venerdì 2 luglio 2010

CASCINA BERGAMINA, VICENDE STORICHE di Guido Roveda

Questo testo è tratto da "Le terre delle cascine a Milano e in Lombardia" edizioni Celip - MIlano. E' stato scritto dal signor Guido Roveda, attuale proprietario della cascina, che ringrazio per avermi permesso di pubblicarlo sul blog.
Le fotografie sono di Denise Motta.


IL VIALE DI INGRESSO DI CASCINA BERGAMINA, CON
LE SIEPI DI CARPINO E GLI SPLENDIDI PLATANI.

La Cascina Bergamina si trova a Verderio Inferiore, già provincia di Como, oggi provincia di Lecco.
La singolarità di questa cascina è data soprattutto dal fatto che ha mantenuto nei secoli un rapporto diretto e non contaminato col fondo agricolo che la circonda.
La sua storia affonda le radici nel basso Medioevo e si sviluppa nei secoli successivi con un continuo riferimento all'attività agricola.
Attualmente, pur conservando intatta la sua antica struttura, si è trasformata in dimora residenziale, ma continua a rimanere al centro di un'azienda agricola moderna.
Essa si presenta con la caratteristica forma a corte, ma con dimensioni ridotte rispetto alle strutture della Bassa.
L'impianto attuale risale a data anteriore al primo Settecento, perché ne abbiamo più riproduzioni grafiche tratte  dal "Catasto Teresiano" e dai relativi atti preparatori e una dettagliata descrizione letteraria risalente al 1727.
Vi si accede da una strada di campagna  che, uscendo dal paese di Verderio Inferiore, si perde tra i campi verso Cornate d'Adda e che, nel rettilineo prospiciente l'ingresso, è accompagnata da una bassa siepe di carpini.
L'ingresso, eccentrico rispetto all'asse stradale che la fronteggia longitudinalmente, sottopassa una torre molto caratteristica, ma relativamente diffusa sul territorio, la cosiddetta "colombera", di cui non si può escludere una diversa funzione originaria.
L'IMMAGINE SACRA NELL'ANDRONE DI ENTRATADI 
CASCINA BERGAMINA
 
 
Il lato longitudinale era in origine occupato dalle stalle, mentre le due ali laterali erano adibite ad abitazione dei salariati e del massaro.
La cascina settecentesca era aperta verso i prati poiché il fienile porticato è stato costruito intorno alla metà dell'Ottocento. Come spesso si riscontra nell'esame architettonico delle cascine chiuse (cioè con possibilità di vita autonoma, era presente sul lato est una cappella di cui è ancora memoria tra la gente.

Pur conservando l'impianto sicuramente settecentesco, oggi la casina ha subito radicali modifiche nella destinazione degli spazi.
Alla metà dell'Ottocento, come detto, è stato eretto il fienile verso i prati.
All'inizio del Novecento, l'ala sinistra, già occupata dalle abitazioni dei salariati, dalla "casera" e dalla cappella, è stata trasformata in dimora residenziale con largo uso della "boiserie" e con pitture decorative di gusto medievale, rimosse dopo il 1933.
Sempre attorno all'inizio del secolo scorso, al pianterreno dell'ala destra, già abitazione dei salariati è stata installata una scuderia monumentale proveniente dalla Cavalchina, un palazzo milanese lungo la via Manin.
 
 

Al di là di quest'ala sorgeva un edificio a destinazione agricola che, in anni recentissimi, è  stato trasformato in casa d'abitazione.
A metà del secolo scorso sono stati fatti altri radicali interventi che hanno originato l'elegante serie di "boxes" verso la strada e la riorganizzazione del fienile verso i prati. 
 
 
Per l'allevamento dei cavalli sono stati costruiti i boxes e allestiti tondini sia all'interno della corte che verso i prati.
A ridosso della cascina vi sono altri fabbricati minori destinati a legnaia, ricovero animali ed usi vari.
Appena fuori dal circuito della cascina gli attuali proprietari hanno costruito un edificio rurale di vaste dimensioni adibito a fienile, ricovero macchine e officina.

Queste continue trasformazioni, mentre hanno modificato l'originaria destinazione, da agricola a residenziale, hanno però consentito la conservazione dell'attività produttiva.
La prima traccia storica della cascina risale al 1476 ed è l'atto 27 aprile di quell'anno, rogato dal notaio Giorgio Rusca di Milano, col quale certi Lancillotto e Bartolomeo Vimercati, sedicenti proprietari del lago di Sartirana, concedevano a Donato Gioccario, allora proprietario della "Cascina Bergamina", la derivazione di quelle acque per l'irrigazione dei prati.
Al Gioccario veniva posto a carico anche l'onere, assai gravoso, di costruire il cavo ed ogni struttura connessa per il trasporto delle acque lungo un percorso di circa 10 chilometri.
Il toponimo "Cascina Bergamina di Verderio Inferiore" è chiaro e inequivocabilmente riferibile alla attuale Casnina Bergamina per almeno due motivi.

Innanzitutto perché, ancora nel primo Settecento, attorno al paese di Verderio Inferiore esistevano due sole cascine, la Bergamina appunto e la Brugarola, tuttora esistente.
Secondariamente perché le carte d'archivio documentano, durante i secoli, le vicende che hanno continuamente coinvolto la Bergamina con i proprietari delle acque del lago di Sartirana.
Questo laghetto di origine morenica, senza immissario, alimentato da acque risorgive e piovane, rilascia le acque nella valle della Rusachetta e da lì nell'Adda ed è posto poco sopra Merate. Le sue acque sono state utilizzate per la pesca e l'irrigazione dei terreni a valle. In particolare il collegamento tra il lago e la Bergamina  avveniva attraverso una roggia ancora oggi chiamata Roggia Annoni dal nome dei proprietari, la famiglia Annoni o Annone, che hanno posseduto la Bergamina dal 1727 (anno di acquisto) al 1933 (anno di vendita) ma che, in origine, era semplicemente chiamata Roggia Verderio, in quanto destinata principalmente ad irrigare i terreni della Bergamina di Verderio.
Tornando all'atto del 1476 si possono, da questo, ricavare alcune riflessioni.
Innanzitutto siamo in epoca sforzesca, periodo al quale vanno ascritte vaste opere di bonifica e di trasformazione del territorio. Mentre queste stesse trasformazioni erano già in atto da secoli  nella parte a sud della linea dei fontanili, soprattutto a seguito della realizzazione dei navigli (l'inizio della costruzione del Naviglio Grande risale al XII secolo), a nord questo avveniva più tardi e in forma diversa in funzione della natura collinare del territorio che impediva la formazione di fondi, cioè di terreni di vasta dimensione accorpabili a una cascina.
LO SPLENDIDO ESEMPLARE DI PTEROCARIA FRAXUNIFOLIA, 
O NOCE DEL CAUCASO, DI CASCINA BERGAMINA
 
Certamente l'uso dell'acqua derivata dal lago di Sartirana ha consentito il sorgere di strutture agricole più complesse e la formazione di fondi di una certa dimensione.
Così la Bergamina si presenta, nella cartografia del Settecento, come l'unica cascina verso Cornate (ad eccezione della Brugarola) con ampi terreni tutt'intorno. In particolare risalta il vasto prato irriguo (oggi prato stabile) che mantiene per trecento anni la stessa conformazione, lo stesso mappale, essendo chiuso su tre lati da roggia con intermedia strada di campagna.
Secondariamente il toponimo Cascina Bergamina è inequivocabile prova della preesistenza di una struttura rurale di cui non è possibile, allo stato delle cose, immaginare la forma. È certo, peraltro, che durante i lavori di sistemazione della corte, sono emerse alcune cortine murarie in cotto che fanno pensare ad una precedente costruzione poi sostituita sa quella che chiamiamo settecentesca, Quando ciò sia avvenuto ed  in quale occasione è difficile dire.
Tornando alle colture, prato irriguo e prato stabile, questa deve essere stata l'originaria utilizzazione del territorio (in epoca precedente occupato in gran parte da boschi e, in particolare da castagneti e querceti), perché questo tipo di coltura risulta essere il più diffuso alle origini dell'agricoltura nell'alto Milanese.
Il prato consentiva di attivare un ciclo produttivo importante. Con l'erba e col fieno si alimentava il bestiame, raccolto in stalla, e col letame di stalla si concimavano i campi e se ne aumentava la produttività.
Durante la stagione invernale veniva curato il mantenimento delle pendenze del terreno per garantire l'irrigazione.
Questo ciclo imponeva una organizzazione d'impresa, perché non soltanto la cascina doveva essere dotata di un buon numero di salariati, ma occorreva anche la presenza di maestranze addette al bestiame. Ecco qui profilarsi la figura dei bergamini, uomini della montagna ma, per derivazione, uomini dei pascoli e delle stalle. Questi bergamini lasciavano la pianura verso la fine di marzo e portavano le bestie al pascolo da cui discendevano a settembre per trascorrere in stalla il lungo periodo ottobre-marzo, durante il quale l'alimentazione del bestiame era assicurata dall'ultima erba del prato e dalla riserva di fieno raccolto in covoni nei campi e poi stivato in fienile.

Va osservato a proposito del toponimo Cascina Bergamina, che questo non è affatto un "unicum", essendosene rilevati, nella cartografia militare e per la zona del milanese almeno altri sei o sette (prossimo a Verderio quello di Oreno, ma altri se ne trovano a Bollate, a Pero, a Oggiono e con sfumature nella denominazione a Cabiate, a San Pietro all'Olmo).
Se le vicende della cascina sono oscure dalle origini (incerte) fino alle mappe teresiane, resta invece possibile ricostruire le colture che vi si sono susseguite nel tempo.
Così grano, cereali minori e prato inizialmente, quindi a partire dalla metà del Seicento granoturco (melega) hanno contrassegnato l'utilizzo dei fondi della Bergamina ma,tra il seicento e l'Ottocento, c'è traccia della coltivazione della vite (oggi quasi del tutto scomparsa dalla zona, fatta eccezione per le pendici del Monte Brianza) e del gelso (le cui foglie erano alimentazione di base per i bachi da seta).
Attualmente le colture di base continuano ad essere il prato, il grano e il granoturco, ma il loro raccolto, non più affidato alle braccia dei salariati è reso possibile dall'uso diffuso delle macchine agricole e da''utilizzo dei cosiddetti "terzisti" cioè persone estranee all'azienda, ma vincolate da particolari rapporti di lavoro.
Oggi i prati maggiori sono preti stabili e l'irrigazione è naturale: se ne fanno tre sfalci, il maggenco a maggio, l'agostano a luglio/agosto e il terzuolo a settembre. All'epoca dei bergamini l'ultimo raccolto, il quarto, era a loro disposizione per il pascolo. I prati hanno subito un radicale riordino e i molti fossi distributori e collettori che li attraversavano a doppio pettine sono sttai canalizzati e indotti in unica roggia. La Roggia Annoni con il suo lungo percorso esiste tuttora, ma povera d'acqua e senza più rilevanza dal punto di vista irriguo (la concessione è stata infatti rinunciata dall'ultimo utente, Gianfranco Gnecchi Ruscone, nel 1953).
Gli attuali 65 ettari di pertinenza della Cascina Bergamina hanno conservata intatta la loro destinazione agricola e formano una sorta di difesa contro le progressive, ostinate trasformazioni del territorio.
C'è da chiedersi come ciò sia stato possibile.
La risposta è da ricercare  nelle vicende che hanno accompagnato la proprietà di questo possedimento.
È probabile, stando alle certezze degli ultimi tre secoli e alle ipotesi, fondate, che si possono fare per i precedenti due secolo, che i proprietari succedutisi a partire dal 1476 siano stati solo cinque.
Del primo, certo Gioccario (ma altrove chiamato Ciociario) si ha notizia appunto nel citato atto del 1476, ma la continua presenza delle sua discendenze su questa proprietà la si ricava dall'atto 30 ottobre 1727, col quale i fratelli Antonio e Carlo Majnoni vendevano al Conte Giacomo Antonio Annoni la Bergamina, con tutte le sue terre adiacenti.
In queto ultimo atto i Majnoni cedevano all'Annoni anche la derivazione d'acqua del lago di Sartirana che spettava un tempo a detti signori Gioccario, padroni della Bergamina, ma che gli stessi Majnoni affermavano di esercitare da tempo immemorabile.
Questa affermazione potrebbe lasciare il tempo che trova, posto che la si ritrova spesso in dichiarazioni di proprietà non altrimenti dimostrabili, ma l'atto 4 giugno 1729 del notaio Onofrio Cotta di Milano, recante ratifica del precedente atto 30 ottobre 1727, menziona il federcommesso istituito dal fu don Antonio Majnone con testamento20 agosto a678, rogato dal notaio di Milano Giovanni Mario Arrigoni, di cui si chiede dispensa al Senato di Milano, testamento che prova, al di là di ogni dubbio, la lunga appartenenza di questa proprietà alla famiglia Majnoni.
Se poi questi ultimi Giccario o Ciociario fossero i diretti discendenti di quelli che compaiono nell'atto del 1476 la continuità della proprietà è assicurata dalle famiglie Majnoni e Annoni.
Quest' ultima, divenuta proprietaria nel 1727 /ma già sul territorio di Verderio Inferiore da tempo), lo rimarrà fino alla vendita della Bergamina fatta dall'ultimo discendente, Federico Annoni, a Gianfranco Gnecchi Ruscone.
Mentre l'attuale struttura di cascina, frutto degli interventi di inizio novecento da parte della famiglia Annoni, dalla metà del secolo da parte della famiglia Gnecchi Ruscone e dei più recenti da parte dell'attuale proprietà, ci è chiaramente nota, quella della cascina anteriormente al 1727 ci è nota solo attraverso l'atto di vendita di podere e cascina dai Majnoni agli Annoni.
La "cassina Bergamina" vi figura descritta come costituita da "dodici cassi (cioè campate di portico) per fieno e loro stalle sotto, casera (locale per la lavorazione, stagionatura e conservazione del burro e dei formaggi) e case dalla parte orientale ed altre case dalla parte occidentale, con diversi altri comodi, corte grande e con ogni altro edificio in essa cassina esistente il tutto sino al tetto inclusivamente".
 In particolare vi si descrive un "laghetto novo" verso sud che resta in proprietà ai venditori e che altrove è indicato come "peschiera".
 Di questo laghetto o peschiera è traccia evidente nelle mappe catastali.

Attualmente il laghetto è scomparso, ma esiste ancora un pozzo per presa s'acqua, profondo 60 metri, asciutto.
Nell'ala di levante sono descritti "quattro cassi con loro stalle" e all'ingresso della corte è descritta "una porta con camera sopra", l'attuale torre o colombera.
 
 
 
La porta che all'inizio del secolo scorso era ancora in legno con semiluna in alto, a due battenti sotto, è ora sostituita da un elegante portone in ferro opera dell'architetto Francesco Gnecchi Ruscone.
Qui termina la ricostruzione della proprietà della Bergamina.

Pur restando, come più volte detto al centro di un'attività agricola, la Bergamina ha, via via, assunto la veste di una residenza civile, accompagnata dalla crescita e dallo svilippo di una vegetazione da giardino che ne arricchisce il decoro.
Il massimo splendore i giardini della Bergamina lo raggiungono a maggio, il mese delle rose, quando i muri, le siepi e le staccionate si ricoprono di mille colori che le varietà di rose presenti da decenni, ma continuamente rinnovate, producono.
Tra gli alberi più significativi, oltre agli splendidi platani posti all'ingresso e ai cedri ai margini del prato stabile, spicca per la maestosità e la grandiosità un esemplare monumentale di Pterocaria fraxinifolia o noce del Caucaso, degno di essere annoverato tra i monumenti della natura.

Guido Riveda


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