la Croce, e successivamente alla chiesa evangelica ceca.
Negli anni '60 ci fu anche il solito amministratore locale buontempone che propose di trasformare l'edificio ormai in disuso in un centro culturale con annesso cinema e biblioteca. Per fortuna la Soprintendenza di Pardubice si oppose e del progetto non se ne fece nulla. La potente comunità ebraica di Praga si impegnò a trasferire la gestione della Sinagoga al Museo ebraico. Nel 1993 è stata completamente ristrutturata a spese degli ebrei praghesi ed ora è a disposizione del Museo Ebraico di Praga.

Foto n. 4 - La Sinagoga
Foto n.5 - Interno della Sinagoga

La scuola 
Inizialmente i bambini ebrei frequentavano la scuola pubblica del paese. A seguito del boom economico e demografico, nel 1797 la comunità ebraica di Golcuv costruì una scuola elementare, per la cui realizzazione e funzionamento si sobbarcò tutti i costi. Il primo insegnante si chiamava Giuda Steiner. L'insegnamento della scuola fu di ottima qualità grazie a maestri capaci e preparati, tanto è vero che alcuni alunni provenivano da famiglie cattoliche e benestanti del luogo. Nel 1859 venne ristrutturata e ampliata.
Nell'anno scolastico 1907/08, a causa di forti migrazioni di famiglie ebree verso Praga e Vienna, il numero dei bambini che frequentavano la scuola si ridusse a 13 unità, dato che indusse i responsabili della comunità ebraica a chiudere la scuola.  

 

Foto n.6 - La scuola ebraica, oggi edificio privato
 
Foto n.7 - Il cimitero ebraico
Il cimitero ebraico
Vi sono fonti documentali che attestano che il cimitero ebraico di Golcuv Jenikov risalga al 14° secolo. Si estende su una superficie di 7.336 mq ed è recintato da un muro di pietre alto due metri. Nel 1872 fu costruito un piccolo edificio contenente la sala per onoranze funebri, tuttora esistente.



Le lapidi più antiche, realizzate in pietra chiara, si trovano nella parte orientale del cimitero e si stima siano databili intorno al 16° secolo. Originariamente le sepolture avvenivano in direzione da est a ovest. Il più antico epitaffio ancora oggi leggibile su un monumento funebre risale all'inizio del XVIII secolo e cita testualmente: "Abramo del villaggio è morto il 20 settembre 1705" . Il cippo è decorato con una Stella di David e un piccolo rilievo floreale al centro.
Difatti, il cimitero locale è famoso per le sue lapidi in stile barocco del tardo seicento, decorate con graziosi rilievi. Alcune di esse sono smussate e aggraziate da capitelli decorativi o da gusci di chiocciola e da vari tipi di ornamenti.  Ad esempio il simbolo della brocca, presente su alcuni monumenti, rappresenta l'appartenenza al ceppo storico dei Leviti, al quale apparteneva la famiglia Milrath. Un altro simbolo molto frequente sui monumenti funebri è quello del leone che rappresentava la tribù di Yehuda Lev, nome molto comune nel Medioevo.
Purtroppo, molte scritte sulle steli di pietra e tantissimi tra gli epitaffi più antichi sono oggi in gran parte illeggibili, a causa dell'utilizzo di una pietra poco resistente alle intemperie ed all'assenza di manutenzione e restauro.
Molto pregiate sono le tombe in marmo risalenti al periodo fine ottocento/primo novecento, di fattura semplice e con finiture ad arco o ondulate. Agli inizi del '900, le tombe di defunti di religione ebraica non erano poi molto diverse da  quelle dei cristiani. Ad esempio, sulla tomba della famiglia Offer, ebrei residenti a Golcuv, era stata posta anche la fotografia in bianco e nero di Bertha e Samuel Offer.
Dalla seconda metà dell'800, a seguito di alcune riforme introdotte dall'Impero tedesco, le iscrizioni funebri sui monumenti sono espresse in due lingue, quella ebraica e quella tedesca. Più tardi gli epitaffi in lingua tedesca saranno la maggioranza, in quanto si sentì l'influenza delle riforme introdotte dalla Monarchia Asburgica. A seguito di tali riforme il tedesco diventò la lingua ufficiale delle comunità ebraiche su tutto il territorio della Monarchia. Nonostante ciò, su alcune tombe del cimitero compaiono scritte in lingua ceca: la più vecchia, risalente al 1862, riguarda un epitaffio di quattro righe scolpito sulla tomba di Ysrael. Di grande rilevanza e interesse sono le tombe a forma di sarcofago. La leggenda narra che lì riposino i resti di alcuni Rabbini medievali. In un sarcofago si presume si trovino i resti di Aron Maimonides, successore di Mosè Maimon, filosofo ebreo, matematico, astronomo e famoso medico alla corte di un sultano d'Egitto. Lo stesso Aron esercitò la scienza medica e filosofica presso lo stesso sultano.

Foto n.8 - Pregiate tombe barocche (XVII secolo)
La deportazione
Un drammatico capitolo della storia del cimitero ebraico riguarda la testimonianza di Josef Johanides che aveva la sua casetta nelle vicinanze del piccolo cimitero: "Il 12 aprile del 1942 tutta la comunità ebraica sta lentamente arrivando al cimitero ebraico in piccoli gruppi. Il loro viso è triste e molti di loro hanno le lacrime agli occhi. Stanno venendo a salutare i loro antenati che riposano in questa terra. Sanno già che a breve sarebbe arrivata loro, dal quartier generale nazista di Kolin, la convocazione per la deportazione. Tornando presso le loro case, gli ebrei si interrogano su quale fosse il luogo dove sarebbero state deposte le loro ossa. Chi e quando si sarebbe ricordato di loro?".
Il 9 giugno dello stesso anno vengono caricati sui camion diretti alla stazione di Kolin e deportati a Terezin, campo di prigionia a nord di Praga. Il più vecchio degli ebrei  ha 87 anni, il più giovane solo 8. La gran parte ha proseguito verso i campi di concentramento della Polonia, e nessuno di loro è ritornato a casa. Solo cinque ebrei di Golcuv si sono salvati perché sono rimasti al campo di prigionia di Terezin.
Altrettanto tragico sguardo ebbe il gestore del cimitero, Jarmil Ronovskij, cinquant'anni più tardi. Domenica 17 gennaio 1993 ha scoperto, durante un sopralluogo periodico, un grave atto sacrilego che ha causato l'estirpazione di 62 tombe, sette delle quali rotte a metà. Chi avrà potuto commettere un'azione simile, si è chiesta la comunità del paese? Sarà stata dettata da un antico odio contro gli ebrei o da un atto generato da stupidità e ignoranza? Da allora il cimitero ebraico rimane chiuso al pubblico ed il cancello è sbarrato da una vistosa catena in ferro.

La Mikveh o Mikvah
La Mikve è il luogo dove veniva svolto il bagno rituale ebraico, luogo essenziale di qualsiasi ghetto.
Questo edificio, fino al 1745, si trovava sotto la chiusa di un piccolo laghetto, tuttora esistente a GJ. A causa di un forte temporale, che causò un alluvione e lo straripamento dell'acqua del lago, fu distrutto. Quando venne costruito l'edificio che ospitò la scuola, la Mikveh venne aggregata a tale edificio. I locali interni erano divisi in due parti: il primo conteneva la caldaia che serviva a riscaldare l'acqua, il secondo le vasche di legno all'interno delle quali avveniva il bagno purificatore. L'acqua proveniva dal pozzo adiacente la struttura, mentre lo scarico veniva deviato nel ruscello che scorreva accanto. 

Ringrazio mia moglie Katerina che mi ha supportato pazientemente nella traduzione dei testi scritti in lingua ceca.

Beniamino Colnaghi, 2010

venerdì 14 gennaio 2011

CARTOLINE -4 -Municipio e viale Rimembranze

In questa bella cartolina, di cui possiedo solo una copia fotografica, appare il municipio di Verderio Superiore che fu costruito nel 1910 e che per molti anni fu anche sede delle aule scolastiche, situate nel sottotetto e servite dalle finestre rotonde.




Oltre al municipio, l'immagine comprende tanti particolari che meritano attenzione.
Sulla sinistra dell'immagine il viale delle Rimembranze, fiancheggiato da due file di platani ora scomparse. Le piante della fila destra sono state sostituite da tigli, periodicamente vittime di selvagge potature.



Lo spazio del municipio era ancora delimitato dalla recinzione in ferro battuto requisita durante la seconda guerra mondiale.






Nell'angolo destro dell'immagine la fontana e l'edicola con la lapide che ricorda che in quel punto l'acqua dell'acquedotto Fonte Regina fu portata nel 1898.


Nel cortile era presente una palma. Non era l'unica pianta di questo tipo in paese. Un'altra era piantata di fronte a Villa Gnecchi e forse altre ancora erano presenti in altri punti.



DEFINITIVAMENTE CANCELLATA L'IMMAGINE DI SANT'ANTONIO ABATE IN VIA FONTANILE 6

I lavori di ristrutturazione in atto in via Fontanile 5 hanno provocato la definitiva cancellazione dell'immagine di S.Antonio Abate presente su un muro della corte.


L'immagine, come si vede anche da questa fotografia, era già molto deteriorata ma la sua perdita definitiva è comunque un vero peccato.

Una scheda sull'immagine di Sant'Antonio è stata pubblicata su questo blog il 26 luglio 2009. La potete trovare sotto le etichette "immagini sacre" e "Marta Cattazzo".

IMMAGINE DELLA MADONNA SULL'ANGOLO DI VIA FONTANILE di Marta Cattazzo


LOCALITA' : Verderio Superiore
UBICAZIONE: incrocio tra via Fontanile e via Principale.
ICONOGRAFIA: Madonna dell'aiuto in piazza (attualmente Madonna del Rosario).
COLLOCAZIONE: muro ad angolo, da terra cm 156
DIMENSIONI: cm 65x153




Immagine originale, foto "anni venti ", Carla Stucchi
Immagine ridipinta (foto2002)





Ignoto, Madonna dell'aiuto, affresco Cattedrale di Monza, databile intorno al 1330




Ignoto, Madonna dell'aiuto, tempera, Verderio Sup. immagine originale


DESCRIZIONE
Come per altri paesi, le edicole sacre che venivano situate in posti visibili al centro del borgo, erano spesso denominate con l'appellativo Madonna dell'aiuto, poiché si trattava di un punto di riferimento ben preciso per tutta la popolazione. La rappresentazione schematica non era rigida, infatti a volte presentava la Vergine in piedi, come in questo caso, altre volte inveceera seduta in trono (fig. 1). Sempre tuttavia è in atto di tenere in braccio e presentare il Figlio, quasi a sottolineare che l‟intercessione presso Dio avviene mediante anche il piccolo Gesù. La Madonna di Verderio sul braccio sinistro sostiene il Bambino mentre su quello destro regge la corona del rosario.
La signora Carla Stucchi mi ha gentilmente procurato una foto ormai d‟epoca raffigurante edicola sacra originale; il confronto è inevitabile. C‟è da dire innanzitutto che l'autore del primo dipinto era un pittore e decoratore di professione, seppur l'immagine fotografica sia sfuocata, si coglie una certa delicatezza nella fattura dell'abito e del manto bianco dalle voluminose pieghe. La stessa posa della Vergine non appare rigida come nella seconda versione, bensì composta come appena scesa in soccorso all'invocazione dei fedeli.
L'immagine dipinta dal pittore autodidatta Garzotti ha mantenuto i colori delicati precedenti, tuttavia è più fredda. Nella parte inferiore, ormai non più visibile, vi era dipinto il paese di Verderio Superiore a rappresentare la protezione che la Vergine dava ai verderiesi e contemporaneamente l'invito rivolto a tutti i fedeli di recitare il rosario

Fotografia - cartolina degli anni '20 con visibile l'edicola originale (foto gentilmente concessa dalla signora Carla Stucchi)

DATI STORICI INERENTI
La palazzina in questione era di proprietà Gnecchi; successivamente l'edificio fu acquistato dalla famiglia Sala, la quale vi introdusse un negozio che fungeva da osteria, macelleria e generi alimentari.
Mi riferisce la signora Carla Stucchi, moglie del macellaio, che l'immagine originale fu fatta eseguire proprio dalla famiglia Gnecchi, intono ai primi anni del Novecento da un pittore di Milano che era stato chiamato in Villa Gnecchi a restaurare la “Sala del Concerto”.
La figura della Madonna era sempre in piedi col Bambino sulle braccia; a lei vi accorrevano tutte le persone del paese, in particolare si rivolgevano con richieste e preghiere madri, giovani partorienti e donne anziane.
Un dato importante che ricorda la signora Carla è la firma dell'autore che compariva sul lato sinistro in basso del dipinto.
Fino agli anni '60 circa, e finché il traffico della strada principale lo permetteva, alla mattina vi stazionava la processione per recitare i litanéi. La luce posta in alto era sempre accesa in segno di devozione da parte di tutti i paesani e come punto di riferimento durante la notte.
Fino all'inizio degli anni '80 si era occupata di fornire l'elettricità la famiglia Sala; dopo la vendita dei locali finì anche l'illuminazione. Attualmente si occupa della manutenzione il signor Anacleto Mapelli, l'anziano fiorista del paese.

Visione attuale dell'incrocio di via Principale e via Fontanile (foto 2002)
Marta Cattazzo, 2002





mercoledì 12 gennaio 2011

DON GIORGIO SPADA di Maria Fresoli


Alla morte di don Giacomo Spada, gli successe, don Giorgio Spada, suo nipote, che oltre al ministero sacerdotale svolgeva la funzione di "Notaio Apostolico". Molti sono gli scritti lasciati da questo parroco, ed è grazie ai suoi appunti che si è potuto ricostruire, seppur sommariamente, le vicende iniziali della parrocchia.
Da una lettera dello stesso don Giorgio ai superiori, si apprende che all'epoca, la povera gente, per guarire i mali corporali, si rivolgeva sovente ai "guaritori" per "farsi segnare il male": pratica questa che incorreva, a quei tempi, nella scomunica. Ecco uno di questi casi (1):

"Ili.mo e Molto Rev.mo Mons. Colendissimo.
Essendo una persona di mia cura aggravata dal mal che s'addimanda "vago", se lo fece segnar in questo modo:
pigliando un ramo di salvia con acqua santa e facendoli sopra il segno della croce dicendo:"in nomine Patris etc..." Hora con questa mia, prego Vs Ill.ma et Rev.ma che dichiari se questa persona inferma, per non haver dinontiato in tempi debiti chi gli ha fatto tal segno, sii incorsa nella censura della scomunica, et se incorsa, vogli dignarsi che sii liberata; ne essendo questa mia per altro, li bacio le sacrate mani, pregandoli di continuo da Nostro Signor ogni contento.
Di Robiate li 27 ottobre 1604.
Divoto Servo
Pre' Giorgio Spada
Cur. di Robiate."
Il povero ammalato, invitato in seguito dal Vicario Foraneo, svelò il nome del suo guaritore, evitando cosi la scomunica, ma gli fu imposta ugualmente una salutare penitenza.
Nella visita pastorale del Cardinale Federico Borromeo del 12 agosto 1610, la chiesa si presentava sempre ad una sola navata, sul fianco a nord della quale si aprivano la cappella della Madonna e quella del Battistero. Sullo stesso lato, una porticina immetteva dal transetto alla sacrestia, ampia quanto la cappella della Madonna.
Non vi era ancora il campanile e una sola campana stava appesa sul frontespizio della facciata, al lato sinistro della porta maggiore. La lunghezza del sacro edificio era di circa 15 metri, la larghezza di m.7,20 e l'altezza di m.9,60. All'esterno, lungo i fianchi e davanti alla facciata, vi era il cimitero, completamente recintato da mura, in cui trovavano sepoltura i parrocchiani compresi i parroci; alcuni nobili invece, come gli Ajroldi, avevano il sepolcro all'interno della
chiesa, presso l'altare della Madonna.

Planimetria della chiesa del 1626.
 Il nobile Marcello Ajroldi, nel 1617, lasciò nel suo testamento una cospicua somma per l'edificazione di una nuova cappella da dedicarsi a S.Carlo e S.Francesco, dirimpetto a quella del Rosario: l'opera fu iniziata nove anni dopo e terminata completamente nel 1676.
Gli anni successivi col formarsi di squadracce, capeggiate da un prepotente signorotto, i paesi della Pieve di Brivio, furono teatro di una lunga serie di omicidi, razzie e atti vandalici anche la nostra chiesa fu profanata da un grave furto sacrilego, avvenuto il 31 maggio 1629. Ecco come don Giorgio descrisse quell'avvenimento:

"Questa notte, venendo il sabato, li ladri infami et sacrileghi hanno dato l'assalto alla mia povera chiesa: tentato di romper il muro sotto il finestrolo del campanile, di levar la pietra della suola della porta grande, trivellato attorno alla serratura del'istessa porta, et alla fine (altra disgrazia) hanno rotto sotto la finestra del Battistero et incastrato nel finestrolo del Sacrario e rotto quel tavolato, sono entrati in sacristia, hanno rotto il garbusello di quella casetta, nella quale si conservano le offerte et limosine del Corpus Domini et della chiesa, et il turibolo et navicella et altre cose.
Hanno levato tutti i danari che erano fuori della bussola, in alcune scatolette, et portato via la stessa bussola che aveva dentro certe quantità de monete de offerte e tutta la qual somma de denari può esser, secondo il calcolo fatto da Gio.Angelo Bonino, che aveva il maneggio, de lire ottanta in circa. Et cosi la povera chiesa è restata spogliata de tutta la sua possibilità de danari. La Maestà Divina perô ci ha favoriti che non hanno molestato niun altra cosa, purchè d'aver preso giù d'un cerario una candela, della quale, accesa alle lampade, si sono serviti in questa loro maledetta attione...
Questo è successo in tempo che in Pieve era allogiata una compagnia del conte Fabritio Mariani, la cui gran parte è de ladri, assassini, marioli et taglia borse. Ma in particolare una liga de tre o quattro alloqgiati in questa terra, che con vanto raccontano, per quanto vien detto, vari assassinamenti fatti da loro in diversi luochi"
.(2)

Data (1626) rinvenuta durante l'ultimo restauro della chiesa parrocchiale. La data è riferita all'inizio della costruzione della cappella dedicata a S.Carlo e S.Francesco (ora cappella del Crocifisso)
 Se consideriamo che i 46 anni di ministero di don Giorgio trascorsero nel pieno periodo della dominazione spagnola, con tutte le conseguenze che questo malgoverno porto sul piano sociale ed economico, e logico supporre che uest'arco di tempo fu tra i piu travagliati e difficili della storia della nostra parrocchia.
Infatti, oltre al prorompere della malvivenza e al dilagare della gran miseria tra la popolazione, sempre per mano di don Spada, sappiamo che il 18 settembre del 1629, il passaggio da Robbiate dei Lanzichenecchi e le conseguenti razzie da parte loro delle case e delle campagne, lasciarono tra la gente una gran desolazione.
A dar manforte a queste disgrazie, nel luglio del 1630 da Milano arrivò la peste che fece undici vittime, col onseguente panico tra gli abitanti. In quelle circostanze dolorose, il buon parroco, come possiamo leggere nel registro dei morti di quegli anni, somministrò con animo pietoso e caritatevole, i religiosi conforti ai poveri contagiati, che erano isolati in un capanno sul Monterobbio e dopo la monte sepolti nel cimitero del "Cavetto" (3).
Il pietoso compito di don Giorgio non fu ben visto dai parrocchiani, che sospettando il parroco di aver pure lui contratto il morbo, lo evitarono disertando per parecchi mesi la chiesa.

NOTE
(1) A.P.R - cart. n.4
(2) A.P.R. - "Liber Missarum".
(3) "Il cavetto" era la denominazione di un terreno sul Monterobbio a circa 150 m. dall'imbocco
dell'attuale Via Monterobbio a mano sinistra.
Questo testo è tratto dal libro "Robbiate tra fede e umane vicende", scritto da Maria Fresoli ed edito dalla parrocchia di Robbiate nel 2003. Altri brani tratti dallo stesso libro sono stati publicati su questo blog il 23/3,  il 20/5  e  l'8/10 del 2010.

CRONACHE DEL XVII SECOLO DI DON GIORGIO SPADA, CURATO DI ROBBIATE a cura di Maria Fresoli

Archivio Parrocchiale di Robbiate.
Liber Missarum - 1608-1649 - Don Giorgio Spada  2° curato.


9 agosto 1621 - Questa notte precedente tempesta non mai più vista così crudele et tuoni e folgori spaventosissimi.

10 dicembre 1621 - Questa notte precedente si è udito gran tuono con folgori e baliori.

"...si è udito gran tuono con folgori e baliori."


28 maggio1626 - Memoria di una grande tempesta, no grossa ma molta e il dì seguente brina contra l'uva e tutti i grani.

1629 - A S. Martino cominciò a scoprirsi la peste in Merate.

7 aprile 1635 - Il povero Padre Daniel Herba da Galbiato è stato amazzato con 4 archibugiate  in Cura di Paderno: tra Robiate et Imbresago, andando a Brivio a pigliar li olei santi, accompagnato solo da duoi garzonetti di Terzolo datigli da me, essendo venuto solo da Paderno a cavallo. L'imboscata era fatta nel bosco del sig. Gio. Ant. Ajroldo, fatta in poco di siepe con ginestre.

8 giugno 1642 - Tempesta grave in Merà et nel suo circuito, principalmente sopra la terra, poi in Novate, Cernuschio, Robiate et Paderno.

3 Settembre 1642 - Tempesta hoggi 3 volte, da dopo hora nona, sino il doppo l'Ave Maria; da Merà in su e da Robià in su: molte terre rovinate.

"...èstato ammazzato con 4 archibugiate in cura di Paderno..."

10 ottobre 1642 - Questa mattina a giorno chiaro, si è visto sopra il Monterobbio un splendore in forma quasi di cometa.

20 dicembre 1642 - Tuoni, lampi e piogge gagliarde e copiose con impetuosi venti.

15 aprile 1643 - a Merate l'Ufficio per quel messer Antonio, amazzato con il Rev. Gio. Batt. Calco sacerdote.

14 febbraro 1644 - Neve nuova ma umida, sopra la vecchia che alla campagna è più di un brazzo.

9 maggio 1645 - A S. Marcellino alla festa della Madonna del riccio.

"Neve nuova ma umida..."

15 maggio 1645 - Ohimè, tempesta all'hora del vespero, quasi un'hora, però senza vento: rovinato perciò Robiate. Nel circuito: Novate, Merate, Pagnano.

28 febraro 1646 - Messa  a nome de quei duoi che vanno a Loretto e Roma.

31 maggio 1646 - Terremoto questa mattina a hora una avanti giorno.

7 giugno 1646 - Tempesta nel paese, cioè verso S. Rocco, Mombello, Lomeda: Sartirana toccata in parte.

11 giugno 1646 - Tempesta come sopra, ma peggio, poi più che più alla Santa, Desio, Meda, Barlassina. A Varese, tempesta si dice di peso de libre tre l'una. Rotti a migliaia e migliaia i coppi.


2 luglio 1647 - A Merate, per l'Ufficio  (da morto) del Tentorino, amazzato hieri sera dal prete Bughino, suo cognato, con un'archibugiata.

4 novembre 1647 - Cominciò il dì di S. Carlo a piovere, il dì seguente venne come un diluvio, li altri duoi con tuoni e tempesta, benché il da acqua si sia sentito giorno e notte con baleni.

"... venne come un diluvio....con tuoni e tempesta"

1 marzo 1648 - Questa notte sono stati levati tutti e tre i battenti delle Campane di Merate perché doveva predicar un Somaschino, esclusi i Cappuccini a quali toccava.

Maria Fresoli, 2010


Disegni di Sara Bartesaghi.




COMPARAZIONE FRA VARI TIPI DI CONTRATTO AGRICOLO. CONTRATTO N.2, 27 DICEMBRE 1816 di Anselmo Brambilla

Secondo contratto agricolo presentato da Anselmo Brambilla. Il primo, del 1680, è stato pubblicato su questo blog il 17 novembre 2010.
Le parti in grassetto sono precisazioni e commenti di Anselmo.

Contratto di affitto di terreni e case di proprietà del beneficio parrocchiale di San Vigilio in Calco, stipulato fra i fabbriceri (amministratori) della chiesa e tale Giò (Giovanni) Carozzi , contadino abitante alla Pelata (Pilata), frazione del Comune di Olgiate Molgora ma, un tempo, parrocchia di Calco.

"Steso in  Calco, distretto di Brivio, provincia di Como il giorno 27/12/1816 sotto il Regno Lombardo Veneto

Colla presente valitura in ogni miglior forma gli infrascritti signori Dottor fisico Giacomo Galbusera , Giuseppe Pozzone e Giuseppe Magni, in qualità di fabbricieri ed amministratori della Chiesa parrocchiale di Calco suddetto ivi domiciliati.

Le tre persone in questione erano incaricate di amministrare, in nome del parroco, il beneficio parrocchiale, cioè l'insieme dei beni di proprietà della chiesa di Calco, quindi sono loro che di fatto si occupano della questione. 

Inerendo all'atto d'asta e deliberazione del giorno 30 agosto 1816, ed alla superiore Governativa approvazione ed abilitazione loro impartita, come da ordinanze 7/10/1816 dall'Imperial Regio Governo, e 16/10/1816 della Reale Delegazione di Como, comunicata alli suddetti signori fabbricieri per lettera del signor Reverendo Subeconomo De Capitani parroco di Viganò in data 19/10/suddetto.

Il contratto di affitto era steso in base alle leggi del Governo, e ad ordinanze del consiglio provinciale di Como. Inoltre essendoci un ente religioso coinvolto era neccessario l'intervento anche della preposta autorità religiosa.

Volontariamente ed in ogni miglior modo hanno investito e investiscono a titolo di affitto semplice , a migliorare e non deteriorare, e come meglio il signor Giovanni Carozzi figlio del fu Gianbattista domiciliato alla Pelata parrocchia di Calco, qui presente, il quale accetta e si obbliga come abbasso;

La condizione basilare dell'affitanza, o prima condizione posta al Carozzi, era che il tutto era concesso alle condizione che l'affittuario tendesse al miglioramento, e non al peggioramento di quanto gli veniva affidato.

Nominativamente dei beni di ragione della detta Chiesa parrocchiale di Calco consistenti in fondi aratori vitati e moronati e case coloniche, posti nel comune di Calco suddetto, per l'ammontare in tutto di pertiche 23 e tavole due, scudi 200, soldi 1 e denari 3, di cui il detto signor Giovanni Carozzi si dichiara pienamente edotto e informato, e da descriversi nell'atto di consegna convenuto col seguente patto quattro:

Con questo contratto venivano affitati al signor Carozzi, fondi da coltivare, terreni  con viti e gelsi, e case coloniche, per una superfice totale di 23 pertiche e 4 tavole, per una rendita di 200 scudi 1 soldo e 3 denari .

Parimenti di tutte le ragioni competenti a detti beni. Perciò il suddetto signor Giò Carozzi accetta la locazione de suddetti beni e di nuovo si obbliga sotto tutti i patti e condizioni, e obbligazioni portate dai capitoli, sotto de quali venne tenuto e deliberato l'atto d'asta suaccennato e sono li seguenti;

La fabbriceria aveva indetto un'asta pubblica per i beni in questione, nel bando erano contenute le condizioni di affitto che il Carrozzi, concorrendo all'assegnazione, aveva già tacitamente accettato, e che verranno comunque riproposte e sancite nel contratto di affitto.

1. L'affitto si fa a corpo e non a misura, a migliorare e non deteriorare, e si fa per nove anni, cioè dal giorno undici novembre milleottocentodiciasette fino all'undici novembre milleottocentoventisei.

Si ripete la raccomandazione del miglioramento dei beni ottenuti, e si stabilisce la durata; nove anni a partire da San Martino, 11 novembre, del 1817 fino a San Martino del 1826.

2. A titolo di fitto dei beni compresi in questo contratto il suddetto signor Giò Carozzi in qualità di conduttore de medesimi si è obbligato e si obbliga pagare ogni anno durante la locazione, alla Chiesa locatrice, e per essa al di lei cassiere designato dalla fabbriceria da pagarsi in di lui casa d'abitazione e in sue mani annualmente lire trecentocinquantatre e centesimi sei, pari a lire milanesi quattrocentossesanta.

L'affittuario deve corrispondere, tutti gli anni alla chiesa, nelle mani del  fabbricere indicato, 353 lire e 6 centesimi italiani, pari a 460 lire milanesi. Erano gli anni successivi alla caduta di Napoleone I, e la nuova moneta, la  lira italiana emessa dagli Austriaci, conviveva ancora con la moneta del periodo antecedente, la lira milanese.

Mappa allegata da C. Amoretti al suo "Viaggio ai tre laghi Maggiore, di Lugano e di Como"


Da pagarsi in due rate uguali , cioè la prima nel giorno 30 giugno e la seconda nel giorno 30 ottobre di ciascun anno di locazione, ogni pagamento dovrà farsi con danari metallici d'oro o d'argento, e non altrimenti che al corso della Grida di Milano, escluso il corso abusivo ed escluso la carta monetata e qualunque altro surrogato all'effettivo danaro metallico quantunque ne venisse superiormente autorizzato il loro corso anche con deroga ai patti stipulati in contrario dalle parti.

Il pagamento è da farsi in due rate, metà il 30 giugno, l'altra metà il 30 ottobre, e la moneta usata solo dovrà essere d'oro o al massimo d'argento, con esclusione di qualsiasi altra forma di pagamento: carta moneta o altro, anche se di questa moneta ne venisse autorizzato il corso dalle autorità di governo.

Ritardandosi poi il pagamento otto giorni dopo li termini convenuti come sopra, il conduttore dovrà pagare sulla rata di fitto o sulla di lei quota non pagata, l'interesse in ragione del cinque per cento dal giorno in cui sarà maturata fino al giorno dell'effettivo pagamento, salva sempre la ragione della fabbriceria di esecutere giudizialmente il conduttore al pagamento medesimo nonostante la qui convenuta corresponsione degli interessi.

In caso di ritardato pagamento di otto giorni dalle date stabilite, l'affittuario sarà tenuto a pagare il 5% di interesse sul debito o sulla parte del debito pregressofino al giorno dell'effettivo pagamento, fatto salvo il diritto della fabbriceria di denunciarlo per ottenere il saldo del debito, nonostante il pagamento dei convenuti interessi. 

3. Per qualunque controversia o pretesa del conduttore potesse nascere durante la locazione, non potra giammai il conduttore ritardare il pagamento del fitto convenuto nei termini come sopra, anzi nemmeno potrà pretendere di esser sentito ne amichevolmente ne giudizialmente se prima non avrà effettivamente saldati tutti li fitti decorsi a tal epoca.

Clausola rafforzativa rispetto al corretto pagamento delle rate. Qualunque controversia dovesse sorgere fra la fabbriceria e l'affittuario, questi dovrà comunque corrispondere il pattuito. Non potrà in nessun modo essere ascoltato se prima non paga il dovuto alla fabbriceria.

4. Il conduttore deve ricevere i beni affittatigli mediante consegna in principio di locazione  e  riconsegna infine col successivo bilancio.

Queste operazioni si fanno da perito beneviso dalla fabbriceria, e in quel tempo che dalla medesima sarà destinato.

Il conduttore ha a suo carico senza rimborso tutte le spese della prima consegna e del bilancio infine della loro copia legale da consegnarsi alla fabbriceria nel termine di un mese dopo le rispettive operazioni.

Si obbliga il conduttore a conformarsi al risultato delle suddette operazioni e a tutte quelle avvertenze che il perito avrà creduto necessarie o convenienti da rimarcare per l'interesse della Chiesa.

Indicazioni che riguardano la consegna, e la riconsegna al termine della locazione dei beni, dopo valida perizia operata da persona di fiducia della fabbriceria, con l'obbligo per l'affittuario, oltre che di pagare le spese dell'operazione, di ottemporare a tutte le prescrizioni che detto perito vorrà pretendere.

Questo contratto si fa a tutto rischio e pericolo del conduttore, il quale perciò rinuncia al diritto di restauro per qualunque tempesta anche maggenga e replicata o brina, o fallanza generale, siccità, mortalità di viti o di piante , e per qualunquesiasi altro infortunio anche impensato e del tutto esterminatore;   eccettuato soltanto la guerra guerreggiata in luogo e l'incendio casuale, e la peste con mortalità di uomini in paese;  nei quali casi si farà un restauro equitativo avuto riguardo al fitto, non al danno ne alla perdita del lucro del conduttore, ed avuto altresì riguardo a quanto si praticherà dagli altri possidenti vicini.

Il contratto è comunque fatto a rischio e pericolo dell'affittuario, che anche in caso di danni causati da  calamità naturali: tempeste , siccità, ecc  non potrà pretendere niente.
Solo in caso di guerra  combattuta in paese, incendio, o peste con  morte di persone in paese, si potrà accordare qualche beneficio all'affittuario, non riguardo al danno subito o al mancato guadagno, ma solo riguardo alla riscossione dell'affitto che si potrà abbonare tutto o in parte, tenendo conto anche di quello che faranno altri possidenti.

6. Il conduttore non ha diritto a subaffittare o case o terreni se non a famiglie e persone beneviste alla fabbriceria, la quale perciò ritiene il diritto di denunziare dalle case o anche dal terreno i subaffittari dal conduttore ammessi senza previa approvazione in scritto della fabbriceria; dichiarandosi incompetente e nullo qualunque contratto di subaffitto senza tale approvazione, e a carico del conduttore la rifusione dei danni e spese derivanti alla Chiesa locatrice, si dalla condotta de subaffittuari, che dagli atti giuridici occorribili per ogni effetto di ragione.

All'affittuario è fatta proibizione di subaffittare case o terreni senza prvia approvazione scritta della fabbriceria. Nel caso lo facesse senza la prescritta approvazione la fabbriceria si riserva il diritto di sloggiare gli abusivi, caricando l'affittuario delle eventuali spese giudiziarie o danni subiti.

7. Tutti li carichi prediali ordinari e straordinari quantunque nuovi e del tutto impensati, si regi che provinciali e locali, di qualunque sorta e in qualunque somma, e sotto qualunque denominazione o titolo vengano imposti, anche di solo prestito, sopra i beni e case di questo affitto, compreso altresì li carichi personali, le fazioni militari, o alloggi, carreggi, requisioni di generi e simili, che in ogni evento potessero occorrere, restano tutti onninamente a carico del conduttore senza rimborso e con obbligo di presentare alla fabbriceria i confessi di aver pagato come sopra.

Le tasse e i vari balzelli che già ci sono e quelli che dovessero essere posti in avvenire dalle istituzioni, locali, provinciali o nazionali sono totalmente a carico dell'affittuario, come sono a suo carico, gli eventuali aggravi aggiuntivi   per alloggio di militari, le requisizioni di derratte alimentari e simili, per le quali l'affituario non potrà chiedere nessun rimborso, anzi a giustificazione delle succitate azioni dovrà esibire ricevute comprovanti le perdite subite. 

8. Il conduttore ha di sua ragione la scalvatura  delle piante cedue, non che delle siepi; purchè la legna sia matura di nove anni quanto al castagno, e quanto alle siepi e ogni altra legna cedua si forte che dolce, purchè sia matura di quattro anni; ritenuto eluso il fusto delle siepi da lasciarsi intatto in altezza sufficiente a riparo del terreno , e sott'obbligo di conservare tutte le siepi compiute di roba viva , e ben cinghiellate secondo l'uso dei diligenti agricoltori.

All'affittuario è consentito utilizzare i rami superflui delle piante e delle siepi, purché dette piante siano di almeno nove anni per quanto riguarda il castano, mentre per le siepi sia di legna dolce che forte deve essere di almeno quattro anni.
Non tagliare il fusto degli alberelli che compongono le siepi   e che le stesse si mantengano ad  altezza tale da servire come protezione al terreno.

Tutto il fusto dei moroni e di qualunque pianta cedua compresi gabbi e gabbetti qualunque, non meno che la totalità (cioè fusto, rami e brocca) delle noci e di ogni pianta a frutta, che occorressero di levare dal terreno affittato, perché morte o cadute a terra, o bisognevoli a riparazioni, o per qualunque altro motivo siano da levarsi e in qualunque numero, restano espressamente riservate di ragione della Chiesa locatrice, senza che il conduttore abbia diritto a verun compenso per delle piante, o gabbi o moroni levati come sopra.

Il conduttore è tenuto avvisare la fabbriceria delle piante o gelsi o gabbi da levarsi, sotto la sua responsabilità alla chiesa per ogni effetto di ragione.

I gelsi e ogni tipo di pianta da frutto che si rendesse necessario togliere, o perché morte o danneggiate, dal terreno affittato  sono di pertinenza della fabbriceria alla quale vanno consegnate a carico e a spese dell'affittuario, il quale ha diritto a tenere per se solo i rami.
In ogni modo prima di togliere le piante , l'affittuario deve darne comunicazione alla fabbriceria.
Gli alberi delle noci, classificate legno pregiato, vanno consegnate nella loro totalità compresi i rami.

Se il conduttore si farà lecito di gabbare (1) piante da cima, o di appropriarsi gabbetti, o legna qualunque non di sua ragione a termini sopraespressi, dovrà pagarne il doppio valore di quanto si sarà appropriato.

L'appropriarsi di legna non di sua competenza avrebbe comportato, per il contadino, sanzioni pecuniarie pari al doppio del loro valore. 


"Topografia del Monte di Brianza con le sue parti limitrofe nel ducato di Milano delineata da Paolo Antonio Sirtori MDCCLXIII"

9. Il conduttore ha a sua carico senza rimborso tutta la spesa di qualsivoglia condotta di legnami, calcina, sassi, sabbia, e di ogni materiale e cosa qualunque bisognevole per le riparazioni, che la fabbriceria in ciascun anno anche ultimo di locazione stimerà di fare nelle case affittategli; non meno che tutte le operazioni di semplica giornaliere e di servitù manuale , senza eccezione, qualunque siano soccorribili per le stesse riparazioni.

Il titolare dell'affitto ha a suo carico tutte le spese occorrenti per il trasporto di materiali occorrenti, che  sono a carico del locatore, per la manutenzione e le riparazioni delle case a lui affidate, che la fabbriceria anche nell'ultimo anno di locazione dovesse stabilire necessarie. Inoltre deve essere disponibile ad assumersi in proprio l'onere, o quantomeno contribuire con il suo lavoro alle opere di manutenzione o riparazione.

Il conduttore mancando al qui convenuto, dovra rimborsare alla Chiesa tutto quanto si spenderà dalla fabbriceria per far eseguire da altri ciò, che incombe al conduttore in virtù di questo patto.

Il conduttore che mancasse a questi patti verrebbe sanzionato con il pagamento delle opere che la fabbriceria fosse costretta a far eseguire da altri.

10. Il conduttore non ha il diritto di introdurre ne permettere nei beni e case affittategli alcuna servitù o novità qualunque pregiudizievole alla ragione o interesse della Chiesa, anzi si obbliga invigilare, e avvenendo novità, darne subito avviso alla fabbriceria sott'obbligo di rifusione d'ogni danno, interesse, o spese imputabili al suo silenzio, o o moroso ritardo dell'avviso qui convenuto.

Il conduttore deve vigilare, pena sanzioni, affinché non si creino servitù, ne si verifichino novità che possano creare  pregiudizio alcuno sui beni affidategli, con l'obbligo nel caso di darne rapida informazione alla fabbriceria.

11. Il conduttore deve piantare ogni anno del novennio sei moroni già grossi da inserto nel terreno affittatogli, e inserirli di miglior foglia, e consegnarli in fine di locazione a norma del seguente capitolo duodecimo; parimenti deve refilare nel primo triennio tutte le viti, e di consegnarle in fine di locazione rifilate in buono stato fruttifero.

L'affittuario ha l'obbligo, ogni anno del novennio di locazione, di mettere a dimora sei gelsi adulti della migliore qualità che verranno dallo stesso lasciati a dimora al termine del contratto. Inoltre nel primo triennio deve refilare (2) le viti, cioè risistemare i filari con la sostituzione delle viti  vecchie, di quelle seccate, e dei pali di sostegno eventualmente deteriorati. Il tutto da lasciarsi,  al termine della locazione, in perfetto ordine e in buono stato fruttifero. 

12. Il conduttore dovrà abbonare in contanti alla Chiesa il valore dei deterioramenti , e di ogni ragione, danno, o interesse della medesima, per patti contravvenuti, o ommessi, o maleseguiti, a norma di tutto il convenuto colla presente scrittura, e nella precisa somma che verrà giudicata dal perito nel suo bilancio.

Nel caso di inadempienze da parte del conduttore, questi dovrà, in contanti, rifondere alla fabbriceria l'ammontare dei danni nella quantità prevista dal perito incaricato ddella eventuale verifica. 

La Chiesa abbonerà al conduttore i miglioramenti risultanti dallo stesso bilancio , eccettuati quelli espressi nel patto undecimo, i quali restano a carico del conduttore non solo senza diritto di compenso ma con obbligo altresì di compensarne alla Chiesa il lor valore, se non esisteranno in fine di locazione in lodevole stato fruttifero rifilate le viti, non meno che il valore dei gelsi desunto non soltanto dal numero col patto undecimo, ma altresì dall'incremento e prodotto di foglia che dovrebbero avere dall'epoca rispettiva di lor piantagione rimossa ogni eccezione.

La fabbriceria compenserà  il conduttore di tutti i miglioramenti eseguiti, ad eccezione di quanto stabilito dal capitolo 11 che rimane totalmente a suo carico senza diritto a compenso alcuno. Anzi nel caso non abbia ottemperato all'obbligo stabilito di piantumare i gelsi e sistemare i filari delle viti,  o questi non fossero ritenuti sufficientemente fruttiferi dal solito perito, il contadino verrebbe chiamato a rifondere alla fabbriceria il danno subito in virtù della sua mancanza o incapacità. 

13. Compiuto il novennio di quest'affitto a norma del capitolo e patto primo della presente, s'intenderà per patto espresso terminata la locazione, e sciolta, senza che le parti siano tenute a darsi una formale denunzia ne veruna diffidazione, perché findora reciprocamente si dà e si accetta dalle parti in valida forma, come fosse data e intimata giudizialmente.

Il contratto d'affitto si intende sciolto allo scadere dei nove anni stabiliti, senza che nessuna delle due parti sia  obbligata a darne formale disdetta.

14. Sarà facoltativo alla fabbriceria di convenire il conduttore e la sua sicurtà e qualsivoglia altro coobbligato, avanti li giudici e tribunali competenti al domicilio dei fabbricieri della Chiesa parrocchiale di Calco locatrice, benché fossero del tutto incompetenti al conduttore, o ad altri dei suddetti; e ciò tanto pel pagamento dell'annuo fitto, come per qualsivoglia causa dipendente da questo contratto.

La fabbriceria si riserva il diritto di chiamare in giudizio in tribunale , il locatore, il garante di sicurtà (3) e tutti quelli eventualmente coobbligati, al fine di ottenere il pagamento dell'affitto, o di altro dipendente dall'applicazione di questo contratto.

Al qual effetto tanto il conduttore, quanto la Sicurtà, e ogni altro coobbligato rinunziano nella più ampia e valida forma alla competenza del proprio foro, e ad ogni qualunquesiasi ostativa, o eccezione possa esservi, o promoversi all'eseguimento di questo patto.

15. Il conduttore ha a sua carico senza rimborso tutta la spesa di carta bollata si per gli atti d'asta e della presente scrittura, che di tutti i confessi e documenti occorribili per qualsivoglia causa dipendente da questo contratto fino a locazione finita, e ultimata ogni pendenza tra la Chiesa locatrice e il conduttore, al quale parimenti spetta senza rimborso qualunque altra spesa occorribile anche per l'effetto d'inscrivere all'ufficio di ipoteca i beni obbligati alla garanzia di questo contratto.

Tutte le spese per la registrazione del contratto, carta bollata, scritture, eventuali ipoteche, ricevute e quant'altro necessario per renderlo operante è a totale carico dell'affittuario, senza diritto a nessun rimborso.

16. Il conduttore deve in fine di locazione lasciare fieni, strami, paglia, e ogni altra cosa atta a pascolo o a sterno del bestiame, e tutto il letame a norma delle leggi e usanze del paese, e lasciare a uso della famiglia subentrante il locale per suddetto strame e bestiame, e per abitazione delle persone secondo la pratica, e ciò sotto rifusione d'ogni danno e spesa a giudizio del perito, che farà il bilancio.

Al termine della locazione , il contadino deve lasciare tutto quanto non ha utilizzato fino a quel momento, fieno, paglia, strame, ecc, cioè tutto quanto possa essere usato dalla famiglia subentrante per alimentare gli animali della stalla.  Inoltre deve lasciare il letame da utilizzare come concime, la stalla in buone condizioni, e l'abitazione della famiglia secondo la pratica corrente. Il tutto , ovviamente dovrà essere stabilito e controllato dal perito incaricato di stendere il bilancio di chiusura della locazione. 

17. Tutti questi capitoli e patti s'intendono correlativi tra loro e individui e formanti un unico e solo patto; e si ritiene essersi di ciascun d'essi avuto il debito  riguardo dalle parti nella costituzione del fitto, sul quale è seguita la deliberazione, e mancando ad alcuno d'essi il conduttore, sarà facoltativo alla fabbriceria di farlo caducare immediatamente dalla presente locazione.

Con espressa dichiarazione, che la stessa caducità debba per ogni effetto di ragione ritenersi  apposta non in via di pena, ma di espressa e tra le parti stabilita convenzione e precisa condizione, senza la quale non si effettuava il presente contratto.

Tutti i capitoli del presenti accordo sono correlativi e vincolanti, e mancando il conduttore ad uno di essi, verrebbe meno tutto l'accordo rendendo nullo il presente contratto , con l'immediata rottura dello stesso e la conseguente fine della locazione. Vista non come punizione ma come effetto di una precisa condizione posta nell'accordo sottoscritto fra le parti, senza la quale non si effettuava il contratto di affitto.

Dovendosi dalla fabbriceria fare delle spese per obbligar il conduttore al pagamento del fitto e all'esecuzione dei suddetti patti e di ciascun d'essi , sia tenuto il medesimo conduttore a reintegrar la Chiesa di qualsivoglia spesa; e ciò secondo la semplice nota giurata, la quale non dovrà essere soggetta ad alcuna riduzione, o moderazione portata da qualunque legge o pratica, perché cosi è.

Nel caso la fabbriceria fosse obbligata a sostenere delle spese per obbligare il conduttore a pagare l'affitto, queste devono essere recuperate in virtù della semplice nota  giurata contenuta nell'accordo e sottoscritta dalle parti.

Il detto signor Giovanni Carozzi conduttore ha promesso e promette per se e per i suoi eredi di puntualmente eseguire tanto il detto annuo pagamento di fitto, quanto l'adempimento di tutti i patti e obbligazioni portate dalla presente scrittura, rimossa ogni eccezione, e rifuso ogni danno e spesa in caso di contravvenzione.

Inoltre per eseguire dette cose convenute tra le suddette parti, il signor Ambrogio Carozzi figlio del fu Giambattista domiciliato alla Pelata parrocchia di Calco, qui presente spontaneamente , e come meglio, si è costituito, e si costituisce in sicurtà solidale ed altro principale promissore ed attenditore per tutto quanto sopra , e per il detto signoe Giò Carrozzi conduttore, verso e a favore della suddetta Chiesa parrocchiale di Calco locatrice, e dei suddetti signori fabbricieri ed amministratori della stessa, non che dei loro successori nell'amministrazione suddetta.

Obbligandosi perciò il detto signor Ambrogio Carozzi, come si obbliga in solido collo stesso signor Giò Carozzi conduttore tanto per l'annuo pagamento del fitto, quanto per l'esecuzione di tutti li premessi capitoli e patti del presente contratto, a cui si è egli stesso sottoposto e si sottopone solidalmente in tutto e per tutto come lo stesso conduttore; promettendo il tutto per se e i suoi eredi, con espressa rinunzia al beneficio di cedere e dividere le azioni, a quello dell'escussione, ed a qualunque altro beneficio introdotto a favore dei fedejussori e coobbligati, non che a qualsivoglia altra eccezione, sotto refezione di ogni danno e spesa in caso di contravvenzione.

Per l'osservanza di tutto quanto sopra li detti signor Giò Carozzi conduttore e signor Ambrogio Carozzi sicurtà si sono obbligati e si obbligano in solido colle rispettive loro persone ed i rispettivi loro beni tutti, presenti e futuri, nell'esenzione di legge, e li sottoscritti signori fabbricieri hanno obbligato ed obbligano li beni di detta Chiesa parrocchiale da loro rappresentata.

A salvaguardia del pagamento dell'affitto, e del compimento dei patti sottoscritti, la fabbriceria pretende che il conduttore presenti il sostegno e l'appoggio di qualche soggetto di garanzia.
L'appoggio di garanzia arriva da tale Ambrogio Carozzi abitante alla Pelata, probabilmente un fratello dello stesso Giò, il quale attraverso un impegno di sicurtà solidale (fidejussione) garantisce il sostegno per il pagamento dell'affitto e l'adempimento degli obblighi derivanti dal contratto, in caso di impedimento o impossibilità del titolare della locazione a farlo. 
Era una specie di assicurazione per il padrone dei beni dati in affitto, comunque fossero andate le cose al titolare della locazione , qualcuno l'affitto lo avrebbe pagato.  

In fede di che tutte le dette parti si sono sottoscritte alla presente fatta in triplo originale conforme di cui ciascuna parte ha ritirato il proprio.

Fabbricieri - Giacomo Galbusera Giuseppe Magni Giuseppe Pozzone

Conduttore - Giò Carozzi

Sicurtà Solidale - Ambrogio Carozzi

Testimoni - Ambrogio Ripamonti e Angiolo Ripamonti di Maurizio    


NOTE
(1) Gabbare, tagliare la parte alta della pianta, accorciarne i rami fino al fusto. Operazione che veniva condotta sulla pianta di gelso, si tagliavano i rami per raccoglierne le foglie utilizzate come alimento per il baco da seta.

(2) Letteralmente rimettere in fila le viti. Ogni tre anni i contadini rimettevano in linea i filari di viti, con il rinnovo dei pali deteriorati, e con la piantumazione di nuove viti al posto di quelle morte o scarsamente produttive.

(3)  La sicurtà solidale era l'appoggio che una   persona dava a garanzia che il soggetto in questione potesse adempiere ai suoi obblighi economici verso terzi, una specie di fideiussione. Normalmente nei casi di affitto era un famigliare a dare la garanzia di sicurtà solidale.

Fonti
Archivio parrocchiale di San Vigilio
Registri :
Fabriceria – parte antica – Beni della chiesa
Status Animarum 1778 – 1925

Anselmo Brambilla, 15/3/2004

Immagini tratte da Lombardia. Il territorio, l'ambiente il paesaggio, volume 3.