venerdì 20 novembre 2009

IMMACOLATA o MADONNA DEGLI ANGELI IN VIA PER CORNATE di Marta Cattazzo


LOCALITA': Verderio Superiore
UBICAZIONE: via per Cornate
ICONOGRAFIA: Immacolata
(o Madonna degli Angeli)
COLLOCAZIONE: margine stradale,
da terra cm 180
DIMENSIONI: cm 145 x303


IMMAGINE ORIGINALE
(foto anni '60, Alessandro Gnecchi)

IMMAGINE RIDIPINTA
(foto 2001)

CLICCA SOPRA LA SCHEDA PER INGRANDIRLA


L. SABATELLI, Immacolata,
XIX secolo

MURILLO, L'Immacolata Soult, dai dipinti
per l'Hospital de Venerables Sacerdotes, 1678,
olio su tela, cm 274x190, Madrid


DESCRIZIONE
Sebbene in paese sia conosciuta come Madonna degli Angeli, gli elementi iconografici e la
palese citazione di un'opera del Murillo, fanno sì che l'originale si trattasse di
un'Immacolata.
La foto è una stampa vecchia e purtroppo sfuocata, ma non nasconde la similitudine con la
tela del 1678 di Murillo (fig. 2): la composizione spaziale e le figure sono infatti le stesse.
Tuttavia la nuova pittura è piuttosto lontana dall'originale, poiché quando la pittrice Delia
Zambelli ha preso in mano il lavoro, l'immagine sottostante era divenuta totalmente
illeggibile, inoltre non aveva nessuna documentazione fotografica a cui far riferimento.
La Vergine viene rappresentata in un cielo più spoglio di cherubini, ma la sua figura risulta
essere ancora una citazione del Murillo (fig. 6), il quale le faceva in serie questo tipo di effige,
acquistando grande successo per le stampe devozionali dell'Ottocento, come si può notare da
diverse immaginette (figg. 7-8).
Accanto alla Vergine solo due cherubini e due angeli che la sorreggono, presi da due disegni
diversi, uno di ignoto lombardo del Cinquecento (fig. 5) e l'altro di Enea Salmeggia detto il
Talpino (1546 c.-1626), autore operante nella bergamasca (fig. 4). Le nuvole risaltano in
primo piano, agli angoli dell'area pittorica, racchiudendo lo spazio celeste e accennando la
profondità illusoria del cielo.
L'abbraccio degli angeli ai piedi della Vergine, così come la decisione di non porre la
Madonna su una nuvola, mi induce a leggere l'immagine come un'Assunta, poiché
l?andamento stesso di salita verso l'alto si percepisce sia dal vuoto sotto ai suoi piedi sia dalla
spinta che sembra provenire dagli angeli che la sostengono. Inoltre lo stesso svolazzare del
manto blu aiuta a leggere questo movimento.

D. ZAMBELLI,
Madonna degli Angeli, 1987



MURILLO, L'Immacolata di Aranjiez,
1656 - 60 c., olio su tela, cm 222x118,
Madrid, Prado

IGNOTO, Cristo morto sulle
ginocchia del Padre
, XVI sec., penna,
particolare, Bergamo, Acc. Carrara

E. SALMEGGIA, Madonna con
Bambino e santi, tra XVI e XVII sec.
carboncino, particolare, Bergamo,
Acc. Carrara



DATI STORICI INERENTI
Si direbbe che quest'edicola fosse sorta in questo luogo da tempi remoti. Essendo ai limiti del
paese, infatti, è possibile che al suo posto ci fosse stata magari anche una semplice croce ad
indicare la presenza di un luogo sacro, come la sepoltura dei morti di una peste, appurata dagli
scavi effettuati.
Come testimonianza delle diverse vite di questa cappella e dei dipinti che la hanno decorata,
riporto a seguito la copia integrale di un importante documento scritto da Ercole Gnecchi,
gentilmente offertami da un abitante del paese, amante di storia locale, Marco Bartesaghi.
Per quanto riguarda, invece, la devozione all'immagine riporto questa attuale testimonianza:
"Un tempo era tappa dei litanéi, ora, a causa del fitto traffico che percorre la strada
adiacente, non è più possibile recitare nemmeno un rosario". Così mi racconta la signora
Letizia Brivio, una donna della corte al di là della strada, che sente "sua" questa Madonna. Da
cinque anni circa a questa parte la devozione è unicamente privata di chi coraggiosamente
percorre a piedi questa strada. "Da quando la Madonna è stata ridipinta" continua "si è
rianimata la devozione popolare nei suoi confronti: si è riusciti a dire Messa e a recitare
qualche rosario, ma poi, negli ultimi anni la strada è diventata sempre più trafficata e
pericolosa che è divenuta impossibile ogni forma di aggregazione".


QUADRETTO DELL'IMMACOLATA
DIFFUSO IN PAESE

IMMAGINETTA CON PREGHIERA


LA NUOVA CAPPELLETTA DI VERDERIO (CRONACA DOMESTICA): di Ercole Gnecchi Ruscone


Questo testo, scritto nel 1882 da Ercole Gnecchi Ruscone per il "Giornale di Famiglia"(1), è molto importante perché fornisce dati essenziali riguardanti la storia della cappella della Madonna di via per Cornate: i committenti, gli Gnecchi, la data di costruzione, 1881, il progettista, ingegner Cantù, il pittore che la dipinse, Luigi Sabatelli (2). Una minuta del testo è conservato presso l'Archivio Storico di Verderio.




Quasi ogni anno il nostro possesso di Verderio s'adorna di qualche nuova fabbrica, di qualche miglioria agli stabili, di abbellimenti di vario genere.
In pochi anni possiamo contare la nuova Cassina Isabella, molti primi restauri e abbellimenti all'Oratorio di S. Ambrogio, alla casa padronale e a varie case coloniche, il giardino all'inglese, un pozzo, la ghiacciaia, ecc.ecc.
Da vari anni v'era in progetto di ristaurare e abbellire la cappelletta che si trova in vicinanza della Cascina Isabella sulla strada che da Verderio Superiore mena a Cornate.

LE IMMAGINI SONO COMPRESE
NEL TESTO DE "IL GIORNALE DI FAMIGLIA"


Quella cappelletta ancora detta dei Morti, fu probabilmente costrutta nel seicento all'epoca della peste forse come indizio che colà ebbero sepoltura buon numero di infelici colpiti dal morbo. In quella località, infatti, scavando si trovarono molte ossa umane.
Quella cappella (come quella di Don Abbondio) era dedicata alle Anime Purganti e venticinque anni fa vi si scorgevano a stento, frammezzo a guasti del tempo, dipinte le Anime del Purgatorio in mezzo alle lingue di fuoco.


In quell'epoca la nostra famiglia ristaurò ed ampliò la cappelletta facendovi dipingere la Madonna in mezzo a S. Giuseppe e S. Carlo nomi del nostro papà e dello zio paterno.
Ora quella cappella (tutta costrutta in muro) era giunta a tale stato di deperimento che minacciava di cadere. Si venne dunque alla decisione di abbatterla completamente, ricostruendola in modo più bello, più grandioso, più duraturo. Ne fu data la commissione all'ingegner Cantù, il quale presento un disegno e fu quindi incaricato dei lavori. Questi cominciarono nel mese di maggio dello scorso anno e terminarono verso la fine di ottobre (3) ora vi presento un piccolo disegno, per conservarne la memoria nell'archivio di famiglia. È tutta in sasso di Brembate.


Intanto s'era aperta la discussione sul soggetto da dipingere e sul pittore da scegliere. In queste cose naturalmente ognuno ha le sue idee, le sue preferenze, le sue simpatie. La scelta del pittore però fu presto fatta e non incontrò difficoltà. Noi conoscevamo già da qualche anno il pittore Luigi Sabatelli, figlio del celebre Sabatelli. Questo, che era specialista (se si può usare la parola) in genere di affreschi sacri, è inoltre persona cara, simpatica e molto colta. La sua compagnia ci doveva dunque riuscire gradita durante il suo soggiorno a Verderio perciò non esitammo un momento a scegliere il Sabatelli. Restava il soggetto da trattare. Si pensò di rinnovare quello della Madonna in mezzo ai due Santi Carlo e Giuseppe. Lo spazio però da dipingere era piuttosto lungo e stretto, e non si prestava per tale soggetto. Si pensò ad una Assunta, ad una Deposizione o una Addolorata e già stavamo per dare al pittore la commissione di un bozzetto, quando venne in mente a non so chi, che senza fare tanti studi, tanti progetti, se ne potrebbe scegliere uno bell'e fatto, di quelli ormai diventati classici, per esempio, l'Immacolata del Murillo. Questa idea e questo soggetto incontrarono il favore generale e senz'altro si determinò di far copiare tale e quale lo stupendo capolavoro spagnolo.


Il pittore Sabatelli venne dunque a Verderio verso la metà del mese di settembre e ci si trattenne fino verso la metà di ottobre. Così potemmo godere abbastanza lungamente della sua compagnia e delle sue eccellenti prese di tabacco.
L'affresco riuscì a meraviglia piacque a tutti ed ora forma l'ammirazione di tutti gli abitanti di Verderio e Cornate che vi si fermano spesso davanti a contemplarlo.
Terminata la costruzione della cappelletta nacque un altro piccolo progetto, cioè quello di apporre non solo alla cappella , ma a tutti gli altri edifici di recente costruzione una piccola lapide, che ricordi la data dell'erezione, il nome del costruttore e le varie circostanze che accompagnarono il fatto.
Sono cose che al momento pare abbaino poca importanza, ma di mano in mano che passano gli anni, quelle memorie, quelle date diventano preziose e si trova che il lavoro fatto non è stato inutile.
Haec olim meminisse juvabit.

Ercole Gnecchi

(1) Sul "Giornale di Famiglia" degli Gnecchi potete trovare qualche notizia su questo blog in "Da Verderio a Cisano - Note di un antiquario", prima parte, introduzione (30 maggio 2009). Per ritrovarlo potete cliccare sull'etichetta Francesco Gnecchi Ruscone.

(2) Luigi Sabatelli (Milano 1818/1899), detto il Giovane, per distinguerlo dal più celebre padre, anch'egli Luigi (Firenze 1772 - Milano 1850), con il quale aveva collaborato insieme ai fratelli Francesco, Marina, Giuseppe e Gaetano. Alla morte del padre continuò l'attività della sua bottega in sieme al fratello Gaetano.

(3)
1881

DICEMBRE 1987:INTERVISTA A DELIA ZAMBELLI di Maurizio Oggioni e Marco Bartesaghi


FOTO 2005

Delia Zambelli dipinse la nuova immagine della Madonna per l'edicola sacra di via per Cornate tra il 1984 e il 1985. La cappella rinnovata fu benedetta dal Parroco, don Giuseppe Brivio, il 24 maggio 1987.
Io e Maurizio Oggioni raccogliemmo questa intervista per il numero di dicembre 1987 di "Verderio Oggi", giornalino, di cui Maurizio era l'anima e il motore, legato a "Sinistra per Verderio", gruppo politico di minoranza, in quegli anni, sia a Verderio Inferiore che a Verderio Superiore.


Non è molto a suo agio, confessa, la signorina Zambelli ricevendoci. Non lo siamo neppure noi, negli stretti abiti da "giornalisti" indossati per l'occasione.
L' "occasione" è l'intervista che le abbiamo chiesto di concederci e per la quale ci siamo portati tutto l'occorrente: biro e notes, registratore, foglietto con le domande.
Poi si comincia a chiacchierare; del foglietto e del registratore ci si dimentica volentieri e tutto diventa più facile.
Il tema della conversazione è il suo dipinto nella rinnovata "Cappella della Madonna degli Angeli".
"Non ho fatto un restauro - ci tiene a sottolineare - non sarei stata in grado e, se quella fosse stata l'esigenza, mi sarei tirata indietro"
"L'iniziativa - ci dice - è partita da un signore di Usmate che si riteneva beneficiato da quella Madonna: un suo figlio era uscito quasi indenne da un pauroso incidente capitatogli in quel luogo". Gli abitanti della "Casinéta", la vicina cascina, non aspettavano altro: "Rimetterla in ordine era un loro vecchio desiderio. Ad essa tengono molto, la ritengono una cosa "loro" "
"Loro" sono gli artefici del restauro della struttura architettonica, "loro" i maggiori contribuenti e ancora "loro" hanno pensato alla signorina Zambelli per il dipinto.

BOZZETTO

"Ho accettato con molto entusiasmo, ma anche con molta paura. Dipingo solitamente per me stessa o, al massimo, per qualche parente o qualche amico. Questa è stata la mia prima opera così grande e, oltretutto dipinta su muro. La prima ad avere un pubblico così vasto e pieno di aspettative". Ricorda con emozione l'affetto e l'incoraggiamento che l'hanno accompagnata per tutto il lavoro.
Ma da cosa è nata proprio quell'immagine? Ci mostra sul libro "Verderio" una vecchia foto: "Avrà almeno cinquant'anni, è del signor Gavazzi, un altro sostenitore dell'iniziativa. Si intravede ancora una Madonna con le mani incrociate sul petto e un nugolo di Angeli ai piedi. E' la tipica rappresentazione dell'Assunta ed è l'unico documento della cappelletta che abbiamo ritrovato. Mi sono riferita a questa foto e ad un'altra immagine fornitami dalla signora Angelina della "Casineta" "
DELIA ZAMBELLI AL LAVORO

Anche delle origini della cappella non si hanno tracce sicure: "E' forse stata - ci dice - di proprietà del signor Gianfranco Gnecchi ed era chiamata "Madona di bosch di mort" probabilmente per via del rinvenimento di alcuni resti di caduti nella Battaglia di Verderio del 1779".


PARTICOLARI


Qualche domanda ancora. Come si è svolto il lavoro e quanto tempo le ha occupato? "E' durato a lungo, qualche mese. La maggior parte si è svolto a casa. Per il disegno ho utilizzato l'antica tecnica dello spolvero. Consiste nel tracciare su un cartone la figura a grandezza reale. Successivamente si praticano lungo il contorno, con un punteruolo, dei piccoli fori che permettono, utilizzando un tampone e la polvere di carbone, di far rimanere una traccia sul muro. Sono stati poi necessari diversi bozzetti per mettere a punto i colori delle varie parti del dipinto e finalmente è arrivato il momento di dipingere tutto sul muro".
E' soddisfatta del risultato? Ci risponde con leggero imbarazzo: "Ho badato particolarmente all'armonia dei colori. Devo dire che riguardandola, anche a distanza di tempo, non vi trovo delle stonature; mi sembra che non ci sia nulla che disturbi, che infastidisca. Ho la sensazione inoltre, e questo è l'aspetto più importante, di aver contribuito a far qualcosa a cui la gente di Verderio teneva molto, soprattutto per il soggetto religioso dell'opera e per il personaggio di Maria per il quale c'è molta devozione e molto amore".

Maurizio Oggioni e Marco Bartesaghi


FOTO DI DANIELE GALIZIOLI,
anni novanta

Negli anni successivi il dipinto ha subito, per l' esposizione alle intemperie, gravi danni, rilevati da Marta Cattazzo nella sua tesi (2001). A porvi rimedio è intervenuta più volte la signorina Delia che ha ridipinto l'immagine tra il 2004 e il 2005 e successivamente l'ha ritoccata quando se ne è presentata la necessità. Il più recente intervento risale all'agosto di quest'anno (2009) e ha riguardato la parte bassa del dipinto, la più esposta alla pioggia, e quella vicina al tetto, dal quale era filtrata acqua. Marco Bartesaghi


domenica 8 novembre 2009

4 NOVEMBRE 1918, FINE DI UNA GUERRA: UNA POESIA E UNA FOTOGRAFIA



PRIMO COMANDAMENTO DI TUTTI GLI ESERCITI

Primo comandamento di tutti gli eserciti:

tu non avrai altra ragione
all'infuori della ragione (impazzita)
di colui che ti manda

I soldati devono solo uccidere
ed essere uccisi

David Maria Turoldo*







"SOLDATI CHE SALGONO E PRIGIONIERI CHE SCENDONO"**


*Testo tratto dalla rivista "POESIA", Anno V, Marzo 1992, N°49
** "La guerra - In alta montagna", vol.1

giovedì 5 novembre 2009

IL LAVATOIO PUBBLICO DI VERDERIO SUPERIORE di Giulio Oggioni




UN'IMMAGINE AUTUNNALE DEL LAVATOIO

La realizzazione del lavatoio pubblico è successiva, ma di poco tempo, forse pochi mesi, alla realizzazione della Fonte Regina. Quindi la storia presenta un giro molto largo.

Nel 1893/1894 era sindaco di Verderio Superiore, Francesco Gnecchi, grande e riconosciuto esperto numismatico, che voleva fare qualcosa di grande per il paese. Decise costruire un acquedotto e iniziò a cercare una sorgente da sfruttare. Con lui collaborarono i fratelli Ercole e Antonio e il padre Giuseppe.
In un primo tempo sembrava che la sorgente adatta fosse stata trovata a Baccanello, frazione di Calusco d'Adda, ma poi si dovette desistere perché la sorgente era stata utilizzata dai paesi bergamaschi della zona e quindi era impensabile che riuscisse a servire anche Verderio.
Allora Gnecchi si rivolse al capomastro che stava costruendo quell'acquedotto per avere consigli in proposito poiché dicevano che questo signore, un certo Pietro Scotti, abitante a Solza, fosse un esperto di sorgenti.
Lo Scotti disse a Gnecchi che una buona sorgente d'acqua si poteva trovare a Novate, un piccolo paese tra Merate e Robbiate. Secondo lui l'acqua proveniva dai ghiacciai alpini e magari portata da qualche falda del terreno o del fiume Adda.
La sorgente era di proprietà dell'ing. Giulio Albini di Novate che la cedette alla famiglia Gnecchi con grande entusiasmo.
La sorgente si trova in terreni appena dietro l'ospedale di Merate e furono subito iniziati i lavori, prima di raccolta in vasconi e poi di intubazione verso Novate, parte di Robbiate e Paderno, quindi verso Verderio. I lavori di scavo e intubazione iniziarono nell'estate del 1895.
Le tubazioni erano tutti di ghisa, un lusso per quei tempi perché garantivano una maggiore durata nel tempo e quindi un risparmio di manutenzione. Il primo punto di utilizzo pubblico fu il lavatoio di Novate e poi giù verso i nostri paesi.
Arrivate le tubazioni a Verderio, Francesco Gnecchi, eresse in centro paese una fonte che chiamò Regina. Perché Regina? Inizialmente sembrò che fu scelto questo nome per onorare la regina Margherita di Savoia allora regnate, ma poi qualcuno smentì e disse che fu scelto il nome Regina perché quell'infaticabile capomastro che si era occupato di cercare le vene d'acqua, si meravigliò di trovarne così tanta a Novate che esclamò: "Questa è veramente la regina delle sorgenti". E da quel giorno si chiamò Fonte Regina.


LA FONTANA NEI PRESSI DEL MUNICIPIO DI
VERDERIO SUPERIORE UN TEMPO ALIMENTATA
DALLA FONTE REGINA.

Leggendo la cronaca di alcuni giornali dell'epoca e altri documenti si può capire che il 4 settembre del 1898 a Verderio Superiore ci fu grande festa per l'inaugurazione della nuova fonte che portava acqua potabile nei nostri paesi. La festa si tenne in villa Gnecchi, con un grande banchetto al quale furono invitati tutti i 60 operai, le autorità della zona e la popolazione.
La benedizione della Fonte Regina fu fatta alle ore 19 da monsignor Bonomelli, vescovo di Cremona, mandato dal cardinale di Milano, Ferrari. Oltre 3000 persone, sparse nel prato, parteciparono alla festa.
Il percorso delle tubazioni è di 5.500 metri e la quantità d'acque di portata era di 16 litri al secondo. Veramente tanto per allora..
Il costo complessivo fu di 120.000 lire, una fortuna per quei tempi.
Inaugurata la Fonte, gli eredi Gnecchi, con ogni probabilità portarono l'acqua subito verso il lavatoio posto di fronte alla nuova chiesa, inaugurata il 26 settembre 1902.


Alcune testimonianze ancora oggi dicono che il lavatoio fu eseguito subito dopo la Fonte Regina e lo testimoniano anche alcune vecchie cartoline che si sono trovate dove si può vedere la nuova chiesa parrocchiale con, di fronte, il lavatoio.
Del lavatoio, si racconta che inizialmente era recintato con rete metallica e per l'approvvigionamento dell'acqua erano incaricati alcuni tutori, in dialetto chiamati "Campé" della famiglia Gnecchi (l'addetto era un certo Ambrogio Colnaghi) che avevano l'incarico di sorvegliare quotidianamente i loro beni.
Il lavatoio fu voluto perché le famiglie usavano lavare i panni nei mastelli di legno nei cortili, ma con fatica quando la biancheria era tanta e voluminosa. (vedi libro "Verderio" da pag. 194)
Fu necessario però governarne l'uso del lavatoio e quindi per poterlo utilizzare era necessario fare richiesta o attendere i giorni prestabiliti, perché nel lavatoio veniva fatta arrivare l'acqua solo quando necessitava. Accanto alla fontana del Nettuno, alla quale nessuno poteva entrare per i recinti, c'era una saracinesca che veniva aperta. L'acqua defluiva verso il lavatoio e le donne potevano lavare i loro panni.
Il lavatoio è composto di due vasche comunicanti. Nella prima veniva fatto il primo lavaggio e nella seconda, dove l'acqua era pulitissima si risciacquavano i panni.
Tutto questo regolato per anni, ma finita l'epoca Gnecchi, anche se i fattori erano presenti ancora, alcune persone, di mattino presto, al sorgere del sole, scavalcavano la recinzione e di loro iniziativa aprivano la saracinesca dell'acqua per il travaso dalla Fontana del Nettuno al lavatoio pubblico.
Di mattino presto quindi già si vedevano donne intenti al lavoro.
Nacquero naturalmente disguidi, ordini, contrordini e sorveglianze speciali per evitare l'anarchia dell'acqua, ma piano piano si arrivò ad avere sempre l'acqua nel lavatoio e a eliminare le recinzioni.
Diventò pubblica in tutti i sensi con l'aggravio che la manutenzione e la pulizia spesso lasciavano a desiderare, non essendoci più un controllo diretto. Il tutto poi fu lasciato all'iniziativa del comune e nel 1986 fu anche fatto un atto notarile di donazione sia della Fontana del Nettuno che del lavatoio pubblico.
Se prima c'erano proibizioni e severi controlli, con pene e multe salatissime, poi tutto venne a finire Contribuì anche l'arrivo della nuova rete pubblica dell'acqua potabile che negli anni 50 iniziò a portare l'acqua, dapprima nelle corti del centro, poi in tutte le case e, per ultimo, anche alle cascine, le quali si servivano prevalentemente dei pozzi che pescavano l'acqua a circa ottanta metri di profondità, sicuramente falde espansive del fiume Adda.

QUESTA FOTO E LA SUCCESSIVA RIPRENDONO
DUE IMMAGINI DELLA SAGRA DI VERDERIO SUPERIORE
DI QUALCHE ANNO FA, QUANDO, ECCEZIONALMENTE,
FU FATTO FUNZIONARE IL LAVATOIO


Oggi il lavatoio è abbandonato, fuori uso. Qualche anno fa, durante una Sagra paesana è stata ripristinata e fatta oggetto di una simulazione dei tempi addietro. Per l'occasione c'era molta gente e non è mancata la presenza di alcune donne anziane che, oltre mezzo secolo fa, hanno lavato i panni al lavatoio.



Giulio Oggioni



UNA POESIA "ELETTORALE" CONTRO LUIGI STUCCHI PRINETTI a cura di Maria Fresoli























BASLINI, STUCCHI E NOSEDA: SFIDE ELETTORALI DEI PRIMI VENT'ANNI DEL NOVECENTO di Marco Bartesaghi

La poesia satirica, a mio avviso non tanto bella, di Achille Prevosti (1), presentata nel precedente articolo da Maria Fresoli, dedicata a Luigì Stucchi Prinetti, candidato sconfitto nel duello elettorale che lo contrappose ad Antonio Baslini, nasce nel contesto delle elezioni politiche della XXIV legislatura, che si svolsero, il 26 ottobre 1913, secondola legge elettorale varata dal parlamento nel 1912. Questa legge concedeva il diritto di voto ai cittadini maschi che avessero compiuto 30 anni e a quelli che ne avessero compiuti 21 e avessero un reddito di almeno 19,20 lire, o la licenza elementare oppure avessero prestato servizio militare. In tal modo il corpo elettorale era passato dal 7% al 23,2% della popolazione. Si votava con il sistema maggioritario entrato in vigore dal 1891.

Nel collegio di Brivio, a cui appartenevano anche i due Verderio, Paderno d'Adda e Robbiate, il confronto si svolse fra l'avvocato Antonio Baslini, deputato uscente e l'ingegner Luigi Stucchi Prinetti.
Il primo era appoggiato dalle associazioni cattoliche del territorio ed anche, così almeno sembrerebbe dal numero di loro che parteciparono ad una cena elettorale promossa da Baslini, dalla gran parte dei sindaci.
Vinse Baslini con 11.052 voti contro i 3542 ottenuti da Stucchi.
Il vincitore si era potuto avvalere anche del sostegno del settimanale cattolico lecchese "Il Resegone" che non fu invece tenero nei giudizi sullo sfidante. Del discorso pronunciato da Stucchi in una manifestazione tenutasi a Oggiono il giornale disse, ad esempio: " discorso infarcito di belle frasi e di luoghi comuni, studiato nella forma ma vuoto e superficialissimo nella sostanza". In un'altra occasione scrisse che il modo di presentarsi del candidato era "curioso e tutt'altro che dignitoso".
Certamente curioso è però notare il cambiamento di giudizio che lo stesso giornale riserverà allo Stucchi nelle elezioni del 1919, quando questi si candiderà, e verrà eletto, nella lista del Partito Popolare, lista sostenuta da "Il Resegone":

"IL RESEGONE" 7 - 8 NOVEMBRE 1919

Antonio Baslini, che con questa vittoria fu confermato deputato per la terza volta, era stato per diversi anni sindaco di Merate e, dopo l'esperienza alla Camera, nel 1939, in pieno regime fascista, fu nominato Senatore.
Nato nel 1869 da Giuseppe e Grandi Marianna, nel 1895 sposò Elena Gnecchi Ruscone, figlia di Ercole. Nella loro casa di Merate, situata di fianco alla chiesa parrocchiale, nel 1896 la nonna di Elena, Giuseppina Turati, che a sue spese, si accingeva a far costruire la nuova chiesa di Verderio Superiore, convinse un sacerdote di Merate, don Luigi Galbiati a farsi nominare parroco di Verderio Superiore (2).
Dopo la morte di Elena, avvenuta nel 1901, Antonio Baslini sposò Antonietta Brini da cui ebbe due figli. Morì il 17 novembre 1943.

VILLA BASLINI A MERATE

Antonio Baslini era stato eletto alla Camera per la prima volta il 12 luglio 1908, quando gli elettori del collegio di Brivio erano stati chiamati a scegliere il sostituto dell'onorevole Giulio Prinetti, deceduto a legislatura in corso.
Anche quella fu una campagna elettorale accesa ed è interessante seguirla sulle colonne del settimanale filo socialista "La Spinta", "organo dei Lavoratori di Lecco e Circondario".



Il giornale sferrò un primo furioso attacco a Baslini il 24 giugno 1908, accusandolo di essersi precipitato a candidarsi senza nemmeno lasciar "raffreddare il cadavere del povero Prinetti".

"LA SPINTA" 24 GIUGNO 1908

Nello stesso articolo venneindicato come candidato alternativo l'operaio Pietro Bellotti.
La candidatura di Bellotti fu avanzata qualche giorno dopo, sul giornale, da un "gruppo di operai:


"LA SPINTA"

Nei pronostici "La Spinta" ondeggia fra una visione realistica della quasi sicura sconfitta e un ottimismo tanto baldanzoso quanto ingiustificato. Se in un'occasione, parlando del dovere degli operai di andare a votare per i "candidati propri", specifica che tale dovere "non cessa nemmeno quando anziché la vittoria si presenta probabile la sconfitta", qualche giorno più tardi scrive che "Il compagno Pietro Bellotti ci fa sperare di una larghissima affermazione, che con un crescendo abbastanza confortante incontra il favore della massa lavoratrice".
La scelta coraggiosa del Partito Socialista di candidare un operaio durò pochi giorni, poi il "compagno" Bellotti lasciò il posto all'avvocato Angelo Noseda.


"LA SPINTA"

In seguito la campagna elettorale si accese ancor di più e a una manifestazione di Baslini volarono pugni e "un compagno di Como", che aveva espresso alcune critiche, venne minacciato, secondo "La Spinta", di essere buttato dalla finestra.
Dopo gli ultimi appelli al voto, il 12 luglio si andò alle urne


"LA SPINTA"

La vittoria di Baslini fu schiacciante: 4468 voti contro i 311 raccolti da Noseda.
"La Spinta" prese atto della sconfitta cercando di trovare comunque qualche spunto di ottimismo per il futuro.


"LA SPINTA"

Trionfante invece "Il Resegone", che ancora una volta aveva appoggiato Baslini, che non ebbe riguardo ad affondare il coltello nella ferita socialista:


DUE ARTICOLI DE "IL RESEGONE"


La sfida fra Baslini e Noseda si ripeté l'anno successivo, alle elezioni nazionali per la XXIII legislatura e il risultato fu sostanzialmente uguale: Baslini 4801 voti, Noseda 229.


NOTE
(1) Non sono riuscito a trovare notizie su di lui. Invito chiunque ne sappia qualcosa a scrivere un "commento" in fondo a questo articolo.
(2) Liber Chronicus, cronaca di Verderio Superiore dal 1897 al 1913, Don Luigi Galbiati, Archivio Parrocchiale Verderio Superiore

Cliccare sulle immagini per ingrandirle.