giovedì 22 aprile 2010

IL TRAMONTO DI FOSSOLI di Primo Levi



Io so cosa vuol dire non tornare.
A traverso il filo spinato
Ho visto il sole scendere e morire;
Ho sentito lacerarmi la carne
Le parole del vecchio poeta:
"Possono i soli cadere e tornare:
A noi, quando la breve luce è spenta,
Una notte infinita è da dormire"

Primo Levi, 7 febbraio 1946

Primo Levi, Ad ora incerta, Milano, 1984

Primo Levi è stato trasferito ad Auschwitz con il primo convoglio partito da Fossoli, il 22 febbraio 1944.

VIA L. GASPAROTTO A PADERNO D'ADDA






Via L.Gasparotto è il nome del viale che dalla stazione di Paderno d'Adda conduce a Verderio superiore.



Come spesso accade dei nomi delle vie si dimentica il significato e il motivo per cui sono stati adottati.
Chi era L. Gasparotto?
Lo leggiamo nelle motivazione per le quali, dopo la Liberazione, gli fu assegnata la Medaglia d'Oro al Valor Militare.



MOTIVAZIONE DELLA MEDAGLIA D'ORO
AL VALOR MILITARE NELL'ORDINE CRONOLOGICO DEL SACRIFICIO


Gasparotto Leopoldo (Poldo)

"Avversario d'antica data del regime fascista, già prima dell'armistizio dell'8 settembre 1943 organizzava il movimento partigiano nella Lombardia. Nominato successivamente comandante militare delle formazioni lombarde "Giustizia e Libertà" dava impulso all'iniziativa, esempio a tutti per freddo e sereno coraggio dimostrato nei momenti più difficili della lotta. Caduto in agguato tesogli per vile delazione, sopportava il carcere di San Vittore subendo con superbo stoicismo le più atroci sevizie che non valsero a strappargli alcuna rivelazione. Trasportato nel campo di concentramento di Fossoli per essere deportato in Germania, proseguiva imperterrito a lottare per la causa e tentava di organizzare la fuga e l'attacco ad una tradotta tedesca per salvare i deportati avviati al freddo esilio e alla lenta morte. Sospettato per la sua nobile attività veniva vilmente trucidato dalla ferocia nazista."

Lombardia, settembre 1943 - Fossoli, 21 giugno 1944

LEOPOLDO GASPAROTTO di Pierluigi Gasparotto

Ho chiesto a Pierluigi Gasparotto, figlio di Leopoldo, di ricordare il padre per il blog. Lo ringrazio di cuore per aver aderito alla mia proposta. Il testo non è inedito.



Nato a Milano il 30 dicembre 1902 da Luigi Gasparotto e Maria Biglia, nativi di Sacile (Pordenone) e trasferitisi a Milano subito dopo il matrimonio nell'estate del 1897.
Maturità classica al liceo Berchet di Milano. Iscritto come uditore all'Università Commerciale Bocconi, anno accademico 1921 - 22 e successivamente a Giurisprudenza all'Università degli Studi di Milano.
Laurea in legge, giugno 1926 con una tesi su "La concorrenza sleale nell'azienda industriale" all'Università degli Studi di Milano, allora in via S. Michele del Carso 25.
Studio con il padre in via Donizetti 32 a Milano, dove era la prima abitazione di famiglia, dall'arrivo fino al 1935.
Scalatore, alpinista, autore di prime ascensioni sulle Alpi (gli è dedicata una via sul Monte Rosa), condusse esplorazioni nel Caucaso (1929), dove gli è intitolata una vetta nel massiccio dell'Elbruz, e in Groenlandia (1934).
Alpinista militare e tenente di complemento degli Alpini, fu anche Accademico del CAI e appartenne alla scuola militare di alpinismo; frequentandola rafforzò i legami con molti, fra i quali il generale Masini, antifascisti come lui e attivi da quegli anni fino alla Resistenza.
Nello studio comune padre e figlio esercitavano la professione, il primo come penalista e il secondo come civilista. Il primo non condivideva e non approvava le attività sportive del secondo, che riteneva disdicevoli e non consone alla professione scelta.

IL CIPPO IN MEMORIA DI LEOPOLDO GASPAROTTO
SUL LUOGO DEL SUO ASSASSINIO, ALL'ESTERNO
DEL CAMPO DI FOSSOLI

Leopoldo aderì a Giustizia e Libertà e al Partito d'Azione e per il PDA fu il primo comandante militare delle bande di GL in Lombardia, ruolo tenuto, dopo la di lui cattura, da Leo Valiani.
Nel 1935 si era sposato con Nuccia Colombo, "Adele" che condusse con lui l'attività cospirativa e politica; insieme vivevano nella casa di via Melegari 2, dove viveva pure il padre.
Nei 45 giorni (25 luglio - 8 settembre 1943) promosse attivamente l'organizzazione degli antifascisti e degli azionisti e legò a sé, in particolare intorno al progetto di costituzione di una "Guardia Nazionale" che si opponesse alla penetrazione delle truppe tedesche, molti giovani che dalla caduta del fascismo si erano risvegliati all'attività politica, tra i quali l'allora giovanissimo operaio dell'Alfa Romeo Giulio "Nino" Seniga.
Affiancato da Alberto Martinelli, poi deportato in Germania e caduto,continuò fino all'8 settembre, a Varese nella villa di famiglia e a Milano nel garage attiguo alle macerie della vecchia abitazione e dello studio colpiti dai bombardamenti , gli sforzi volti a realizzare la "Guardia Nazionale". L'operazione fallì dopo che il Generale Ruggeri, comandante del Distretto Militare di Milano, rifiutò di fornire le armi e di concorrere alla difesa della città opponendosi all'ingresso delle truppe tedesche.
Il 12 settembre accompagnò la moglie e il figlio al confine svizzero e nei giorni seguenti, tramite i suoi uomini, fece espatriare il padre. Giuliano, il secondo figlio, nacque a Lugano nel 1944, tre mesi prima che Leopoldo morisse.
Seguì il passaggio alla clandestinità.



Aveva costituito, sin dai 45 giorni, un sistema informativo, anche con l'avvocato Barni e il notaio Virginio Neri, che segnalasse i movimenti e i posizionamenti delle truppe tedesche, di cui erano noti i movimenti per l'entrata in Italia sin dai giorni seguenti il 25 luglio. Dopo l'8 settembre questo reseau fu volto ad impossessarsi dei piani della linea gotica, compito che sembra fosse riuscito ad assolvere. Questo, insieme con l'attività di costituzione di gruppi partigiani e bande nelle montagne della Lombardia, l'organizzazione dei rifornimenti e di depositi di viveri e armi, i continui spostamenti tra molteplici luoghi della regione e i collegamenti apertamente e regolarmente tenuti con Milano, in modo spericolato e aperto, fino all'interno del Palazzo di Giustizia, fu all'origine della sua cattura per tradimento, avvenuta in Piazza Castello a Milano, alle ore 17 dell'11 dicembre 1943.



Rinchiuso a S. Vittore, torturato più di una volta, trasferito a Verona, interrogato e torturato al comando generale delle SS, fu inviato con i compagni al campo di concentramento di Fossoli.
Fu ucciso il 22 giugno 1944, alla vigilia del trasferimento in Germania: un gruppo di SS giunto da Verona, lo trasportò a qualche chilometro di distanza dal campo e lo falciò alla schiena.
Dopo la Liberazione gli fu attribuita la Medaglia d'oro al Valor Militare.
Autore di numerose relazioni di scalata, di viaggio, di esplorazioni alpinistiche, che documentò anche iconograficamente, tenne un diario della sua esperienza di prigionia.
A lui è intitolato un sito internet tenuto dai ragazzi del Liceo Berchet di Milano, dove studiò.

Pierluigi Gasparotto


IL CAMPO DI FOSSOLI Il campo di fossoli fu istituito nel 1942 dagli italiani, per ospitare prigionieri di guerra. Dopo l'8 settembre 1943 fu acquisito dai tedeschie che lo utilizzarono come luogo di concentramento per prigionieri, ebrei e politici, destinati alla deportazione verso i campi di sterminio. Da Fossoli sono partiti 8 convogli ferroviari, 5 dei quali destinati ad Auschwitz. Dopo la fine della guerra, dal 1947 al 1952 il campo fu occupato dalla comunità di don Zeno Saltini, che in seguito darà vita a Nomadelfia. Dopo il 1953 a Fossoli abitarono, fino alla fine degli anni sessanta, famiglie di profughi dalmati e giuliani. M.B.

Le fotografie sono mie. M.B.

mercoledì 21 aprile 2010

LEOPOLDO GASPAROTTO IN UNA TESTIMONIANZA DI FAUSTA FINZI

Su richiesta di Aroldo Benini, anni fa la signora Fusta Finzi, che fu prigioniera a Fossoli prima di essere deportata a Ravensbruck, scrisse questa testimonianza sul suo incontro con Leopoldo Gasparotto. Con il suo permesso la pubblico sul blog.

Clicca sulle pagine per ingrandirle.





Notizie su Fausta Finzi e suo padre, Edgardo Finzi deportato e morto ad Auschwitz, si trovano sotto l'etichetta Giorno della Memoria.

DON GIUSEPPE BRIVIO, PRETE NON IN LINEA CON IL FASCISMO di Anselmo Brambilla e Alberto Magni




L'episodio qui sotto riportato è riconducibile al primo periodo del fascismo in Italia. Testimonia come anche nell'universale consenso vi fossero voci discordanti e critiche su quanto stava succedendo nel nostro paese.

Il 30 agosto 1926 venne denunciato don Giuseppe Brivio, il coadiutore di Calco, come antifascista o quantomeno come prete non allineato con il fascismo ormai egemone. Nel luglio dello stesso anno il direttorio del fascio di Rovagnate invitò tutti i comuni a istituire una sezione dei Balilla.

Giulio Bonfanti, podestà del comune di Olgiate Molgora, non ancora unito a Calco e Mondonico, chiese alla maestra della quarta elementare, Ines Bonacina, idealmente legata al fascismo, di prendersi l'incarico di organizzare la sezione dei Balilla.

Cosa che la maestra fece con entusiasmo, infatti ai primi di agosto diligentemente invitava i giovani a iscriversi alla sezione dei Balilla e a comprarsi la divisa. Nel caso che qualcuno non disponesse del denaro sufficiente all'acquisto, la maestra avrebbe concorso con un proprio contributo economico ad alleviarne l'onere.

Appartenendo Olgiate Molgora ,alla parrocchia di Calco, i ragazzi Olgiatesi frequentavano l'oratorio di questo paese, dove, come coadiutore, operava un giovane sacerdote, don Giuseppe Brivio. Il quale, quando i ragazzi lo informarono della costituenda sezione dei Balilla il Olgiate Molgora, e della implicita ingiunzione affinché, i giovani ad essa iscritti, indossassero la camicia nera, rispose loro proibendogli di indossarla e ammonendoli con queste parole:

" non voglio assolutamente che indossiate la camicia nera e che partecipiate a sfilate".

I ragazzi ubbidirono al sacerdote e non si presentarono alle sfilate organizzate dalla maestra. Naturalmente l'insegnante li interrogò , e alla fine uno confessò.

Immediato fu l'intervento del Podestà Giulio Bonfanti presso il parroco di Calco, don Giovanni Nava, affinché richiamasse e convincesse il proprio coadiutore a ritrattare quanto detto, poiché costituiva offesa per il partito e per il "legittimo" governo in carica.

Il parroco, ribatté che. conoscendo il carattere del giovane sacerdote , sarebbe stato molto difficile farlo recedere , in quanto persona caparbia e determinata. Il Podestà minacciò di fare rapporto e coinvolgere i suoi superiori.

Passarono otto giorni e niente si mosse, quindi il Podestà fece intervenire il Direttorio del Fascio di Rovagnate , che chiamò in causa il commissario di zona professore Giò Battista Cattaneo (1), il quale, in data 24 agosto 1926 scrisse al parroco chiedendogli spiegazioni sulla mancata ritrattazione del coadiutore.

La nota del Cattaneo si concludeva con queste minacciose parole:

"I colleghi e fascisti della plaga sono esasperati e minacciano rappresaglie; per evitare le quali è necessario l'intervento delle superiori autorità od almeno le loro precise istruzioni per l'onorevole risoluzione della vertenza"

La faccenda non si risolse, anche perché don Nava, pur non parteggiando apertamente per il suo coadiutore, rifiutò di ottemperare alla richiesta del Podestà di invitare i genitori ad iscrivere i loro figli nei Balilla, come si evince dalla lettera di risposta alla nota del commissario del 28 agosto 1926.

Il Podestà Giulio Bonfanti esasperato dal fatto che la sua autorità venisse messa in discussione, decise allora di scomodare le alte sfere; con lettera del 21 settembre 1926 comunicò e illustrò al sottoprefetto di Lecco la questione della mancata ritrattazione di Brivio e il diniego di don Nava , anche se aggiunse , forse per attenuare in parte la gravita dell'affronto subito, che il parroco aveva spiegato alle madri dei fanciulli le ragioni sue e del commissario Giò Battista Cattaneo, anche se alla fine concluse sconsolato di non sapere fino a che punto le spiegazioni del parroco siano servite, visto che nessun bambino si era iscritto ai Balilla.

Il Sottoprefetto con una nota riservata del 3 ottobre 1926 raccomandò al Podestà di tenerlo al corrente nel caso don Brivio avesse continuato a manifestare sentimenti apertamente ostili al fascismo e al Governo nazionale.

La vicenda si concluse con la partenza di don Giuseppe Brivio per la parrocchia di Briosco, dove continuerà a fare il coadiutore, come riferì al Sottoprefetto di Lecco Giulio Bonfanti Podestà di Olgiate Molgora, con lettera del 5 ottobre 1926 (2).

Anselmo Brambilla e Alberto Magni, 15 luglio 2009
Sugli autori vedi sotto l'etichetta "collaboratori del blog"

1) Giò Battista Cattaneo , titolare e fondatore della vinicola Cattaneo di Montevecchia, era nipote del Podestà Giulio Bonfanti, in quanto figlio di una sua sorella
2) Archivio Comunale di Olgiate Molgora ex OL cartella 30 fascicolo 1 - Archivio parrocchiale di San Vigilio Calco Cartella coadiutori

Anselmo Brambilla e Alberto Magni sono autori del libro "PARTIGIANI TRA ADDA E BRIANZA, Antifacsismo e Resistenza nel meratese, storia della 104a Brigata SAP "Citterio", disponibile presso la Biblioteca Intercomunale di Verderio

ALBERTO MAGNI

DATI PERSONALI:
Alberto Magni, nato a Lecco il 24 novembre 1955, residente a Olgiate Molgora (LC) , in via Monteverdi 26, CAP. 23887. N° telef. 039 9910030 - e-mail alberto.magni@istruzione.it
TITOLI DI STUDIO:
laurea in Lettere Moderne, indirizzo storico, conseguita presso l'Università degli studi di Milano nell' Anno Accademico 1984-85, con una tesi di "Teoria e storia della storiografia", dal titolo, "La Revue de Synthese Historique e la storiografia italiana (1900 - 1914)"
CARRIERA PROFESSIONALE:
docente di Italiano e Storia; dal 1985 al 1993 presso il Collegio Convitto di Celana Bergamasco; dal 1993 negli istituti statali di istruzione secondaria di Lecco e provincia e, a partire dall 'Anno Scolastico 2000/2001, assunto in ruolo dallo Stato per l'insegnamento di Materie Letterarie nelle Scuole superiori.
Dal prossimo A.S., in servizio presso l'Istituto Viganò di Merate (LC).
PUBBLICAZIONI:
autore, con Anselmo Luigi Brambilla, della ricerca storica sulla Resistenza nella zona del Meratese, "Partigiani tra Adda e Brianza - Antifascismo e Resistenza nel Meratese. Storia della 104° Brigata S.A.P. Citterio", a cura dell'Istituto Lecchese per la Storia del Movimento di Liberazione e dell'Età Contemporanea (2005) e, sempre assieme ad Anselmo Luigi Brambilla, del primo volume "Dalle prime organizzazioni operaie all'occupazione delle fabbriche, 1870/1920" dell'opera collettanea "Per il lavoro e la libertà (1901-2001), a cura di Angelo De Battista, pubblicata nel 2001 in occasione del centenario della fondazione della Camera del Lavoro di Lecco.
COMPETENZE PROFESSIONALI, COLLABORAZIONI, ESPERIENZE:
studioso e cultore di storia locale, principalmente nei settori, politico, sociale ed economico e per i periodi dell'età moderna e contemporanea, relativamente alle zone della Brianza meratese e del Lecchese. Ha fatto parte dell'Istituto Lecchese per la Storia del Movimento di Liberazione e dell'Età Contemporanea, fino al suo effettivo scioglimento.
Ha collaborato con l'ANPI di Lecco, la Sezione storica dei Musei Civici e l'Assessorato all'Istruzione della Provincia (di Lecco), al progetto didattico "Le fonti della storia contemporanea in un caso di studio: la Seconda guerra mondiale e la Resistenza nel Lecchese - Laboratorio didattico per le Scuole Superiori.
Attualmente collabora con l'ANPI di Lecco e con l'Associazione 'Continente Italia' tenendo incontri, lezioni e facendo interventi nelle scuole superiori trattando fatti, vicende e personaggi del nostro territorio riferiti ai secoli XIX e XX.
E' membro, inoltre, del Direttivo della Federazione Lavoratori della conoscenza - CGIL di Lecco.

mercoledì 14 aprile 2010

INTERVISTA AL MUSICOLOGO IANNELLI SU VITTORIO GNECCHI RUSCONE


il 17 aprile alle ore 12, sarà trasmessa un'intervista di Ricciarda Belgiojoso a Marco Iannelli con brani musicali delle opere di Vittorio Gnecchi Ruscone su Radio Classica alle seguenti frquenze:
Milano: FM 94,00
Como, Lecco e Alta Brianza: FM 93,9
Genova: FM 101,1
Roma: FM 89,5
Oppure su: www.radioclassica.net

ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE A BELLUSCO


clicca sulle immagini per ingrandirle

venerdì 9 aprile 2010

ABBRACCIAMO "LA SALETTE", sabato 17 aprile alle ore 20,00

sabato 17 aprile alle ore 20,00 - con partenza dalla rotonda del platano di Verderio Superiore

FIACCOLATA

fino alla cascina "la Salette"
per abbracciarla e darle un saluto ... probabilmante l'ultimo.

Costruita nel 1856 dalla famiglia confalonieri,
"la Salette" è stata una delle cascine più belle della Brianza.
Anni di abbandono l'hanno ridotta ad un rudere difficilmente recuperabile.

Con questa fiaccolata

MANIFESTIAMO

il nostro dispiacere per la fine di un bene architettonico
importante per la storia di Verderio.

la Redazione
de "UL TAPELON"

Altri articoli e fotografie sulla cascina sono state publicate su questo blog. Li trovi sotto l'etichetta "edifici rurali".

"ABBRACCIAMO LA SALETTE": manifesto - invito di Alice Seregni




Alice Seregni abita a Verderio Superiore e frequenta la terza elementare. Ha disegnato questo bel manifesto per l'abbraccio de La Salette. La ringrazio.
Potrebbe essere un'idea che, per la fiaccolata di sabato 17, altri imitino la sua iniziativa e disegnino altri manifesti da esporre sulla recinzione della cascina.

giovedì 8 aprile 2010

"LA SALETTE" IN UNA FOTO DEGLI ANNI QUARANTA DEL NOVECENTO

foto 1
In questa fotografia scattata, mi sembra, dal giardino di Villa Gnecchi si vede, sullo sfondo cascina La salette, preceduta da un'altra cascina, la Mezzanuga, già scomparsa da molti anni.

foto 2 PARTICOLARE.
LA SALETTE, A SINISTRA.
CASCINA MEZZANUGA IN PRIMO PIANO

La foto è probabilmente stata scattata negli anni quaranta del novecento da Franco Greppi, genero di Vittorio Gnecchi Ruscone.
12 aprile 2010
GIULIO OGGIONI RITIENE CHE L'EDIFICIO IN PRIMO PIANO NELLA FOTOGRAFIA NON SIA CASCIAN MEZZANUGA: QUESTA, SECONDO GIULIO, ERA PIù BASSA E FORMATA DA UN UNICO CORPO. FOTOGRAFATA DA VILLA GNECCHI, INOLTRE, NON APPARIREBBE NEMMENO IN QUELLA POSIZIONE.
SECONDO GIULIO SI TRATTEREBBE INVECE DI DUE COSTRUZIONI IN VIA DEI MAGGIOLI, QUELLA "DEL MAPEL" E QUELLA "DEL CAMPE ".
pENSO CHE LE OSSERVAZIONI DI GIULIO SIANO ESATTE E LO RINGRAZIO. Marco Bartesaghi

"LA SALETTE" IN DUE LIBRI DI GIULIO OGGIONI



In occasione del Natale 2005 l'Amministrazione Comunale di Verderio Superiore ha regalato alle famiglie il libro di Giulio Oggioni "La Salette, storia di una cascina e della sua Madonna". Con questa iniziativa il comune ha voluto ricordare il centocinquantesimo anniversario della costruzione dell'edificio, avvenuta nel 1856.



Nella prima parte del libro viene ricostruita la storia della cascina e della famiglia Confalonieri, che la fece edificare e che fu presente a Verderio dalla metà del seicento fino all'ultimo ventennio dell'ottocento.
Il resto del libro si occupa invece della Madonna de La Salette. La cascina prende infatti nome da un villaggio francese, La Salette appunto, dove il 19 settembre 1846 la Madonna sarebbe apparsa a Melania Calvat e a Massimino Giraud, due ragazzi intenti a pascolare le mucche. Per questa seconda parte Giulio si è avvalso della collaborazione di padre Umberto Paiola, missionario de La Salette.
Giulio Oggioni, nativo della cascina, le aveva già dedicato ampio spazio nel suo primo libro, "Quand sérum bagaj", un testo dedicato ai ricordi della sua infanzia e, più in generale, al tempo in cui l'attività agricola era al centro dall'economia del territorio.



I due libri, disponibili al prestito presso la Biblioteca Intercomunale, possono ancora essere acquistati rivolgendosi a Giulio.

martedì 6 aprile 2010

IO ABBRACCEREI ANCHE LA CAPPELLA DI S. ROCCO di Marco Bartesaghi




La Cappella di S. Rocco è un piccolo edificio sacro che sorge in via Sernovella, all'angolo con via S. Rocco. Nel suo piccolo sofre delle stese condizioni di abbandono della cascina La Salette.
In più, è poco amata perché impedisce una buona visuale sulla trafficatissima via Sernovella, in corrispondenza del "brutto" incrocio con via Manzoni obbliga gli automobilisti a fare zig - zag ed è d'impedimento alle manovre automobilistiche degli abitanti delle case sorte nelle vicinanze.



I recenti interventi viabilistici hanno cercato, a mio avviso riuscendoci, a porre rimedio a questi inconvenienti, ma comportano un po' di fatica in più per gli automobilisti.
La cappella risale molto probabilmente al XVII secolo; la via Manzoni e tutte le villette che circondano la cappellina sono venute molto più tardi. Mi domando: non l'avevano vista? non si poteva tener conto della sua presenza in sede di progetto dei vari insediamentii?
Io abbraccerei anche lei" perché è un pezzo della vita di questo paese ed è stata meta di devozione per secoli, fino agli anni sessanta del novecento. L'abbraccerei e cercherei di trovare il modo di restaurarla affinché torni ad avere un aspetto dignitoso.

Marco Bartesaghi



domenica 4 aprile 2010

S. ROCCO di Marta Cattazzo




LOCALITA' : Verderio Superiore
UBICAZIONE: Cappellina di S. Rocco, via Sernovella
ICONOGRAFIA: S. Rocco (detto S. Rocchino)
COLLOCAZIONE: parete interna, da terra cm.145
DIMENSIONI: cm 102 x cm 152
PROPRIETA': pubblica, del paese








IMMAGINE ORIGINALE (foto 2002)


PARTICOLARE DEI VOLTI (foto 2002)



1 - C da Sesto. S. Rocco, olio su tavola,
1523. Milano, Museo d'Arte Antica,
Castello Sforzesco

2 - Capelli, S. Rocco
Verderio Superiore

DESCRIZIONE
Il santo in questione rispecchia l'iconografia consueta e riconoscibile, come tale doveva essere, presentando tutti i caratteri simbolici di questo personaggio: il mantello, il cappello ed il bastone da pellegrino, inoltre il piccolo cane ai suoi piedi che gli procura il pane per sfamarsi. Infine, alle sue spalle un angelo con la palma del martirio gli preannuncia il suo destino.
Si ricorda, infatti, che Rocco fu infetto dal terribile morbo mentre si dedicava alla cura degli appestati; ritiratosi per morire in solitudine fu guarito grazie alla presenza di un cane che gli avrebbe portato quotidianamente del pane e leccato la ferita fino alla guarigione.
In questa rappresentazione, ispirata alla maggior parte delle opere cinquecentesche (fig. 1) o dei secoli seguenti, risalta comunque l'aspetto eroico del giovane santo, il quale evidenzia la perfetta forma fisica e non, come probabilmente doveva essere, i segni della sofferenza (tant'è che di ritorno in patria venne imprigionato in quanto non fu riconosciuto, poiché la peste lo aveva trasfigurato).


VISTA DELLA CAPPELLINA DI S. ROCCO
LUNGO LA VIA SERNOVELLA (foto 2002)



INTERNO DELLA CAPPELLINA
DI S. ROCCO (foto 2002)


DATI STORICI INERENTI
La cappellina è collocata ai margini del paese, fuori dall'antico borgo, poiché sorge in un posto preciso da tempo luogo sacro. Si pensa infatti che fu voluta nel periodo della peste di S.Carlo o quella poco dopo del Seicento, come era abitudine di allora far erigere croci, steli o piccole cappelle in ricordo ai morti dell'epidemia, i quali venivano sepolti vicino (a Verderio perirono una quarantina di persone).
Un disegno ottocentesco di un certo C. Amati, descrizione della Battaglia di Verderio del 28 aprile 1799, riporta la cappellina in pietra dalle dimensioni molto simili a quella attuale denominata S. Rocchino, testimonianza esplicita della sua remota esistenza.
Giungendo a periodi più vicini, nel libro Liber Chronicus presente in Archivio Parrocchiale, nel settembre 1926, alla p. 262 si legge: "In occasione del 25° di sacerdozio del parroco, Antonio e Vittorio Gnecchi-Ruscone fecero erigere ex-novo la cappella di S. Rocchino distrutta dal tempo".
Inoltre, nella parete esterna dell'edificio è inciso su una targa:
SACELLUM HOC
SANCTO ROCHO DICATUM
VETUSTATE DIRUTUM
ANTONIUS ATQUE VICTOR
GNECCHI RUSCONE
ÆRE PROPRIO
RESTITUERUNT
A.D. MCMXXVI
PAROCHO D.C. GREPPI
MISSAM JUBILAREM
CELEBRANTE
EM. CARD. E. TOSI
DIE XIV SEPT
BENEDICENTE

"Questa cappella dedicata a S. Rocco diroccata dalla vetustà, Antonio e Vittorio Gnecchi-Ruscone ricostruirono nel luogo proprio nell'anno 1926, celebrante la Messa giubilare il parroco don Carlo Greppi, il cardinale Emilio Tosi il 14 settembre benedicente".
Un cartiglio, invece, più piccolo posto vicino all'ingresso, reca la seguente iscrizione:

100 GIORNI DI INDULGENZE
A CHI RECITI PATER AVE GLORIA
AD ONORE DI S. ROCCO
S.E. CARD. E. TOSI
14.9.1926

L'anno seguente, sempre dal Liber Chronicus, in data 26 settembre 1927, alla p. 266 è nuovamente trascritto: "Inaugurazione e benedizione di S. Rocchino, rifatto quasi ex-novo della casa Gnecchi".
Dopo la famiglia Gnecchi subentrarono nella proprietà di questa cappellina i Baraggia di Aicurzio, i quali erano proprietari di diverse terre. Successivamente essa passò in custodia al paese.
Per quanto riguarda la devozione popolare, fu sempre viva: fino a qualche anno fa si celebrava la Messa il giorno di S Rocco e nel mese di maggio.
A seguito di un incidente stradale, avvenuto negli anni '80, dal quale rimase illeso un ragazzo, il padre decise di far installare la luce munita di sensore Per Grazia Ricevuta. Da allora la devozione si animò ancora per qualche anno, dopo di che, a causa dell'intenso traffico della strada principale e per la pericolosità crescente dell'incrocio, si dovette sospendere ogni funzione.

Marta Cattazzo